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Ricordai e compresi; una piccola parte di me fu sollevata dalla spiegazione di quella follia. Però il sollievo, chissà perché, non fece che aumentare la rabbia. Pensava di cavarsela così? Che quell’unico breve chiarimento mi avrebbe tranquillizzata?

«Scappa finché puoi», lo minacciai.

«Dai, Bells! Anch’io piaccio a Nessie!», insistette.

Mi raggelai. Smisi di respirare. Alle mie spalle, avvertii il silenzio innaturale della reazione ansiosa degli altri.

«Come l’hai... chiamata.

Jacob fece un passo indietro e riuscì a sembrare impacciato. «Be’», mugugnò, «il nome che le hai dato è un po’ difficile da pronunciare e...».

«Hai dato a mia figlia il soprannome del Mostro di Loch Ness?», strillai.

E mi avventai sulla sua gola.

23

Ricordi

«Mi dispiace, Seth. Sarei dovuto intervenire prima».

Edward si stava di nuovo scusando e non pensavo che fosse né giusto né opportuno. Dopo tutto, non era stato Edward ad aver perso le staffe, senza alcun motivo. Non era stato Edward ad aver provato a staccare la testa a Jacob — il quale non si era neanche trasformato per proteggersi — e accidentalmente ad aver rotto spalla e clavicola a Seth, corso a dividerci. Non era stato Edward ad aver quasi ucciso il suo migliore amico.

Non che il migliore amico non avesse un paio di cose di cui giustificarsi, ma, ovviamente, in nessun modo Jacob avrebbe potuto mitigare la mia reazione.

Forse ero io quella che doveva chiedere scusa, no? Ci riprovai.

«Seth, io...».

«Non ti preoccupare, Bella. Sto benissimo», rispose Seth nello stesso momento in cui Edward diceva: «Bella, amore, nessuno ti sta giudicando. Ti stai comportando tanto bene».

Non mi avevano ancora lasciato finire una frase.

A peggiorare ulteriormente le cose, Edward non riusciva a smettere di sorridere. Sapevo che Jacob non meritava la mia reazione esagerata, ma era chiaro che Edward ci trovava una qualche soddisfazione. Forse anche lui avrebbe voluto essere un neonato, per poter dare sfogo fisico alla sua irritazione verso Jacob.

Provai a cancellare del tutto la rabbia dal mio organismo, ma fu difficile, sapendo che Jacob era fuori con Renesmee proprio in quel momento. Per proteggerla da me, la neonata pazza.

Carlisle assicurò la steccatura al braccio di Seth, che fece una smorfia.

«Scusa, scusa», farfugliai, certa che non sarei mai riuscita a chiedere perdono come avrei dovuto.

«Niente paranoie, Bella», disse Seth e mi diede un buffetto sul ginocchio con la mano buona, mentre Edward dall’altra parte mi accarezzava il braccio.

Seth non sembrava infastidito dalla mia presenza accanto a lui, sul divano, mentre Carlisle lo curava. «Tornerò normale in mezz’ora», continuò, dandomi altri colpetti sul ginocchio, ignorandone la consistenza dura e fredda. «Chiunque avrebbe fatto la stessa cosa, con Jake e Ness...». S’interruppe a metà parola e cambiò subito argomento. «Voglio dire, almeno non mi hai morso o niente del genere. Quella sì che sarebbe stata una schifezza».

Sprofondai il viso fra le mani e tremai all’idea della possibilità concreta che ciò fosse successo. Sarebbe potuto accadere molto facilmente. I licantropi non reagivano al veleno dei vampiri nello stesso modo degli umani, l’avevo appena scoperto. Per loro era veleno vero e proprio.

«Sono crudele».

«E invece no. Io avrei...», cominciò Edward.

«Smettila», sospirai. Non volevo che si assumesse la colpa anche di questo, come aveva sempre fatto.

«Per fortuna Ness... Renesmee non è velenosa», disse Seth dopo un attimo di silenzio imbarazzato. «Perché mordicchia Jake in continuazione».

Lasciai andare le mani. «Davvero?».

«Sì. Ogni volta che lui e Rosalie sono un po’ lenti a darle da mangiare. Rose lo trova molto divertente».

Lo guardai, scioccata e con un certo senso di colpa, perché dovevo ammettere che questo mi faceva piacere in un modo leggermente capriccioso.

Ovviamente, sapevo già che Renesmee non era velenosa. Ero stata la prima a essere morsa. Non feci però questa osservazione ad alta voce, visto che fingevo di non ricordare gli eventi più recenti.

«Bene, Seth», disse Carlisle, alzandosi e indietreggiando. «Penso sia tutto ciò che posso fare. Prova a non muoverti per... be’, qualche ora, credo». Ridacchiò. «Mi piacerebbe che curare gli umani desse gratificazioni altrettanto istantanee». Passò la mano sui capelli neri di Seth. «Non ti muovere», gli ordinò, poi scomparve al piano di sopra. Sentii chiudersi la porta del suo studio e mi chiesi se avessero già rimosso le tracce del mio passaggio là dentro.

«Magari ce la faccio a rimanere fermo per un po’», acconsentì Seth dopo che Carlisle se n’era già andato, poi sbadigliò. Con cautela, attento a non torcere la spalla, poggiò la testa sul divano e chiuse gli occhi; un secondo dopo, la sua bocca si rilassò completamente.

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