Quando le prime propaggini della slavina raggiunsero il canale Fær Øer-Shetland, sulla scarpata continentale tra Scozia e fossa norvegese non c'erano più terrazze, ma c'era soltanto una massa libera che precipitava sempre più, devastando tutto ciò che fino a poco prima aveva forma e struttura. Una parte della slavina si diresse a ovest delle isole Fær Øer e infine si fermò contro i banchi che circondavano il bacino islandese. Un'altra parte della slavina si divise lungo il rialzo tra l'Islanda e le Fær Øer.
La maggior parte, però, avanzava nel canale Fær Øer-Shetland come su un gigantesco scivolo. Nulla poteva fermarla. Lo stesso bacino abissale che migliaia di anni prima aveva accolto lo scivolamento di Storegga, ora si riempiva con una slavina ancora più grande, che procedeva inarrestabile e creava un gigantesco risucchio.
Poi crollò il bordo dello zoccolo continentale.
Fu semplicemente strappato via per una larghezza di cinquanta chilometri. Ed era solo l'inizio.
Sveggesundet, Norvegia
Subito dopo la partenza di Johanson, Tina Lund aveva caricato i bagagli sulla jeep di Johanson e se n'era andata.
Guidava velocemente. La pioggia che stava iniziando a cadere rendeva le strade viscide e la foschia riduceva la visibilità. Probabilmente Johanson avrebbe protestato, ma Tina era dell'idea che dalle auto si dovesse sempre pretendere il massimo.
A ogni chilometro che l'avvicinava a Sveggesundet, si sentiva più leggera.
Finalmente aveva deciso. Dopo aver chiarito la faccenda con Stone, aveva chiamato Kare e gli aveva proposto di passare insieme un paio di giorni al mare. Sebbene contento, Kare era stato anche un po' sorpreso… almeno così le era sembrato. Qualcosa nella sua reazione le aveva fatto sospettare che forse Johanson aveva ragione. Doveva raddrizzare l'andamento a zig-zag delle settimane precedenti, altrimenti Kare l'avrebbe lasciata. Ebbe quasi paura che quell'istante fosse già passato e che Kare avesse in serbo parole inquietanti sul futuro del loro rapporto.
Johanson aveva distrutto una casa, certo. Ma si poteva sempre cercare di costruirne un'altra.
La jeep percorreva velocemente la strada principale di Sveggesundet, che si snodava lungo la costa. Tina sentiva il battito cardiaco accelerare. Lasciò la macchina in un parcheggio pubblico al di sopra del Fiskehuset. Di lì, una strada e un sentiero conducevano alla spiaggia, che non era di sabbia, ma di rocce e ghiaia levigata, coperta di muschio e felci. Il paesaggio intorno a Sveggesundet era piatto, ma romanticamente selvaggio, e il Fiskehuset, con la sua terrazza sul mare, offriva uno splendido panorama anche quel giorno, nonostante la pioggia e la scarsa visibilità.
Tina percorse lentamente la breve distanza che la separava dal ristorante ed entrò. Era ancora chiuso e Kare non c'era. Un'aiuto cuoca, che stava trasportando ceste di verdura, le disse che era andato in paese. Forse doveva recarsi in banca o dal barbiere, comunque non aveva detto quando sarebbe stato di ritorno.
Avevano appuntamento lì. Era stata troppo veloce, arrivando con molto anticipo. Adesso non le rimaneva che sedersi nel ristorante ad aspettare. Ma le sembrava una cosa troppo stupida. Sarebbe stato del tutto fuori luogo, uscirsene con un: «Cucù, guarda un po', sono già arrivata!» O peggio ancora con un: «Ciao, Kare, dov'eri finito? È un po' che ti aspetto!»
Uscì sulla terrazza del Fiskehuset e la pioggia la colpì sul viso. Altri sarebbero rientrati immediatamente, ma Tina era insensibile al cattivo tempo. Aveva trascorso l'infanzia in campagna e amava le giornate di sole, ma anche le tempeste e la pioggia. Solo in quel momento si accorse come le raffiche di vento che nell'ultima mezz'ora avevano scosso la jeep si fossero trasformate in una vera tempesta. Non c'era più nebbia, ma in compenso le nuvole, basse nel cielo, s'inseguivano. Il mare era increspato e coperto di schiuma bianca.
C'era qualcosa di strano.
Era stata spesso lì e conosceva bene la zona. Tuttavia le sembrava che la riva fosse più ampia del solito. La ghiaia e le rocce, sebbene le onde s'infrangessero con violenza, si estendevano più del consueto. Sembrava quasi che ci fosse una bassa marea fuori programma.
Con decisione improvvisa, prese il cellulare e compose il numero di Kare. Poteva dirgli che era già lì. Meglio così che veder naufragare la sorpresa. Quel giorno non sarebbe riuscita a sopportare un muso lungo o anche solo la minima mancanza di gioia.
Il telefono suonò quattro volte, poi rispose la segreteria.
Si scostò dalla fronte i capelli ormai bagnati e rientrò, nella speranza di trovare in funzione la macchina del caffè.
Tsunami
Il mare era pieno di mostri.