Mi trascinai giù per gli scalini: il mio unico obiettivo era quello di spingermi fra gli alberi, abbastanza lontano per respirare di nuovo aria pura. Avrei mollato i vestiti da qualche parte, non troppo distante da casa, per usarli al momento debito. Meglio che assicurarmeli alla gamba. E poi, così, non avrei dovuto trascinarmi dietro l’odore. Mentre armeggiavo con la chiusura della camicia, pensai che i bottoni non si addicevano allo stile di un licantropo. Arrancando per il prato, ascoltai le voci.
«Dove vai?», chiese Bella.
«Mi sono dimenticato di dirgli una cosa».
«Lascialo dormire. Quello che devi dirgli può aspettare».
Ecco,
«Ci vorrà un attimo».
Mi voltai lentamente. Edward era già fuori dalla porta. Mi si avvicinò con un’espressione che sembrava chiedere scusa.
«Cavolo, e
«Mi dispiace», disse e poi esitò, incerto su come plasmare i pensieri in parole.
«Prima, mentre parlavi con i rappresentanti di Sam», mormorò, «facevo la cronaca minuto per minuto a Carlisle, Esme e gli altri. Erano preoccupati...».
«Ascolta, non abbasseremo la guardia. Noi crediamo a Sam, ma voi non siete costretti a fidarvi. Terremo comunque gli occhi aperti».
«No, no, Jacob. Non è quello. Ci fidiamo del tuo giudizio. Esme è in pena per gli stenti che il tuo branco è costretto a subire. Mi ha chiesto di parlartene in privato».
Mi colse in contropiede. «Stenti?».
«In particolare la faccenda dell’essere
Sbuffai. Mamma vampira era una chioccia bizzarra. «Siamo coriacei. Dille di non preoccuparsi».
«Vorrebbe rendersi utile. Se ho ben capito, a Leah non piace mangiare quando assume le sembianze di lupo, vero?».
«E?», domandai.
«Be’, abbiamo cibo normale, per umani, insomma. Sai, è per salvare le apparenze e ovviamente anche per Bella. Leah può servirsene a piacimento. E anche voi».
«Riferirò».
«Leah ci odia».
«Quindi?».
«Quindi, cerca di riferirglielo in modo che almeno prenda in considerazione la proposta, se non ti dispiace».
«Farò il possibile».
«E poi c’è la questione dei vestiti».
Guardai quelli che indossavo. «Ah, sì. Grazie». Non era cortese dirgli quanto puzzavano.
Accennò un sorriso. «Be’, su quel fronte, possiamo provvedere a tutti i vostri bisogni. Alice ci permette raramente di indossare due volte la stessa cosa. Abbiamo pile di vestiti nuovi di zecca destinati alla beneficenza e immagino che Leah abbia più o meno la stessa taglia di Esme».
«Non sono sicuro che le andrebbe a genio l’idea di indossare gli abiti smessi di una succhiasangue. Sai, lei non è pragmatica quanto me».
«Confido che tu possa presentarle la proposta sotto la luce migliore. L’offerta comprende qualsiasi oggetto materiale di cui possiate avere bisogno, mezzi di trasporto, qualsiasi cosa. Incluse le docce, se preferite dormire all’aperto. Per favore, considera che potete beneficiare di tutti gli agi di una casa».
Terminò la frase sommessamente, non perché si sforzasse di mantenere un tono pacato, ma con una specie di sincera emozione nella voce.
Lo guardai per un secondo battendo le palpebre per il sonno. «È, ehm, gentile da parte vostra. Di’ a Esme che le siamo grati per, uhm, il pensiero. Ma il fiume interseca il perimetro che controlliamo e tanto ci basta a mantenerci puliti. Grazie».
«Se comunque avessi voglia di riferirglielo...».
«Certo, certo».
«Grazie».
Non feci in tempo a voltarmi che rimasi impietrito allo scoccare di uno strillo flebile e straziante provenire dalla casa. Quando mi girai di nuovo, era già sparito.
Gli andai dietro, trascinandomi come uno zombie. E usando l’unico neurone rimasto sveglio. Non avevo scelta. C’era qualcosa che non andava. Dovevo controllare cosa. A costo di stare peggio.
Sembrava inevitabile.
Entrai per l’ennesima volta. Bella ansimava, rannicchiata sull’escrescenza che aveva al centro del corpo. Rosalie la teneva ferma mentre Edward, Carlisle ed Esme le stavano assiepati attorno. Un movimento guizzante catturò il mio sguardo: Alice, in cima alle scale, guardava giù premendosi le mani sulle tempie. Era strano, era come se qualcosa le sbarrasse la strada.
«Dammi un secondo, Carlisle», rantolò Bella.
«Bella», disse il dottore, ansioso, «ho sentito il rumore di qualcosa che s’incrinava. Devo dare un’occhiata».
«Quasi sicuramente...», ansimò, «una costola. Ahi. Sì. Qui». Indicò un punto sul suo lato sinistro, badando bene a non toccare.
La cosa le stava spezzando le
«Devo farti una lastra. Potrebbero esserci dei frammenti. Non vogliamo che ti perfori qualcosa».
Bella fece un respiro profondo. «Okay».
Rosalie la sollevò con cautela. Edward sembrava sul punto di litigare, ma Rosalie digrignò i denti e ringhiò: «L’ho già presa».
Quindi se Bella era più forte, lo era anche la cosa. Se moriva di fame uno, moriva di fame anche l’altra. La guarigione funzionava allo stesso modo. Non c’era modo di vincerla.