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— Ma starete bene? — Hetty guidava con sicurezza nelle strade fiancheggiate da cumuli di neve sporca, manovrando la grossa vettura con piglio mascolino, aspirando a tratti dalla sigaretta, da cui cadeva ogni tanto un piccolo cilindro di cenere grigia. La sua faccia era segnata dall’ansia.

— Starò bene — ripeté lui, con gratitudine. — Adesso sono in grado di pensare a Kate. Mi fa un male d’inferno, naturalmente, ma almeno riesco ad accettare la realtà. Prima non ne ero capace. È difficile spiegarlo, ma avevo la sensazione che esistesse qualche ufficio statale, una specie di ministero della Morte, dove avrei potuto spiegare che c’era stato uno sbaglio, che Kate “non poteva” morire. Sto dicendo delle sciocchezze, Hetty.

Hetty lo guardò con la coda dell’occhio. — Parlate come un normale essere umano. Non c’è niente di strano in ciò che dite.

— Di solito, come parlo?

— Gli affari sono andati a gonfie vele, la settimana scorsa — disse la donna, cambiando tono e argomento. — Dovrete assumere altro personale.

Si mise a fargli un resoconto dei nuovi affari e dei nuovi contratti stipulati dall’azienda di consulenza tecnica di Breton. Mentre Hetty parlava, lui si rese conto che non gliene importava niente del lavoro e degli affari. Tecnico nato, aveva preso un paio di diplomi senza grande sforzo, s’era dedicato alle consulenze geologiche entrando come socio in una ditta specializzata, e, quando il socio si era ritirato, era rimasto solo a dirigere l’ufficio. Era sempre andato tutto facile, liscio, sicuro, eppure, in un certo senso, senza molta soddisfazione. Lui si era sempre divertito a fare, a creare, sotto l’estro dell’abilità innata delle sue mani, ma non aveva mai avuto il tempo di dedicarsi completamente al lavoro.

Breton si strinse nel soprabito, fissando con nostalgia i solchi neri lasciati dal passaggio delle ruote nella neve. Quando la macchina acquistava velocità, piccoli blocchi di neve fresca, sollevati dalle ruote anteriori, andavano silenziosamente a colpire il parabrezza e si frantumavano scivolando all’indietro, fino a scomparire disintegrandosi. Breton cercò di concentrarsi in quello che Hetty stava dicendo, ma si accorse con sgomento che un puntino di luce colorata, scintillante, era comparso a mezz’aria davanti a lui. “Oh, non adesso!” pensò, fregandosi gli occhi; ma la farfallina di luce cominciava già a crescere. Nel giro di un minuto aveva assunto le dimensioni di un soldo nuovo di zecca, che ruotava scintillando e rimaneva sempre al centro del campo visivo del suo occhio destro, da qualunque parte lui voltasse la testa.

— Stamattina sono andata a casa vostra e ho acceso la caldaia del termosifone — disse Hetty. — Se non altro, starete al caldo.

— Grazie — rispose lui, intontito. — Vi siete disturbata anche troppo per me.

Lo scintillio furtivo cresceva con sempre maggior rapidità, ora, occupando quasi tutto il campo visivo, e già cominciava a svilupparsi secondo ben noti schemi: prismi geometrici che variavano in continuazione, si muovevano, si deformavano, aprivano finestre su dimensioni sconosciute. “Non adesso!” supplicava lui in silenzio. “Non voglio fare un viaggio adesso…” Quei fenomeni ottici gli erano noti fin dall’infanzia. Si presentavano a intervalli irregolari, da un minimo di pochi giorni a un massimo di tre mesi, a seconda dello stato di tensione mentale, ed erano generalmente preceduti da una sensazione di insolito benessere. Una volta passata l’euforia, si presentava il bagliore zig-zag davanti all’occhio destro, cui sarebbe seguito uno dei viaggi inesplicabili e spaventosi nel passato. Sapere che ogni viaggio durava solo una frazione di secondo di tempo reale e che doveva essere legato a una manifestazione non comune della memoria, non serviva a rendere più sopportabili i fenomeni che lo precedevano, perché le scene non erano mai piacevoli. Erano sempre frammenti della sua vita che avrebbe preferito dimenticare, momenti critici. E non era difficile indovinare quale sarebbe stato l’incubo che gli si sarebbe presentato con maggiore frequenza per l’avvenire.

Quando arrivarono davanti a casa sua, Breton era praticamente cieco dall’occhio destro, la cui vista era coperta da una ridda smagliante di forme colorate, geometriche, tremule, prismatiche, che gli impedivano di calcolare bene le distanze. Riuscì a persuadere Hetty a non scendere dalla macchina, la salutò con la mano quando lei si allontanò lungo il vialetto coperto di neve, e finalmente aprì tentoni la porta. La luce scintillante aveva raggiunto il punto massimo, il che significava che, fra pochissimo, sarebbe improvvisamente scomparsa, e avrebbe avuto inizio il viaggio per chissà dove. Breton aspettava. La visuale dell’occhio destro comincio a schiarirsi, la tensione interiore aumentò, la stanza si allontanò, distorcendosi, mostrando strane prospettive. Con passo deciso, ineluttabilmente, varchiamo il limite…

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