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«Che problema c’è, Jacob?», gli chiesi. Mi tirai leggermente indietro per non rimettergli Renesmee fra le braccia e lui mi si avvicinò quasi a toccarmi. Solo Renesmee ci divideva.

Edward gli sibilò contro. «Solo perché capisco la situazione, non significa che non possa cacciarti, Jacob. Bella si sta comportando in modo straordinario. Non rovinarle questo momento».

«E io lo aiuterò a sbatterti fuori, cane», promise Rosalie, con la voce che ribolliva d’ira. «Ti devo un bel calcio nella pancia». Ovviamente la relazione fra loro non era affatto cambiata, a meno che non fosse peggiorata.

Rivolsi a Jacob un’espressione ansiosa e un po’ adirata. I suoi occhi erano fissi sul viso di Renesmee. Eravamo tutti talmente pressati che stava toccando almeno sei vampiri diversi contemporaneamente, ma ciò non sembrava neanche infastidirlo.

Lo stava davvero facendo solo per proteggermi da me stessa? Durante la mia trasformazione, l’alterazione che lui odiava, cosa poteva essere successo per costringerlo ad ammorbidirsi così tanto?

Perplessa, osservavo il suo sguardo su mia figlia. La fissava come... come un cieco che vede il sole per la prima volta.

«No!», rantolai.

I denti di Jasper si strinsero e le braccia di Edward si avvolsero attorno al mio petto come un boa. Nello stesso istante Jacob mi sfilò Renesmee dalle braccia e non provai neanche a tenerla. Perché la sentivo arrivare: l’esplosione che tutti stavano aspettando.

«Rose», dissi fra i denti, con lentezza e precisione. «Prendi Renesmee».

Rosalie tese le mani e Jacob le diede subito mia figlia. Entrambi indietreggiarono.

«Edward, non voglio farti male, quindi, per favore, lasciami andare».

Esitò.

«Mettiti davanti a Renesmee», gli suggerii.

Ci pensò un attimo, poi mi liberò.

Mi chinai in posizione di caccia e feci due passi lenti verso Jacob. «Dimmi che non è vero», gli ringhiai contro.

Lui indietreggiò a mani alzate, cercando di farmi ragionare. «Sai che è una cosa che non si può controllare».

«Stupido imbecille! Come hai potuto? La mia bambina.

Mentre lo prendevo di mira, si rifugiò fuori dalla porta d’ingresso, indietreggiando di corsa sui gradini. «Mica l’ho deciso io, Bella!».

«L’ho tenuta in braccio una sola volta, e già pensi di avere qualche pretesa idiota da lupo su di lei? Lei è mia».

«Me ne basta un po’», disse implorante mentre si ritirava attraverso il prato.

«Pagare prego», disse Emmett dietro di me. Una piccola parte della mia mente si chiese chi avesse scommesso contro questo risultato. Ma non ci prestai molta attenzione. Ero troppo furiosa.

«Come hai osato avere l’imprinting con mia figlia? Sei fuori di testa?!».

«Non è una cosa volontaria!», insistette lui, arretrando fra gli alberi.

Non era più solo. I due enormi lupi riapparvero ad affiancarlo. Leah mi abbaiò contro.

In risposta, fra i miei denti vibrò un ringhio terrificante. Il suono mi disturbò, ma non abbastanza da fermarmi.

«Bella, puoi provare ad ascoltarmi solo per un secondo? Per favore?», mi pregò Jacob. «Leah, torna indietro!», aggiunse.

Leah scoprì i denti, senza muoversi.

«Perché dovrei ascoltarti?», sibilai. La furia si era impadronita di me. Cancellava ogni altra cosa.

«Perché eri stata tu a dirmelo. Ti ricordi? Tu mi hai detto che le nostre vite si appartenevano, giusto? Che eravamo una famiglia. Hai detto che era così che doveva andare, fra noi. E ora... eccoci. È ciò che volevi».

Lo guardai con ferocia. Ricordavo a malapena quelle parole. Ma il mio nuovo e velocissimo cervello era due passi avanti rispetto a una simile assurdità.

«Pensi di poter fare parte della mia famiglia come genero!», strillai. La mia voce fuoriuscì due ottave più alta, eppure continuava a sembrare musica.

Emmett rise.

«Fermala, Edward», mormorò Esme. «Non penso che sarà felice di fargli del male».

Ma nessuno mi si avvicinò.

Contemporaneamente, Jacob insistette: «No! Come puoi vederla così? È poco più che una neonata, maledizione!».

«È questo il punto!», urlai.

«Ma lo sai anche tu come funziona! Pensi che Edward mi avrebbe lasciato vivo, se fosse stato così? Desidero soltanto che lei sia al sicuro e felice. È sbagliato? È così diverso da ciò che vuoi tu?», mi gridò.

Senza parole, gli risposi con un ringhio acuto.

«Fantastica, non è vero?», sentii mormorare Edward.

«Non l’ha puntato alla gola neanche una minima volta», annuì Carlisle, meravigliato.

«Bene, questa l’avete vinta voi», disse Emmett riluttante.

«Le starai lontano», sibilai a Jacob.

«Non posso!».

Fra i denti: «Provaci. A partire da ora».

«Non è possibile. Ricordi quanto desideravi che ti fossi vicino, tre giorni fa? E quant’era difficile separarci? È tutto finito per te, vero?».

Lo fissai, senza afferrare cosa intendesse.

«Era lei», mi disse. «Sin dall’inizio. Dovevamo stare insieme, persino allora».

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