«Ecco, Bella», aveva detto Renée dopo avermi sentita balbettare in un rantolo le parole impossibili:
«Fermati un secondo, mamma», avevo sbottato. «Cosa vuol dire, "aspettato così tanto"? Mi sono f-fi...», sul serio non riuscivo a pronunciare la parola
«Oggi? Davvero? Questa sì che è una sorpresa. Davo per scontato...».
«Cosa davi per scontato?
«Be’, quando siete venuti a trovarmi in aprile sembrava che fosse tutto sistemato, se capisci cosa intendo. Non è difficile leggerti dentro, tesoro. Ma non ho detto niente perché sapevo che non sarebbe servito. Sei tale e quale a Charlie», aveva detto con tono rassegnato. «Una volta che decidi, con te è impossibile ragionare. E ovviamente, proprio come Charlie, non torni mai sulle tue decisioni».
E a quel punto Renée aveva pronunciato le ultime parole che mi sarei mai aspettata di sentire da mia madre.
«Non stai ripetendo i miei errori, Bella. Mi sembri spaventata a morte e credo che sia perché hai paura di
«Non sei furiosa? Non pensi che stia facendo un errore colossale?».
«Be’, certo, mi piacerebbe che aspettassi ancora qualche anno. Voglio dire, ti sembro così vecchia da essere una suocera? Non rispondere. Non è di me che stiamo parlando. È di te. Sei felice?».
«Non lo so. In questo momento sto avendo un’esperienza extracorporea».
Renée ridacchiò ancora. «Ne sei felice, Bella?».
«Sì, ma...».
«Pensi che desidererai mai qualcun altro?».
«No, ma...».
«Ma cosa?».
«Ma non dirai che somiglio esattamente a una qualsiasi adolescente innamorata da che mondo è mondo?».
«Tu non sei mai stata adolescente, tesoro. Sai bene cos’è meglio per
E, nelle ultime settimane, Renée si era sorprendentemente immersa nei preparativi per il matrimonio. Ogni giorno passava ore al telefono con Esme, la madre di Edward: nessun problema di compatibilità fra consuocere. Renée
Così ero fuori dai guai. La famiglia di Edward e la mia si adoperavano insieme per le nozze senza che io dovessi fare o sapere nulla, neppure sforzarmi di pensarci troppo.
Charlie, naturalmente, era furioso, ma la cosa divertente era che non ce l’aveva con me. Si sentiva tradito da Renée. Era sicuro che ci sarebbe andata pesante. Cosa poteva fare ora che la sua minaccia definitiva — dirlo a mamma — si era dimostrata un fallimento totale? Non aveva niente in mano e lo sapeva. Perciò si aggirava per casa brontolando e lamentandosi di quanto non ci si dovesse fidare del prossimo.
«Papà?», dissi mentre aprivo la porta d’ingresso. «Sono a casa».
«Aspetta, Bells, resta lì».
«Cosa?», domandai, fermandomi all’istante.
«Dammi un secondo. Ahi, mi hai preso, Alice».
Alice?
«Scusa, Charlie», rispose la sua voce squillante. «Fatto male?».
«Sanguina».
«Tutto bene. Non ti ho bucato la pelle, fidati».
«Che succede?», domandai ancora sulla soglia di casa.
«Trenta secondi, per favore, Bella», disse Alice. «La tua pazienza verrà ricompensata».
Charlie confermò con un grugnito.
Tamburellai con il piede, contando i colpi. Prima del trentesimo, udii Alice: «Okay, Bella, entra pure!».
Muovendomi con cautela, girai l’angolo che mi separava dal salotto.
«Oh», sospirai. «Oh, papà. Sai che sembri proprio...».
«Un cretino?», m’interruppe Charlie.
«Stavo per dire
Charlie arrossì. Alice lo prese per il braccio e lo aiutò a girarsi lentamente, per mostrare il suo smoking grigio pallido.
«Diamoci un taglio, Alice, sembro un idiota».
«Nessuno sembra un idiota se indossa un mio abito».
«Ha ragione, papà, stai benissimo! Cosa si festeggia?».
Alice alzò gli occhi al cielo. «È l’ultima prova del vestito. Per tutti e due».
Per la prima volta distolsi lo sguardo da un Charlie singolarmente elegante e vidi la bianca sacca per abiti che tanto temevo, stesa con cura sul divano.
«Aaah».
«Torna nel tuo rifugio felice, Bella. Non ci vorrà molto».