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Ah! Jake... non farlo un’altra volta!

Zitto, Seth, pensarono all’unisono diverse voci.

Non vogliamo che te ne vada, mi disse Sam, ammorbidendo il tono del pensiero.

Be’... obbligami a rimanere, Sam. Privami della volontà. Fai di me uno schiavo.

Sai che non arriverò a tanto.

Allora non abbiamo altro da dirci.

Mi allontanai di corsa, cercando con tutto me stesso di non pensare a cosa stava per succedere. Mi concentrai invece sui ricordi dei lunghi mesi vissuti da lupo. In quel periodo il mio lato umano si era andato via via affievolendo, finché non mi ero ritrovato a sentirmi più una bestia che un uomo. Vivevo il presente, momento per momento: mangiavo quando avevo fame, dormivo quando ero stanco, bevevo quando avevo sete, e correvo... correvo per il puro gusto di correre. Desideri semplici appagati da risposte altrettanto semplici. Qualsiasi dolore era facile da gestire, da placare, fosse quello della fame, del ghiaccio sotto le zampe, delle unghie che si spezzavano quando la cena bisognava guadagnarsela. Ogni dolore scatenava una risposta semplice, un’azione inequivocabile che vi poneva fine.

Per gli uomini era del tutto diverso.

Giunto a un tiro di schioppo da casa, ripresi le sembianze umane.

Avevo bisogno di pensare da solo.

Slegai i pantaloncini e li indossai senza interrompere la mia corsa.

Ce l’avevo fatta. Ero riuscito a tenere per me i miei pensieri ed era troppo tardi perché Sam mi fermasse. Ormai non poteva più ascoltarmi.

Sam aveva emesso una sentenza molto chiara. Il branco non avrebbe attaccato i Cullen. Bene.

Non aveva fatto cenno all’iniziativa dei singoli.

No, il branco non avrebbe attaccato nessuno.

Io sì.

9

Questo non me lo sarei aspettato mai e poi mai

In realtà, non avevo in programma di dire addio a mio padre.

Dopotutto, gli sarebbe bastato chiamare Sam per smascherarmi. Mi avrebbero intercettato e costretto a tornare. Probabilmente avrebbero cercato di farmi arrabbiare o di ferirmi, qualsiasi cosa che mi portasse a trasformarmi, in modo che Sam potesse imporre una nuova legge.

Tuttavia Billy mi aspettava, consapevole che dovevo essere piuttosto agitato. Era in cortile sulla sedia a rotelle, gli occhi fissi proprio sul punto in mezzo agli alberi dal quale sbucai. Mi seguì con lo sguardo mentre passavo alla svelta davanti a casa, diretto verso il mio garage improvvisato.

«Hai un minuto, Jake?».

Mi fermai di botto. Osservai prima lui, poi la rimessa.

«Forza, figliolo. Aiutami a entrare almeno».

Strinsi i denti, ma sapevo che se non gli avessi mentito per qualche minuto avrebbe potuto crearmi noie con Sam.

«Da quand’è che hai bisogno di aiuto, vecchio?».

Esplose nella sua risata fragorosa. «Ho le braccia stanche. Non ho fatto altro che spingere per tornare qui da casa di Sue».

«Ma se è tutta in discesa».

Spinsi la sedia a rotelle sulla rampa che gli avevo costruito e lo portai in soggiorno.

«Beccato! Credo di aver sfiorato i cinquanta all’ora. È stato grandioso».

«Finirai per distruggerla, questa carrozzella. E poi te ne andrai in giro strisciando sui gomiti».

«Non se ne parla. Toccherà a te portarmi in giro».

«Allora non andrai lontano».

Billy assunse il comando del mezzo e fece rotta verso il frigo. «È rimasto qualcosa da mangiare?».

«Bella domanda. Paul è stato qui tutto il giorno, perciò immagino di no».

Billy sospirò. «Dovremo cominciare a nascondere le provviste se non vogliamo morire di fame».

«Di’ a Rachel di trasferirsi da lui».

Billy abbandonò il tono scherzoso e gli si addolcirono gli occhi. «Sta a casa con noi solo per qualche settimana. Da tanto non si tratteneva così a lungo. È dura: le ragazze erano più grandi di te quando la mamma ci ha lasciati. Per loro è più difficile stare qui».

«Lo so».

Rebecca non era tornata nemmeno una volta da quando si era sposata. Almeno lei aveva un buon alibi: il viaggio in aereo dalle Hawaii era un salasso. L’università di Washington State invece non era altrettanto lontana, perciò Rachel non poteva accampare la stessa scusa. Non perdeva mai una lezione, nemmeno nei semestri estivi, e durante le vacanze faceva i doppi turni in un bar del campus. Non fosse stato per Paul, se ne sarebbe andata via presto anche stavolta. Forse per questo Billy non lo buttava fuori a calci nel sedere.

«Bene, ho del lavoro da sbrigare...». Mi avviai verso la porta sul retro.

«Aspetta, Jake. Non mi dici cos’è successo? Devo chiamare Sam per avere notizie?».

Gli voltavo le spalle, per nascondere il viso.

«Niente. Sam gliel’ha data vinta a tavolino. Fra un po’ finiremo a fare il tifo per le sanguisughe».

«Jake...».

«Non ne voglio parlare».

«Vai via, figliolo?».

La stanza sprofondò nel silenzio mentre studiavo il modo migliore per dirglielo.

«Rachel può riprendersi la sua stanza. So che odia quel materasso gonfiabile».

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