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Feci un respiro profondo, nel tentativo di calmarmi. Seth, pure se dovesse uscirne viva, non sarà più umana. Lei lo sa e lo sanno anche gli altri. Se non muore, dovrà calarsi nei panni del cadavere e dovrà anche essere convincente. O quello o sparire. Pensavo che stessero cercando di rendere le cose più semplici a Charlie. Perché?

Credo sia un’idea di Bella. Nessuno commenta ma, dalla faccia di Edward, mi sa che è totalmente in sintonia con te.

Ancora una volta sulla stessa lunghezza d’onda del succhiasangue.

Corremmo in silenzio per alcuni minuti. Cominciai a battere una nuova strada, esplorando verso sud.

Non allontanarti troppo.

Perché?

Bella mi ha detto di chiederti di fare un salto.

Serrai i denti.

Anche Alice. Dice che si è stufata di stare chiusa nell’attico come un pipistrello sul campanile. Seth grugnì una risata. Prima ho dato il cambio a Edward. Per fare in modo che la temperatura di Bella rimanesse stabile. Fredda o calda, a seconda. Se non vuoi farlo tu, torno indietro io...

No. Vado io, sbottai.

Okay. Seth non disse altro. Si concentrò sulla foresta.

Continuai a fare rotta verso sud, alla ricerca di qualcosa di nuovo. Quando m’imbattei nelle prime abitazioni, feci dietrofront. Non ero ancora in prossimità della città, ma non volevo che si diffondessero di nuovo le voci sulla nostra presenza. Da un bel pezzo, ci comportavamo da bravi lupi invisibili.

Attraversai il perimetro nella direzione opposta, verso la casa. Sapevo che era una stupidaggine, ma non riuscivo a fermarmi. Dovevo essere una specie di masochista.

Non c’è niente di sbagliato in te, Jake. Ma questa non è una situazione normale.

Per favore, Seth, sta’ zitto.

Muto.

Stavolta non esitai ed entrai come fossi il padrone. Speravo di far incavolare Rosalie, ma fu fatica sprecata. Né lei né Bella erano in vista. Mi guardai attorno in preda all’ansia, nella speranza di non averle notate. Sentivo il cuore premere contro la gabbia toracica in modo strano, sgradevole.

«Sta bene», sussurrò Edward. «O meglio, sempre uguale».

Edward era sul divano. Si teneva il volto fra le mani. Mi aveva parlato senza alzare lo sguardo. Esme gli era accanto con un braccio intorno alle sue spalle.

«Ciao, Jacob», disse. «Sono contenta che tu sia tornato».

«Anch’io», aggiunse Alice precipitandosi dalle scale con una smorfia, come se fossi in ritardo per un appuntamento.

«Ah, ciao», dissi. Era innaturale sforzarmi di essere educato.

«Dov’è Bella?».

«In bagno», mi rispose Alice. «Sai com’è, dieta a base di liquidi. E poi è uno degli effetti collaterali della gravidanza, ho sentito dire».

«Ah».

Mi sentivo goffo, dondolavo sui talloni.

«Meraviglioso», borbottò Rosalie. Mi voltai e la vidi sbucare da un corridoio mezzo nascosto dalla scala. Teneva Bella fra le braccia e mi rivolse un ghigno beffardo. «Mi pareva di aver sentito un cattivo odore».

E com’era già successo prima, il viso di Bella s’illuminò come quello di un bambino la mattina di Natale. Come se le avessi portato il più bel regalo della sua vita.

Non era giusto.

«Jacob», ansimò. «Sei venuto».

«Ciao, Bells».

Esme ed Edward si alzarono. Vidi con quanta delicatezza Rosalie aiutava Bella a stendersi sul divano. Vidi anche Bella impallidire e trattenere il respiro: quasi fosse intenzionata a non emettere alcun suono, malgrado la fatica e il dolore.

Edward le passò la mano sulla fronte, poi sul collo. Finse di scostarle i capelli, ma aveva tutta l’aria di un controllo medico.

«Hai freddo?», mormorò.

«Sto bene».

«Bella, hai sentito cos’ha detto Carlisle», disse Rosalie. «Non devi minimizzare. Non ci aiuta a prenderci cura di voi».

«Okay. Ho un po’ freddo. Edward, mi passeresti quella coperta?».

Alzai gli occhi al cielo. «Sbaglio o è il motivo per cui sono qui?».

«Sei appena arrivato», disse Bella, «dopo aver corso per tutto il giorno, immagino. Perciò riposati un attimo. Probabilmente mi scalderò nel giro di niente».

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