La diminuzione della pressione dell'acqua, tra l'altro, provocò in diverse parti del globo l'instabilità degli idrati di metano. Nelle regioni più elevate della scarpata continentale si liberarono in breve tempo gigantesche quantità di gas. La gabbia di ghiaccio in cui il metano era prigioniero e compresso si sciolse. Ciò che per migliaia di anni aveva funzionato come malta, tenendo unita la scarpata continentale, divenne un esplosivo. Improvvisamente, il metano liberato aumentò di centosessantaquattro volte il proprio volume. Nella sua fuga verso l'esterno, fece pressione su pori e fessure dei sedimenti e lasciò dietro di sé rovine porose. Come conseguenza, le scarpate continentali cominciarono a crollare su se stesse, trascinandosi appresso buona parte dello zoccolo continentale. Inimmaginabili quantità di materiale scivolarono come slavine di fango a centinaia di chilometri di distanza nelle profondità abissali. Il gas raggiunse l'atmosfera e provocò spaventosi mutamenti climatici. Ma lo smottamento ebbe anche altri effetti immediati, non solo sulla vita nel mare, ma anche sulle regioni costiere della terraferma e sulle isole.
Nella seconda metà del XX secolo, gli scienziati fecero un'inquietante scoperta. Davanti alla costa della Norvegia centrale, s'imbatterono nelle tracce di un simile smottamento. Per la precisione, erano stati più smottamenti a trascinare via buona parte della scarpata continentale. Un processo avvenuto nel corso di quarantamila anni. Diversi fattori erano entrati in gioco: stagioni calde che avevano elevato la temperatura media delle correnti marine della zona o periodi di glaciazione, appunto come quello di diciottomila anni prima, nel corso dei quali le temperature erano rimaste basse, ma era calata la pressione dell'acqua. In altri termini, le fasi di stabilità degli idrati — dal punto di vista della storia della Terra — rappresentavano un'eccezione.
Ma in una simile eccezione vivevano gli uomini della cosiddetta epoca moderna. Ed essi tendevano a interpretare la loro condizione di tranquillità come la regola. Un errore.
A quell'epoca, cinquemilacinquecento chilometri cubi dello zoccolo continentale norvegese erano stati trascinati negli abissi da frane gigantesche. Tra Scozia, Islanda e Norvegia, gli scienziati avevano trovato un deposito di sedimenti lungo ottocento chilometri. La cosa davvero inquietante era che la più grande delle frane della scarpata continentale non risaliva a molto tempo prima: si parlava di meno di diecimila anni. A quella scoperta si era dato il nome di «effetto Storegga» e si sperava che non si ripetesse più.
Naturalmente era una speranza priva di senso. Ma forse la tranquillità sarebbe durata ancora per altri millenni. E probabilmente nuove ere glaciali o periodi di caldo avrebbero provocato solo scivolamenti di dimensioni sopportabili, se non fosse comparso da un giorno all'altro un certo verme col suo carico di batteri e non avesse creato le condizioni per quello che ora stava succedendo.
Non appena s'interruppe il contatto col batiscafo, Jean-Jacques Alban, a bordo della
Tra gli scienziati e i membri dell'equipaggio regnava una grande agitazione. Non tutti erano in grado d'interpretare correttamente il significato della schiuma e della puzza, ma la tempesta generava negli uomini un senso d'insicurezza. Si era scagliata dal cielo come un dio infuriato e sollevava con violenza crescente le onde del mar di Norvegia, che si schiantavano contro lo scafo della