«Forse ci aiuteranno i nostri amici nella cisterna», disse Johanson. «Qualcosa li protegge dalle alghe. Portiamoli a fare un giro nel laboratorio di massima sicurezza. Non appena sapremo che cosa…»
Guardò il monitor.
L'essere nella gabbia era sparito.
Sue e Rubin seguirono il suo sguardo e sgranarono gli occhi.
«Non c'è più!»
«Come ha fatto a uscire?»
Sullo schermo si vedevano solo granchi e acqua.
«Quelle cose se ne sono andate.»
«Sciocchezze! Dove possono essere scappate?»
«Un momento! Ne abbiamo fatte uscire una dozzina. Non dovrebbero essere invisibili.»
«Saranno là, da qualche parte. Ma dov'è quella nella gabbia?»
«Forse è diventata molto sottile», ipotizzò Sue.
Johanson osservò lo schermo e la sua espressione si rasserenò. «Sottile? Non è una cattiva idea», mormorò. «Certo… Può cambiare la forma. Le maglie sono fitte, ma probabilmente non abbastanza fitte per qualcosa di lungo e sottile.»
«Che sostanza incredibile», sussurrò Rubin.
Cominciarono a esaminare la cisterna, dividendola in zone. Ciascuno controllava un monitor, in modo da avere sempre sotto controllo tutto il bacino. Zoomarono con le telecamere, ma quella robaccia gelatinosa non si vedeva. Infine Johanson fece uscire i robot dal garage, ma non era nascosta neppure lì.
Gli esseri erano spariti.
«Forse abbiamo qualche problema col sistema di tubature», rifletté Sue. «Che siano nascosti in qualche tubo dell'acqua?»
Rubin scosse la testa. «Non è possibile.»
«Comunque sia, dobbiamo salire per la riunione», ringhiò Johanson. «Forse ci verrà in mente dove possono essere.»
Confusi e frustrati, spensero le luci nel simulatore e uscirono. Rubin spense anche le luci del laboratorio e fece per seguirli.
Ma non li seguì.
Johanson si voltò e lo vide, immobile davanti alla porta, a fissare il buio. Poi si accorse che Rubin aveva la bocca spalancata. Lentamente tornò indietro, seguito da Sue.
Dietro la finestra ovale del simulatore splendeva qualcosa.
Una luce debole e diffusa.
Una luce blu.
«La nuvola blu», sussurrò Rubin.
Senza curarsi degli ostacoli, corsero nell'oscurità verso il simulatore. Salirono in fretta le scale e si ammassarono davanti al vetro blindato.
La luce blu era sospesa nel nulla, come una strana nuvola nello spazio privo di luce. Ma quello spazio era una cisterna piena d'acqua. La sua estensione copriva alcuni metri quadrati. Pulsava. I bordi tremolavano.
Johanson socchiuse le palpebre, cercando di osservare con la massima attenzione. Che stava succedendo oltre il bordo? Minuscoli punti luminosi sembravano scorrere all'interno della nuvola, sempre più velocemente. Simili a particelle di materia nel campo gravitazionale di un buco nero.
Il blu divenne più intenso.
Poi collassò.
Quasi come un Big Bang al contrario, la nuvola crollò su se stessa. Tutto tendeva verso l'interno, che diventava più luminoso e denso. Da lì partivano lampi luminosi, che formavano disegni complicati. A folle velocità, la nuvola fu risucchiata nel proprio centro con un turbinio violento, e poi…
«Non ci credo», mormorò Sue.
Davanti ai loro occhi, era sospesa una cosa sferica, delle dimensioni di un pallone da calcio. Qualcosa formato da una materia compatta. La cosa splendeva di una luce blu. Gelatina pulsante.
Avevano ritrovato gli esseri.
Gli esseri erano diventati un unico essere.
Sala riunioni
«Unicellulari!» gridò Johanson. «Sono unicellulari.»
Era agitatissimo. Il gruppo lo guardava in silenzio. Rubin non riusciva a stare fermo sulla sedia e annuiva freneticamente, mentre Johanson camminava avanti e indietro.
«Abbiamo sempre creduto che la gelatina e la nuvola fossero due cose distinte, e invece sono la stessa cosa. La sostanza è un legame tra le singole cellule. La gelatina può non solo cambiare la propria forma, ma si può anche dissolvere e poi ricomporsi.»
«L'essere si dissolve?» gli fece eco Vanderbilt.
«No, no! Non l'essere… Voglio dire, l'essere sono le singole cellule che si fondono tra loro. Abbiamo aperto alcuni granchi e fatto uscire la sostanza gelatinosa, che si è nascosta in qualche angolo del simulatore. Siamo riusciti a catturarne una. E improvvisamente erano sparite tutte, senza lasciare traccia, non era rimasto nulla… Mio Dio, che idiota sono stato a non pensarci! È ovvio! Degli esseri unicellulari non possono essere trattenuti in una gabbia, non possono essere osservati a occhio nudo, in genere sono troppo piccoli. Poiché il simulatore era illuminato dall'interno, non potevamo vedere la bioluminescenza. È lo stesso problema che abbiamo incontrato al largo della Norvegia, quando quella cosa gigantesca è passata davanti alla telecamera. Allora abbiamo visto solo la superficie illuminata dai proiettori di Victor, ma in realtà emetteva luce essa stessa… Era luminosa, era un insieme di organismi bioluminescenti. Quello che ora nuota laggiù nella cisterna è la somma delle sostanze che abbiamo tolto dai granchi!»
«Questo spiega alcune cose», disse Anawak. «L'essere senza forma sullo scafo della