Читаем Il quinto giorno полностью

Sul mare, il mondo sembrava fatto esclusivamente di acqua, ed era separato dal cielo solo da un labile confine. Così, nelle giornate serene, persi in quell'infinito, si aveva l'impressione di essere letteralmente risucchiati nell'universo; mentre con la pioggia era difficile comprendere se si era ancora sulla superficie del mare o se si era sommersi. Anche i marinai più incalliti trovavano deprimente la monotonia della pioggia. L'orizzonte si cancellava, il nero delle onde si perdeva nelle masse di nuvole senza contorno e lasciava l'impressionante immagine di un universo senza luce, senza forma e senza speranza.

Nel mare del Nord e nel mar di Norvegia le torri di perforazione offrivano dei punti di riferimento. Ma al largo, sulla scarpata continentale, dove da due giorni incrociava la Sonne, la maggior parte delle piattaforme era troppo lontana per poter essere vista a occhio nudo. Anche le poche torri visibili sparivano nella pioggia sottile. Era tutto bagnato fradicio e un freddo umido s'infilava sotto le giacche impermeabili e le tute degli scienziati e dell'equipaggio. A quella monotona pioggerellina, tutti avrebbero preferito una vera pioggia, con gocce grosse e battenti. Sembrava che l'acqua non arrivasse solo dal cielo, ma che risalisse anche dal mare. Era uno dei giorni più infelici che Johanson ricordasse. Si tirò il cappuccio fin sulla fronte e si diresse verso poppa, dove il personale tecnico era impegnato nel recupero della multisonda. A metà strada, Bohrmann gli si affiancò.

«Anche lei continua a sognare vermi?» chiese Johanson.

«Non ancora», rispose il geologo. «E lei?»

«Mi rifugio nell'idea di recitare in un film.»

«Buona idea. Chi è il regista?»

«Che ne dice di Hitchcock?»

«Gli uccelli in una versione per geologi marini?» Bohrmann fece una risata amara. «Una bella rappresentazione… Ah, ma sono già a buon punto!»

Bohrmann lasciò Johanson e si affrettò verso poppa. Appeso alla gru, emerse un grande telaio rotondo, nella cui metà superiore si trovavano alcuni tubi di plastica che contenevano campioni d'acqua provenienti da diverse profondità. Johanson rimase a osservare per un po' il recupero della multisonda e dei campioni degli strati, poi arrivarono in coperta Stone, Hvistendahl e Tina Lund.

Stone corse da lui. «Che dice Bohrmann?» chiese.

«Dice: 'Houston, abbiamo un problema.'» Johanson scrollò le spalle. «Bah, non dice molto.»

Stone annuì. La sua aggressività aveva lasciato il posto a un profondo abbattimento. Nel corso delle misurazioni, la Sonne aveva seguito il corso sudorientale della scarpata continentale fino al di sopra della Scozia, mentre le telecamere sulla slitta mandavano immagini dal fondale. La slitta, un massiccio telaio che somigliava a una scansia d'acciaio piena di apparecchiature in disordine, disponeva di diversi strumenti di misurazione, di potenti proiettori e di un occhio elettronico che filmava e mandava le immagini ai monitor del laboratorio attraverso cavi a fibre ottiche, il tutto mentre la nave la trascinava.

Per le riprese video, la Thorvaldson disponeva del più moderno Victor. La nave oceanografica norvegese seguiva il corso della scarpata in direzione nord-est e analizzava l'acqua del mare norvegese fino a Tromsø. Le due navi avevano iniziato il loro tragitto dal punto in cui si sarebbe dovuta costruire la stazione, e adesso stavano facendo il percorso inverso. Al loro incontro, due giorni dopo, avrebbero avuto tutti i rilievi necessari della scarpata dello zoccolo continentale norvegese e del mare del Nord. Bohrmann e Skaugen avevano proposto di comportarsi come se la regione non fosse mai stata studiata prima. E sembrava davvero così. Da quando Bohrmann aveva presentato i primi dati, nulla sembrava più corrispondere alla normalità.

Era successo durante la riunione del mattino, non appena erano comparse sui monitor le prime immagini trasmesse dalla slitta. Avevano calato la multisonda durante un crepuscolo freddo e umido. Johanson aveva cercato d'ignorare l'effetto ascensore della Sonne che affondava improvvisamente nei cavalloni. I primi campioni d'acqua intanto erano stati mandati nel laboratorio di sismologia, dov'erano stati analizzati. Dopo, Bohrmann aveva invitato il team nella sala riunioni del ponte principale. Erano tutti radunati intorno al lucido tavolo di legno, e, in breve, la curiosità aveva catturato la loro attenzione. Avevano smesso di stropicciarsi gli occhi, sbadigliando, e stringevano le tazze del caffè, il cui calore cominciava a diffondersi lentamente alle dita.

Bohrmann aveva tenuto lo sguardo fisso su un foglio, aspettando pazientemente che si radunassero tutti.

«Posso offrirvi un primo risultato», disse infine. «Non è rappresentativo, giacché si tratta solo di un'istantanea.» Sollevò lo sguardo, lo fissò un momento su Johanson poi lo spostò su Hvistendahl. «Conoscete tutti il concetto di 'pennacchio di metano'?»

Un giovane della squadra di Hvistendahl scosse incerto la testa.

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