Ero deluso di trovarmi di fronte Carlisle. Avrei preferito che ad accogliermi ci fosse Edward, con le zanne in bella mostra. Carlisle era così...
«Ho sentito che Bella è sana e salva», dissi.
«Ehm, Jacob, non è il momento». Il dottore sembrava a disagio, ma non nel modo che mi aspettavo. «Possiamo occuparcene dopo?».
Lo fissai. Ero stupefatto. Mi stava chiedendo di posticipare il duello mortale a un momento più consono?
Fu allora che sentii la voce di Bella, rotta e rauca, e non riuscii a pensare ad altro.
«Perché no?», chiese. «Abbiamo dei segreti anche per Jacob? Che motivo c’è?».
La sua voce era diversa da come me l’aspettavo. Tentai di ricordare le voci dei vampiri contro cui avevamo combattuto in primavera, ma non avevo registrato altro che ringhi. Forse i neonati non avevano sviluppato le voci acute e squillanti degli anziani. Forse i vampiri giovani erano tutti rauchi.
«Jacob, entra pure», gracchiò Bella, un po’ più forte.
Gli occhi di Carlisle diventarono una fessura.
Chissà se Bella aveva sete. Anche i miei occhi s’affilarono.
«Mi scusi», dissi al dottore aggirandolo. Era dura: dare le spalle a uno di loro andava contro il mio istinto. Ma non era impossibile. Se esisteva un vampiro innocuo, era proprio lui: quel loro capo così stranamente gentile.
Mi sarei tenuto alla larga da Carlisle durante lo scontro. Anche lasciando fuori lui, ne avrei avuti in abbondanza da uccidere.
Entrai in casa strisciando lungo le pareti. Scrutai la stanza: era strana. L’ultima volta l’avevo vista addobbata a festa. Ora tutto era svuotato e sbiadito, compresi i sei vampiri che facevano capannello vicino al divano bianco.
Erano tutti li, insieme, ma non fu quello che mi paralizzò e mi lasciò a bocca aperta.
Fu Edward, l’espressione del suo volto.
L’avevo visto infuriato, l’avevo visto arrogante, una volta l’avevo anche visto soffrire. Ma quello... quello superava di gran lunga anche i più atroci tormenti. Sembrava spiritato. Non mi guardò nemmeno. Teneva gli occhi bassi, fissi sul divano, con l’espressione di un uomo divorato dalle fiamme. Le mani gli pendevano lungo i fianchi come artigli rigidi.
Non riuscii neppure a rallegrarmi per la sua profonda angoscia. Pensai all’unica cosa che poteva averlo ridotto così e il mio sguardo seguì il suo.
La vidi nell’attimo esatto in cui percepii il suo odore.
Il suo odore caldo, pulito, umano.
Bella era quasi del tutto nascosta dal bracciolo del divano. Rannicchiata in posizione fetale, si stringeva le ginocchia fra le braccia. Per un istante interminabile non vidi niente, se non che era rimasta la Bella che amavo: la sua pelle era ancora morbida, vellutata come una pesca, e i suoi occhi color cioccolato. Il cuore mi prese a battere a un ritmo strano, come se fosse andato in tilt. Magari era solo un sogno ingannatore dal quale mi sarei risvegliato presto.
Poi la realtà si aprì ai miei occhi.
Aveva occhiaie profonde, cerchi scuri che risaltavano sul volto scheletrico. Era dimagrita? La pelle era tiratissima, sembrava che da un momento all’altro gli zigomi potessero squarciarla e le ossa sbucare fuori. I capelli scuri erano tirati indietro, acconciati in una crocchia arruffata, ma alcune ciocche le ricadevano inerti sulla fronte e sul collo, appiccicate al velo di sudore sulla pelle. Le dita e i polsi sembravano fragilissimi. Era uno spettacolo inquietante.
Era
Non era una bugia. La storia che Charlie aveva raccontato a Billy non era una fandonia qualsiasi. Mentre la fissavo, con gli occhi fuori dalle orbite, vidi la sua pelle diventare verdastra.
Rosalie, la vampira bionda e appariscente, m’ostacolava la visuale: era china su di lei e le ronzava intorno in modo strano e protettivo.
C’era qualcosa che non andava. Conoscevo Bella troppo bene, sapevo cosa provava, i suoi pensieri erano fin troppo ovvi per me; a volte sembrava che li avesse stampati in fronte. Perciò poteva anche risparmiarmi i dettagli senza che ciò mi impedisse di capire la situazione. Mi ricordavo che Rosalie non piaceva a Bella. L’avevo intuito dalla maniera in cui contraeva le labbra quando ne parlava. Anzi, non è che non le piacesse e basta. Bella aveva, o perlomeno aveva avuto,
Ma nel modo in cui la guardava adesso non c’era ombra di timore. Aveva un’espressione quasi contrita. Rosalie prese una bacinella da terra e la mise sotto il mento di Bella appena in tempo perché potesse vomitarci dentro.
Edward s’inginocchiò di fianco a Bella, con quel suo sguardo tormentato, e Rosalie sollevò la mano come ad ammonirlo, quasi intimandogli di tenersi a distanza.
Non aveva senso.
Quando riuscì a sollevare la testa, Bella mi sorrise debolmente, come imbarazzata. «Scusami tanto», mi sussurrò.