«Niente. Pensava solo che magari mi avresti dato retta».
«Sbagliato. Riprovaci».
Puntò gli occhi nei miei e mi resi conto di aver già rivelato fin troppo.
«Niente».
Schiuse un po’ la bocca. «Wow».
Tacqui e mi osservai di nuovo i piedi; non ero in grado di sostenere il suo sguardo.
«È veramente disposto a tutto, eh?», mormorò.
«Te l’ho detto che sta letteralmente impazzendo, Bells».
«Mi stupisce che tu ti sia lasciato sfuggire l’occasione di fare subito la spia, per metterlo nei guai».
Quando sollevai lo sguardo, sul suo volto c’era un ghigno.
«Ci avevo pensato». Tentai di imitarla, ma sentii che il mio sorriso forzato era uno scempio.
Aveva capito cosa le stavo proponendo e non intendeva affatto prendere in considerazione l’idea. Dal canto mio, sapevo fin dall’inizio che non avrebbe accettato. Eppure soffrivo.
«Anche tu saresti disposto a tutto per me, eh?», sussurrò. «Non capisco proprio perché ti dia tanta pena. Non vi merito, non merito né lui né te».
«Tanto non cambia niente, no?».
«Non stavolta», sospirò. «Vorrei proprio spiegartelo in modo che tu capisca. Non posso fargli del male», indicò la pancia, «così come non potrei impugnare una pistola e sparare a te. Gli voglio bene».
«Perché vuoi sempre bene alle cose sbagliate, Bella?».
«Non è così».
Mi schiarii la gola in modo che la voce uscisse dura come volevo. «Invece sì, fidati».
Feci per rialzarmi.
«Dove vai?».
«È inutile che resti qui».
Sollevò la mano gracile e implorante. «Non andartene».
Mi sentii risucchiato dalla dipendenza che mi spingeva verso di lei.
«Questo non è il mio posto. Devo tornare a casa».
«Perché sei venuto oggi?», mi chiese.
«Per vedere se eri viva davvero. Charlie ha detto che eri malata e non gli ho creduto».
Dalla sua espressione non capii se l’avesse bevuta.
«Tornerai? Prima...».
«Bella, non me ne starò qui a guardarti morire».
Trasalì. «Hai ragione, hai ragione. È meglio che te ne vada».
Mi diressi verso la porta.
«Addio», mi sussurrò. «Ti voglio bene, Jake».
Per poco non feci dietrofront. Fui sul punto di voltarmi indietro, di inginocchiarmi e ricominciare a supplicarla. Ma sapevo che dovevo allontanarmi da Bella e abituarmi all’astinenza, prima che mi uccidesse, come avrebbe ucciso Edward.
«Certo, certo», biascicai mentre uscivo.
Non vidi nessuno dei vampiri. Ignorai la moto che se ne stava sola soletta al centro del prato. Non era abbastanza veloce, non più. Mio padre doveva essere fuori di testa, e anche Sam. Cosa avrebbero pensato i miei del fatto che non mi ero trasformato? Forse che i Cullen mi avessero acciuffato e finito prima che potessi anche solo fare un tentativo? Mi spogliai infischiandomene che qualcuno potesse vedermi e iniziai a correre. Mi trasformai in lupo mentre procedevo a grandi falcate.
Mi stavano aspettando. Altroché se mi aspettavano.
Mi accorsi che Paul svaniva in dissolvenza: Billy e Rachel erano ansiosi di sapere cosa mi fosse successo e Paul era troppo impaziente di annunciare a mio padre e a mia sorella che non ero diventato pappa per vampiri, perciò non rimase ad aspettare di sentire tutta la storia.
Non ci fu bisogno di dire al branco che stavo tornando: vedevano la foresta sfrecciarmi accanto mentre saettavo verso casa. E non ci fu neppure bisogno di spiegare che stavo impazzendo: la nausea che m’invadeva la mente era più che eloquente.
Videro tutto l’orrore: la pancia chiazzata di Bella, la sua voce aspra:
Il loro shock fu un urlo silenzioso nella mia testa. Muto.
Prima che avessero il tempo di riprendersi, ero già a metà strada. Allora mi vennero incontro di corsa.
Era quasi buio: le nubi velavano il tramonto. Mi azzardai ad attraversare l’autostrada e riuscii a non farmi vedere da nessuno.
Ci incontrammo a una quindicina di chilometri da La Push, in una radura creata dal passaggio dei taglialegna. Era fuori mano, incastrata fra due contrafforti montuosi; impossibile che ci vedessero. Paul e io arrivammo contemporaneamente: il branco era al gran completo.
Il brusio che mi si agitava in testa era assordante. A un tratto, si misero a gridare tutti assieme.
Sam era furioso, gli si era rizzato il pelo e il suo ululato era un flusso ininterrotto, mentre continuava a muoversi su e giù alla testa del cerchio. Paul e Jared lo seguivano come ombre, con le orecchie appiattite. Il cerchio era agitato e tutti emettevano ringhia rabbiose e cupe.
Sulle prime ebbi la sensazione che fossero furiosi nei miei confronti. Ero troppo sconvolto per preoccuparmene. Potevano punirmi come meglio credevano per aver trasgredito agli ordini.