Sbadigliò. Nel frattempo era calata la notte. La sala era percorsa da un leggero ronzio. Nel corso delle ultime ore, l'aspiratore e l'isola luminosa erano stati spinti, lentamente ma con continuità, verso nord. Se i dati della spedizione
Osservò i monitor con le palpebre socchiuse.
Fu colpa della stanchezza se il cambiamento raggiunse la sua coscienza soltanto dopo un po' che era iniziato. Si chinò in avanti. «Là c'è qualcosa che luccica», disse. «Allontanate l'aspiratore.»
Van Maarten sgranò gli occhi. «Dove?»
«Guardi sui monitor. In quella confusione, qualcosa ha lampeggiato. Ecco, ancora!»
In un attimo fu completamente sveglio. Ormai anche le telecamere dell'isola luminosa rivelavano che qualcosa non andava. La normale nuvola di sedimenti e le fauci dell'aspiratore si erano gonfiati. Frammenti scuri e bolle vibravano tutt'intorno e poi venivano trascinati in alto.
Gli schermi dell'aspiratore divennero neri e la sua bocca venne spinta da una parte.
«Maledizione, che cosa succede?»
Dagli altoparlanti uscì la voce del pilota: «Stiamo aspirando cose molto grosse. L'aspiratore diventa instabile. Non so se…»
«Via!» urlò Bohrmann. «Via dal pendio!»
No, non era un blowout. Era ancora peggio.
Il tubo dell'aspiratore cercò di tirarsi fuori dalla nuvola di sedimenti. Si gonfiò ancora di più, in apparenza sul punto di esplodere. Un'onda d'urto colpì l'isola luminosa. L'immagine ondeggiava.
«C'è uno smottamento», gridò il pilota.
«Spenga l'aspiratore!» Bohrmann balzò in piedi. «Lo riporti indietro.»
Dall'alto cadevano grandi frammenti di roccia. Pietrisco lavico franava sulla terrazza. Nella nuvola di fango e macerie, la bocca dell'aspiratore si vedeva appena.
«L'aspiratore è spento», confermò van Maarten.
Osservarono lo smottamento con occhi spalancati: cadevano sempre più rocce. Se avesse coinvolto la parete quasi verticale del vulcano, si sarebbero staccati pezzi sempre più grandi. La pietra dei vulcani era porosa. Nel giro di qualche minuto, un piccolo smottamento poteva diventare molto grande, e alla fine avrebbe provocato proprio quello che stavano cercando d'impedire.
Una montagna d'acqua alta seicento metri…
Lo scroscio di pietre finì.
Per lungo tempo, nessuno parlò. Gli sguardi erano incollati ai monitor. Sulla terrazza c'era una nuvola diffusa che disperdeva e rifletteva la luce delle lampade alogene.
«Ha smesso», disse van Maarten con voce tremante.
«Sì», confermò Bohrmann. «Pare di sì.»
Van Maarten chiamò i piloti.
«L'isola luminosa ha ballato non poco», comunicò il team addetto all'illuminazione. «Un riflettore è caduto.»
«E il tubo dell'aspiratore?»
«Pare bloccato.» L'informazione arrivò dall'altra gru. «I sistemi trasmettono i comandi, ma non sembra in grado di eseguirli.»
«Credo che la bocca sia rimasta sotto le macerie», ipotizzò il pilota.
«Quanto peso può esserci caduto sopra?» chiese van Maarten con un filo di voce.
«Prima si deve depositare la nube», rispose Bohrmann. «Sembra proprio che ne siamo usciti con un occhio pesto.»
«Va bene. Allora dobbiamo aspettare.» Van Maarten parlò nel microfono. «Non fate altri tentativi per liberare l'aspiratore. Pausa caffè. Non voglio che laggiù si creino scosse inutili. Aspettiamo un po', poi vedremo.»
Tre ore dopo, videro. In realtà videro solo per pochi metri, perché i sedimenti non si erano ancora posati del tutto, ma la bocca dell'aspiratore si vedeva benissimo. Era arrivato anche Frost, più spettinato che mai.
«Si è incastrato ben bene», constatò van Maarten.
«Sì.» Frost si grattò la testa. «Ma non sembra rotto.»
«I motori sono bloccati.»
«E come facciamo a sbloccarli?»
«Potremmo mandare giù un robot che sposti tutto il materiale», propose Bohrmann.
«Santa furia di Dio e di tutti gli angeli!» sbraitò Frost. «Ci costerà tantissimo tempo. Ammesso che funzioni.»
«Dobbiamo fare in fretta.» Bohrmann si rivolse a van Maarten. «Quanto ci vuole per allestire Rambo?»
«È già pronto.»
«Allora via. Proviamoci.»