Mentre ignoravo le sue istruzioni, mi stesi per terra, accanto al divano. A quel punto, però, mi chiedevo come avrei fatto. Sembrava piuttosto fragile e avevo paura di spostarla, anche solo di stringerla. Perciò mi avvicinai con cautela, stendendo il braccio accanto al suo e tenendole la mano. Poi le posai l’altra mano sul viso. Non era facile dire se fosse più fredda del solito.
«Grazie, Jake», disse e la sentii rabbrividire.
«Già», risposi.
Edward era seduto sul bracciolo del divano accanto ai piedi di Bella. Non le toglieva gli occhi di dosso.
Sarebbe stato troppo sperare, considerato il superudito di quasi tutti i presenti, che nessuno si accorgesse del mio brontolio di stomaco.
«Rosalie, perché non vai in cucina a prendere qualcosa per Jacob?», suggerì Alice. Non la vedevo perché era seduta dietro la spalliera del divano.
Rosalie lanciò un’occhiataccia verso il punto dal quale era giunta la voce di Alice, incredula.
«Grazie, Alice, ma non credo di voler mangiare qualcosa in cui ha sputato la bionda. Scommetto che il mio organismo non reagirebbe tanto bene al veleno», risposi io.
«Rosalie non metterebbe mai Esme in imbarazzo, dando prova di una tale mancanza di ospitalità».
«Certo che no», disse la bionda, con una voce melensa di cui diffidai all’istante. Si alzò e si fiondò fuori dalla stanza.
Edward sospirò.
«Se lo avvelena me lo dici, vero?», gli chiesi.
«Sì», mi promise.
E per chissà quale ragione gli credetti.
Dalla cucina giunse un gran fracasso, un rumore strano di metallo che protestava come se qualcuno lo maltrattasse. Edward sospirò di nuovo, ma abbozzò anche un sorriso. Poi, prima che potessi ripensarci, Rosalie fu di ritorno. Con un ghigno compiaciuto, mise una ciotola d’argento sul pavimento, proprio accanto a me.
«Buon appetito, bastardo».
Un tempo doveva essere stata una grossa insalatiera, ma lei l’aveva lavorata in modo che somigliasse a una vera scodella per cani. Restai impressionato dal tanta rapidità e maestria. E dalla cura per i dettagli. Aveva inciso di lato la parola «Fido», in splendida calligrafia.
Visto che il cibo sembrava davvero buono — bistecca nientemeno e una grossa patata al cartoccio per contorno — le dissi: «Grazie, bionda».
Sbuffò.
«Ehi, sai come si chiama una bionda con il cervello?», le chiesi e poi continuai difilato: «Golden retriever».
«Ho già sentito anche questa», disse, ma non rideva più.
«Ci riproverò», promisi e mi avventai sul cibo.
Con un’espressione disgustata, alzò gli occhi al cielo. Poi si sedette in poltrona e iniziò a cambiare i canali della TV troppo alla svelta per essere davvero alla ricerca di qualcosa da guardare.
Il cibo non era male, nonostante il puzzo dei vampiri impregnasse l’aria. Cominciavo ad abituarmici. Non che fosse esattamente nei miei programmi.
Quando ebbi finito, benché valutassi l’ipotesi di leccare la ciotola tanto per dare a Rosalie un pretesto per lamentarsi, sentii le dita fredde di Bella infilarsi fra i miei capelli e scendere in una carezza lungo la nuca.
«È ora di tagliarli?».
«Ti sta crescendo il pelo», disse. «Forse...».
«Fammi indovinare. Qui c’è qualcuno che tagliava i capelli in un salone parigino?».
Ridacchiò. «Probabile».
«No, grazie», dissi anticipandola. «Sono a posto ancora per qualche settimana».
Il che mi portò a chiedermi per quanto tempo ancora sarebbe stata a posto
«Allora... uhm... qual è la, ehm, data? Cioè, la data prevista per il mostriciattolo».
Mi colpì alla nuca con la forza di una piuma, ma non rispose.
«Dico sul serio», continuai. «Voglio sapere per quanto dovrò restare qui».
«Non lo so», farfugliò. «Non con precisione. Ovviamente, non segue il corso dei nove mesi e, senza ecografie, Carlisle deve calcolare a occhio, in base a quanto mi allargo. Le donne normali di solito raggiungono i quaranta centimetri», e s’indicò il centro del pancione, «quando il bambino ha completato la crescita. Un centimetro a settimana. Stamattina ero a trenta, e prendo più o meno un paio di centimetri al giorno, a volte anche di più...».
Due settimane al giorno, così volava il tempo. La sua vita procedeva in un "avanti" accelerato. Quanti giorni le restavano, prima dei quaranta centimetri? Quattro? Ci misi un po’ a mandar giù la pillola amara.
«Tutto bene?», domandò.
Annuii, non sapevo come mi sarebbe uscita la voce.
Edward distolse il viso da noi perché aveva ascoltato i miei pensieri, ma ne vedevo il riflesso sulla vetrata. Riecco l’uomo divorato dalle fiamme.