Vanderbilt teneva a portata di mano un fazzoletto bianco, con cui si tamponava la fronte. Peak era sul punto di vomitare. Odiava quell'uomo. Odiava il fatto che Vanderbilt non fosse amico di nessuno, probabilmente neppure di se stesso. Era un cinico disfattista. Ma, soprattutto, Peak odiava Vanderbilt perché aveva detto la verità. Nel suo odio per Vanderbilt, Peak si sentiva addirittura unito a Judith Li.
A parte quello, comunque, odiava anche Judith Li.
Talvolta aveva immaginato di strapparle di dosso i vestiti, insieme con quella sua maledetta aria di sufficienza, insieme con quelle sue arroganti smancerie da figlia di buona famiglia, cui erano state instillate lezioni su lezioni di lingue straniere. In quei momenti, dentro di lui prendeva forma il Salomon Peak che, in altre circostanze, probabilmente sarebbe diventato un capo gang, un ladro, un violentatore e un assassino.
Quel Peak gli faceva paura, perché non credeva negli ideali di West Point, nell'onore, nella gloria, nella patria. Era come Vanderbilt, che insudiciava tutto e lasciava intendere che il sudiciume era la realtà. L'altro Peak era cresciuto nel sudiciume. Un nero cresciuto nel sudiciume del Bronx.
«E andiamo avanti», stava dicendo Vanderbilt, con aria divertita. «Nell'acqua potabile europea c'è un sacco di simpatiche alghette. Che fare? Trattarle chimicamente? Certo, si può far bollire l'acqua o riempirla di prodotti chimici. Probabilmente quelle stronzette ci rimetteranno la pelle, ma noi le seguiremo. L'acqua comincia a scarseggiare. Fino a poco tempo fa, ogni idiota poteva stare tre ore sotto la doccia a cantare canzoni da marinaio, ma ora è finita. Non so quando da noi esploderanno i primi crostacei, signori, ma il Dio della nostra terra dovrà prepararsi, perché succederà. Dio ha perso la pazienza.» Vanderbilt ridacchiò. «Oppure sarebbe meglio dire Allah?
Il vice direttore della CIA fece apparire l'immagine di un planisfero, sul quale i continenti e i Paesi erano collegati da linee colorate. Uno spesso fascio si stendeva dall'Inghilterra e dalla Francia attraverso l'Atlantico fin nei pressi di Boston, di Long Island, di New York e del New Jersey, nei dintorni di Manasquan e di Tuckerton. Un'altra rete, molto meno fitta, percorreva il Pacifico e collegava l'Ovest degli Stati Uniti d'America con l'Asia. Spessi fasci scorrevano lungo le isole caraibiche e la Columbia, attraverso il Mediterraneo e il canale di Suez e sulla costa dell'Asia orientale fino a Tokyo.
«Cavi sottomarini», spiegò Vanderbilt. «Autostrade di dati, attraverso le quali telefoniamo e chattiamo. Senza le fibre ottiche, Internet non esiste. A quanto pare, lo smottamento al largo della Norvegia ha distrutto parte dei collegamenti in fibra ottica tra Europa e America. Almeno cinque dei più importanti cavi transatlantici non trasmettono più dati. In ogni caso, l'altro ieri ha tirato le cuoia anche un cavo col bel nome di FLAG Atlantic-1. Collega New York con St. Brieuc, in Bretagna, ed è pur sempre in grado di trasmettere 1,28 terabit al secondo. Scusate,
Anawak trovò un certo conforto nelle parole di Vanderbilt. Dopo aver temporaneamente perso la fiducia nel mondo, adesso gli sembrava che il mondo marciasse verso di lui, reggendo un cartello su cui, a lettere cubitali, c'era scritto: LEON, NOI TI CREDIAMO.