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Sospirai non appena la realtà filtrò dalla speranza. In quel momento non potevo vederlo. Gli occhi, la voce, il viso perfetto: che cosa gli avrei raccontato, da che cosa mai avrei potuto cominciare? In cuor mio ero lieta di avere delle scuse per allontanare quel momento perché, se era vero che desideravo trovare il modo per tenere Charlie nella mia vita, ero altrettanto terrorizzata all’idea del primo incontro con lui. Sapevo che si sarebbe spaventato. Mi chiedevo quale oscura spiegazione si sarebbe dato.

Ero abbastanza codarda da poter aspettare un anno, finché i miei occhi non si fossero raffreddati. Una volta diventata indistruttibile, pensavo, non avrei avuto più paura.

«Hai mai visto un talento simile nell’autocontrollo?», domandò Edward a Carlisle. «Pensi davvero che sia un dono, o magari è solo il frutto di tutta la sua preparazione?».

Carlisle scrollò le spalle. «Somiglia un po’ a ciò che è sempre stata capace di fare Siobhan, anche se lei non lo giudica un talento».

«Siobhan, la tua amica di quel clan irlandese?», chiese Rosalie. «Non sapevo che avesse una capacità speciale. Pensavo fosse Maggie la più talentuosa della congrega».

«Sì, anche Siobhan ne è convinta. Ma lei ha il dono di realizzare come un semplice atto di volontà gli obiettivi che si pone. A detta sua, è soltanto buona capacità organizzativa, ma mi sono sempre chiesto se non fosse qualcosa di più. Quando ha incluso Maggie, ad esempio. Liam non era contento del nuovo arrivo, ma Siobhan voleva in tutti i modi che funzionasse, e ha funzionato».

Edward, Carlisle e Rosalie si sedettero e continuarono la discussione. Jacob si sistemò vicino a Seth con aria protettiva e un po’ annoiata. Da come gli pesavano le palpebre, capii che si sarebbe addormentato in un attimo.

Ascoltai, ma la mia attenzione si divise. Renesmee continuava a raccontarmi la sua giornata. La tenevo in braccio vicino alla finestra e la cullavo con gesti automatici mentre ci fissavamo negli occhi.

Mi resi conto che gli altri non avevano alcuna ragione per sedersi. Io ero perfettamente a mio agio in piedi. Era riposante proprio come lo sarebbe stato stiracchiarsi su un letto. Avrei potuto restare in quella posizione per sette giorni senza muovermi, costantemente rilassata.

Di sicuro si sedevano per abitudine. Gli umani avrebbero notato qualcuno che rimane in piedi per ore senza neanche spostare il peso da un piede all’altro. Proprio in quel momento vidi Rosalie passarsi le dita fra i capelli e Carlisle incrociare le gambe. Movimenti minimi per evitare di rimanere troppo fermi, troppo vampiri.

Dovevo prestare attenzione ai loro piccoli gesti e iniziare ad allenarmi. Spostai il mio peso sulla gamba sinistra. Mi sentii un po’ sciocca.

Forse volevano soltanto concedermi un po’ di tempo sola con la mia bambina, purché non la mettessi in pericolo.

Renesmee mi raccontò ogni minuto della giornata e dal tenore delle sue piccole storie sembrava che il suo desiderio di farsi conoscere fosse forte quanto il mio. Era preoccupata che mi fossi persa certe cose: i passeri che avevano zampettato sempre più vicini quando Jacob l’aveva tenuta in braccio, immobile, accanto a uno dei grandi abeti; gli uccelli non si sarebbero mai avvicinati così tanto a Rosalie. O quella roba bianca disgustosa e insopportabile — pappa per bambini — che Carlisle le aveva messo nella tazza; odorava di fango acido. O la canzone che Edward le aveva canticchiato per cullarla, così incantevole che Renesmee me la ripeté due volte; fui sorpresa di ritrovarmi sempre sullo sfondo dei suoi ricordi, perfettamente immobile e piuttosto malconcia. Rabbrividii, ricordando quei giorni dal mio punto di vista. Quel fuoco spaventoso...

Dopo quasi un’ora, mentre gli altri erano ancora assorti nella loro discussione e Seth e Jacob ronfavano in armonia sul divano, il racconto dei ricordi di Renesmee iniziò a farsi più lento. I loro contorni si facevano sempre più confusi, le immagini sfocate prima ancora di giungere alla fine. Ero sul punto di chiamare Edward, nel panico — aveva forse qualche problema? — quando le sue palpebre tremolarono e si chiusero. Sbadigliò, le labbra rosa e paffute disegnarono una O e i suoi occhi non si riaprirono.

La sua mano cadde dal mio viso non appena scivolò nel sonno. Le palpebre erano di color lavanda pallido come le nuvole sottili prima dell’alba. Attenta a non disturbarla, riportai la manina sulla mia pelle e la tenni così, per curiosità. All’inizio non c’era niente ma, dopo qualche minuto, un guizzo di colori simile a uno sciame di farfalle si sparpagliò dai suoi pensieri.

Ipnotizzata, osservai i suoi sogni. Non seguivano un senso. Erano soltanto colori, forme e visi. Fui lieta di scoprire quante volte il mio volto — entrambi i miei volti, l’umana spaventosa e la magnifica immortale — affiorasse nei suoi pensieri inconsci. Più di Edward e Rosalie. Era un testa a testa con Jacob; cercai di non prendermela.

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