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Sbuffai. «Giusto». Non conoscevo nessuno più tosto di Sue. Era più tosta di mio padre, più di me. Tanto tosta da non farsi scrupolo di usare la sensibilità dei figli per riportarli a casa. Ma non era carino manipolare Seth a quel modo. «Da quante ore Sue è al corrente della situazione? E quante ne ha trascorse con Billy, con il vecchio Quil e con Sam? Già, sono certo che sta morendo di solitudine. Ovviamente sei libero di andare se vuoi, Seth. Lo sai».

Seth tirò su con il naso.

Poi, dopo un secondo, drizzò un orecchio verso nord. Leah doveva essere vicina. Dio, se era veloce. Uno, due, e Leah si fermò di botto nella boscaglia a pochi metri di distanza. Trotterellando, prese posto di fronte a Seth. Se ne stava con il naso all’insù, per non guardare verso di me.

Apprezzai.

«Leah?», chiese Jared.

Incrociò il suo sguardo, ritrasse un po’ il muso scoprendo i denti.

Jared non parve sorpreso della sua ostilità. «Leah, lo sai bene che non vuoi stare qui».

Rispose con un ringhio. Le lanciai un’occhiata di ammonimento che non vide nemmeno. Seth guaì e la sfiorò con la spalla.

«Scusa», fece Jared. «Non dovevo darlo per scontato. Ma tu non hai legami con i succhiasangue».

Leah guardò cauta il fratello e poi me.

«Quindi vuoi tenere d’occhio Seth, l’ho capito», disse Jared. Osservò di sfuggita il mio viso, poi tornò a Leah. Forse, come me, si chiedeva il senso della seconda occhiata di Leah. «Ma Jake non lascerà che gli succeda qualcosa, e lui non ha paura». Jared fece una smorfia. «Comunque sia, Leah, per favore. Vogliamo che torni. Sam vuole che torni».

La coda di Leah prese a muoversi a scatti.

«Sam mi ha detto di implorarti. Mi ha detto di inginocchiarmi, se fosse stato necessario. Vuole che torni, Lee-lee, quella è casa tua».

Vidi Leah trasalire quando Jared usò il suo vecchio nomignolo. E poi, alle ultime tre parole, le si rizzò il pelo e iniziò a ringhiare. Non occorreva essere nella sua testa per sentire le imprecazioni che gli stava lanciando. Si potevano quasi riconoscere parola per parola.

Aspettai che avesse finito. «Azzardo e dico che la casa di Leah è dove lei vuole stare».

Lei ruggì ma, dal modo in cui fissava Jared, lo interpretai come una conferma.

«Ascolta, Jared, siamo ancora una famiglia, okay? Supereremo questa faida, ma fino a quel momento è meglio che rimaniate nel vostro territorio. Tanto per evitare malintesi. Nessuno vuole una rissa in famiglia, no? Neanche Sam, giusto?».

«Certo che no», sbottò Jared. «Rimarremo nel nostro territorio. Ma il tuo qual è, Jacob? Quello dei vampiri?».

«No, Jared. Al momento non ho una casa. Ma non preoccuparti, non durerà per sempre». Dovetti fare un respiro. «Non resta molto tempo, okay? Poi probabilmente i Cullen se ne andranno, e Seth e Leah torneranno a casa».

Leah e Seth guairono assieme, voltandosi in sincrono verso di me.

«E tu, Jacob?».

«Tornerò nella foresta, penso. Non posso stare a La Push. La presenza di due alfa creerebbe troppa tensione. E poi, era la mia idea già prima che scoppiasse questo casino».

«E se avessimo bisogno di parlare?», chiese Jared.

«Ululate, ma non superate i confini, okay? Verremo noi. E comunque non occorre che Sam mandi una delegazione così folta. Non vogliamo uno scontro».

Jared, accigliato, annuì. Non gli andava che fossi io a stabilire le condizioni per Sam. «Ci vediamo, Jake. Oppure no».

Sconsolato, accennò un saluto.

«Aspetta, Jared. Embry sta bene?».

Sul viso gli passò un’espressione sorpresa. «Embry? Certo che sta bene. Perché?».

«Mi chiedevo solo come mai Sam abbia mandato Collin».

Osservai la sua reazione, ancora sospettosa. Nei suoi occhi vidi un lampo di consapevolezza, ma non del tipo che mi sarei aspettato.

«Non sono più affari tuoi, Jake».

«Suppongo di no. Ero solo curioso».

Con la coda dell’occhio notai una contrazione, ma feci finta di niente, perché non volevo tradire Quil. Avevo toccato il tasto giusto.

«Comunicherò a Sam le tue... istruzioni. Ciao, Jacob».

Sospirai. «Sì. Ciao, Jared. Ehi, di’ a mio padre che sto bene, okay? Che mi dispiace e che gli voglio bene».

«Riferirò anche questo».

«Grazie».

«Forza, ragazzi», disse Jared. Si voltò e per trasformarsi si allontanò, perché c’era Leah.

Paul e Collin lo seguirono, ma Quil esitava. Guaiva piano e mi avvicinai a lui.

«Sì, anche tu mi manchi, fratello».

Lui fece qualche passo verso di me a capo chino, come fosse imbronciato. Gli diedi un colpetto sulla spalla.

«Andrà tutto bene».

Uggiolò.

«Di’ a Embry che vi vorrei tanto al mio fianco».

Annuì e poi mi premette il naso sulla fronte. Leah sbuffò. Quil alzò gli occhi ma, anziché lei, guardò indietro, dove erano spariti gli altri.

«Sì, vai a casa», gli dissi.

Quil guaì ancora e poi partì dietro agli altri. La pazienza di Jared, ci avrei scommesso, non era infinita.

Non appena se ne fu andato, lasciai che il calore accumulato al centro del mio corpo si diffondesse fino agli arti. Una vampata e mi ritrovai a quattro zampe.

Ancora un po’ e rischiavate di sbaciucchiarvi, ridacchiò Leah sotto i baffi.

La ignorai.

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