Inciampò e cadde. Istintivamente si aggrappò alla grata del pavimento. Esplose un rumore infernale, una serie di ruggiti e rimbombi, come se la piattaforma si stesse spezzando. Si sentirono grida, poi un boato assordante lacerò l'aria e Jörensen venne sbattuto contro il parapetto. Un dolore violento gli percorse il corpo. Era aggrappato alla grata e il mare sembrava sollevarsi. Sopra di lui, il metallo si rompeva, stridendo. Comprese con terrore che la piattaforma si stava piegando. La sua mente si annebbiò. Quando si è in preda al panico, spesso si fanno cose prive di senso, come strisciare verso l'alto per cercare di sfuggire all'acqua che si sta avvicinando. E Jörensen si trascinò sul piano inclinato che poco prima era ancora un pavimento e che adesso s'inclinava sempre più. Poi si mise a gridare.
Le forze lo abbandonarono. Le dita della mano destra si staccarono dalla grata di metallo e lui rimase aggrappato col solo braccio sinistro, che prese un colpo tremendo. Gridando come un pazzo, sollevò la testa e vide la torre di trivellazione che si rovesciava e il braccio con la fiamma del gas non più orizzontale sull'acqua, ma verticale, stagliato contro il cielo nero come la pece.
Per un istante sembrò quasi che la fiamma si levasse ancora di più. Un saluto agli dei.
Poi tutto esplose in una nube di braci gialle e Jörensen venne catapultato in mare. Non sentì dolore quando l'avambraccio si strappò, benché la sua mano sinistra fosse ancora aggrappata alla grata. Prima ancora che le fiamme potessero raggiungerlo, lo tsunami si abbatté a tutta velocità contro la piattaforma e distrusse la Gullfaks C. I pilastri di cemento sparirono negli abissi col margine continentale.
Oslo, Norvegia
La donna aveva la fronte imperlata di sudore. «Che vuol dire? Si riferisce a una specie di reazione a catena?»
Apparteneva all'unità di crisi permanente del ministero dell'Ambiente ed era abituata a confrontarsi con gli scenari più devastanti. Conosceva il Geomar e sapeva che non era solito proporre teorie azzardate, quindi cercò di afferrare il più velocemente possibile quello che lo scienziato tedesco le stava dicendo al telefono.
«Non proprio», rispose Bohrmann. «Si tratta piuttosto di un evento simultaneo. La distruzione avviene lungo la scarpata continentale. Ovunque nello stesso momento.»
La donna deglutì. «E… quali zone sarebbero colpite?»
«Dipende da dove avviene esattamente la rottura e da quanto è lunga. Credo che buona parte della costa norvegese sia coinvolta. Le onde di uno tsunami si diffondono per migliaia di chilometri. Dobbiamo informare tutta la popolazione costiera dell'Islanda, della Gran Bretagna, della Germania… Tutti.»
La donna guardò fuori dalla finestra dell'edificio del governo. Pensò alle piattaforme in mare. Erano centinaia fino a Trondheim. «Che conseguenze ci sarebbero per le città costiere?» chiese poi, in tono inespressivo.
«Dovreste evacuarle immediatamente.»
«E per le industrie offshore?»
«Mi creda, è difficile dirlo. Nella migliore delle ipotesi, ci sarà una serie di piccoli scivolamenti. Allora si ballerà solo un po'. Nella peggiore delle ipotesi…»
In quell'istante, la porta si aprì e un uomo dal volto terreo entrò di corsa. Porse alla donna un foglio e le fece cenno di chiudere la conversazione. Lei prese la stampata e diede una scorsa al breve testo. Era la trascrizione di una trasmissione radio. L'aveva mandata una nave.
Poi andò avanti a leggere e si sentì come se il suolo le oscillasse sotto i piedi.
«Ci sono segnali che annunciano l'arrivo dello tsunami», stava dicendo Bohrmann. «La popolazione sulla costa deve essere informata affinché li possa riconoscere. Un po' prima che si scatenino, si osserva un rapido sollevamento e abbassamento della superficie marina. Più volte di seguito. Un occhio esperto se ne accorge. Dopo dieci o venti minuti, l'acqua si ritira e si allontana dalla riva. Diventano visibili scogliere e rocce che normalmente sono sott'acqua. Al più tardi in quel momento bisogna recarsi nelle zone più elevate.»
La donna non replicava, lo ascoltava appena. All'inizio della telefonata aveva cercato d'immaginare che cosa sarebbe successo se le parole dell'uomo al telefono avessero avuto un fondo di verità. Ora immaginava quello che stava già succedendo.
Sveggesundet, Norvegia
Tina Lund stava morendo di noia.
Era sciocco starsene in quel ristorante deserto a bere caffè. Ogni forma d'inattività le sembrava una tortura. L'aiuto cuoca era stata gentile e aveva acceso per lei la macchina per il caffè espresso. Il cappuccino era buonissimo e, nonostante il cattivo tempo e la visibilità ridotta, dalla grande finestra panoramica si godeva una splendida vista sul mare. Ma per Tina quell'attesa era insopportabile.