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«Jake», disse arruffandomi i capelli prima di accarezzarmi una guancia. «Andrà tutto bene. Sssh. Andrà tutto bene».

Non alzai lo sguardo. «No. Invece no».

Asciugò qualcosa di umido dalla mia guancia. «Sssh».

«Cosa c’è sotto, Bella?». Contemplai il tappeto immacolato: lo avevo riempito di macchie con i miei piedi nudi e sporchi. Molto bene. «Ero convinto che non desiderassi altro che il tuo vampiro. E ora che fai? Ci rinunci? Non ha senso. Da quand’è che sei così smaniosa di diventare mamma? Se ci tenevi tanto, perché mai hai sposato un vampiro?».

Mi ero avvicinato pericolosamente al punto di non ritorno. Ci mancò poco che le facessi la proposta che lui mi aveva chiesto di farle. Le parole mi avevano guidato fin lì, contro la mia volontà, e ormai era troppo tardi per cambiare rotta.

«Non è così. Non m’importava di avere un figlio. Non ci pensavo neanche. Non si tratta di avere un bambino. Si tratta di, be’, di questo bambino».

«È un assassino, Bella. Guarda come ti ha ridotta».

«No, non è un assassino. Dipende da me. Sono debole e umana. Ma tengo duro, Jake, posso...».

«Oh, avanti! Sta’ zitta, Bella. Puoi incantare il tuo succhiasangue, ma non puoi infinocchiare me. Sai benissimo che non ce la farai».

Mi fissò. «No che non lo so. Ovviamente sono preoccupata».

«Preoccupata», ripetei fra i denti.

Emise un rantolo e si afferrò il ventre. La mia ira svanì di colpo, come una luce che viene spenta all’improvviso.

«Sto bene», ansimò. «Non è niente».

Ma non l’ascoltai: si era tirata su la felpa e guardai inorridito la sua pelle nuda. Aveva la pancia coperta di chiazze simili a macchie d’inchiostro violaceo.

Si accorse che la fissavo e si ricoprì subito.

«È forte, tutto qui», aggiunse, sulla difensiva.

Le macchie d’inchiostro erano lividi.

Fui sul punto di vomitare. Ecco cosa intendeva Edward quando aveva detto che non poteva far altro che guardarla soffrire impotente. D’un tratto, anche a me parve di impazzire.

«Bella», balbettai.

Notò il cambiamento nella mia voce. Alzò lo sguardo, il respiro era ancora affannoso, gli occhi in preda alla confusione.

«Bella, non farlo».

«Jake...».

«Ascoltami. Non ti arrabbiare, okay? Sta’ solo a sentirmi. E se...?».

«E se cosa?».

«E se ci fosse una possibilità? Se ci fosse un’alternativa? Se dessi retta a Carlisle, da brava, e sopravvivessi?».

«Io non...».

«Non ho ancora finito. Intanto sopravvivi e poi si vedrà. Pensa che per questa volta non è andata. E magari, più in là, ci riproverai».

Corrugò la fronte. Sollevò una mano e mi sfiorò nel punto in cui le sopracciglia si univano. Con le dita, mi accarezzò per un attimo la fronte mentre cercava di cogliere il senso nascosto nelle mie parole.

«Non capisco... Cosa vuol dire ci riproverai? Non penserai che Edward mi permetterà...? E che differenza farebbe? Sono sicura che qualsiasi bambino...».

«Sì», tagliai corto. «Sarebbe lo stesso con qualsiasi suo bambino».

Sul suo volto stanco aumentò la confusione. «Cosa?».

Non riuscii ad aggiungere altro. Era fuori discussione. Non sarei mai stato in grado di salvarla da se stessa. Non c’ero mai riuscito.

Poi batté le palpebre e mi resi conto che aveva capito.

«Oh. Bleah! Ti prego, Jacob. Pensi che dovrei uccidere il mio bambino e sostituirlo con un surrogato? Magari ricorrendo all’inseminazione artificiale?». Si era proprio arrabbiata. «Perché dovrei volere il figlio di uno sconosciuto, come fosse la stessa cosa? Pensi che un bambino valga l’altro?».

«Non intendevo questo», farfugliai. «Non il figlio di uno sconosciuto».

Si sporse verso di me. «Allora cos’è che stai dicendo?».

«Niente. Non sto dicendo niente. Tanto per cambiare».

«Come ti è venuto in mente?».

«Lascia perdere, Bella».

Aggrottò le sopracciglia, sospettosa. «È stato lui a mettertelo in testa?».

Esitavo, stupito che ci fosse arrivata così in fretta. «No».

«È stato lui, vero?».

«No, fidati. Non ha parlato di qualcosa di artificiale».

Il suo volto si ammorbidì e sprofondò di nuovo fra i cuscini; sembrava sfinita. Ricominciò a parlare, guardando di lato. Le sue parole non erano rivolte a me. «Farebbe qualsiasi cosa per me. E io lo sto facendo soffrire così... Ma cosa crede? Che scambierei questo», con la mano s’indicò il ventre, «con quello di uno sconosciuto...». Biascicò l’ultima parte, e poi le venne meno la voce. Aveva gli occhi umidi.

«Non devi farlo soffrire», mormorai. Implorarla a nome di Edward era come succhiare veleno urticante, ma se volevo convincerla a vivere non potevo puntare su nient’altro. La solita scommessa mille a uno. «Puoi tornare a farlo felice, Bella. Penso che stia veramente perdendo la testa. Sul serio».

Pareva non mi ascoltasse; con la mano disegnava piccoli cerchi sulla pancia massacrata mentre si mordicchiava le labbra. Per qualche istante calò il silenzio. Chissà se i Cullen erano lontani o se invece stavano ascoltando i miei patetici tentativi di farla ragionare.

«Non con uno sconosciuto?», mormorò fra sé. Rabbrividii. «Cosa ti ha detto Edward esattamente?», mi chiese sottovoce.

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