«Merda.» Roscovitz fissò l'imbarcazione. Era proprio sopra la chiusa, che si delineava a quattro metri di profondità. «Questa faccenda sta cominciando a infastidirmi. Mi disturba sempre di più ogni volta che facciamo entrare e uscire quegli animali.»
«Con tutto il rispetto, signore, non disturba affatto e, quando avremo finito di ripararlo, lo riporteremo sul ponte.»
Roscovitz ringhiò qualcosa d'incomprensibile e poi si mise alla console di servizio. L'imbarcazione era proprio davanti al suo naso, cosicché, da quella prospettiva, lui non riusciva a vedere la chiusa sul fondo, che poteva essere controllata solo dalla zona dei monitor. Imprecò di nuovo, in modo ancora più colorito. L'
Altri passi risuonarono sul ponte dell'hangar. Greywolf, Alicia, Anawak e Rubin stavano scendendo la rampa, seguiti da Peak e dai suoi uomini. I soldati si divisero sui due lati della banchina. Rubin e Peak andarono da Roscovitz, mentre Greywolf e gli altri s'infilarono nelle tute di neoprene e indossarono le maschere.
«Fatto», annunciò Greywolf. Formò un cerchio col pollice e l'indice e ordinò: «Portiamoli dentro».
Roscovitz annuì e mise in funzione il richiamo automatico. Vide gli scienziati tuffarsi in acqua, illuminati dai proiettori subacquei. Si avvicinarono nuotando, poi, all'altezza della chiusa, s'immersero, l'uno dopo l'altro.
Allora aprì la paratia inferiore.
Alicia s'immerse verso gli strumenti sul bordo della chiusa. Stava ancora scendendo quando le imponenti lastre d'acciaio — poste tre metri al di sotto della copertura di vetro — presero a muoversi. Lei vide le lastre che si allontanavano, mostrando gli abissi marini. Due delfini scivolarono subito all'interno. Apparivano nervosi, e colpivano il vetro col muso. Greywolf fece segno di attendere ancora. Un altro delfino entrò nella camera di decompressione.
Nel frattempo, le paratie d'acciaio si erano completamente aperte e, sotto la cupola di vetro, si spalancava l'abisso. Alicia guardava nervosa nell'oscurità. Non si vedeva niente d'insolito. Niente luci, niente lampi, niente orche e neppure gli altri tre delfini. Scese ancora, finché non toccò con le mani la superficie di vetro, sempre scrutando alla ricerca dei delfini. Improvvisamente entrò un quarto animale, ruotò su se stesso e s'infilò nel bacino della chiusa. Greywolf annuì e Alicia diede il segnale a Roscovitz. Lentamente, le lastre d'acciaio si mossero, chiudendosi poi con un cupo rimbombo. All'interno della chiusa si misero al lavoro i sensori, che esaminarono l'acqua alla ricerca di sostanze inquinanti o contaminate. Dopo qualche istante, i sensori diedero via libera e trasmisero l'autorizzazione alla console di Roscovitz. Senza il minimo rumore, le paratie di vetro si aprirono.
Non appena si formò uno spiraglio sufficiente grande, gli animali scivolarono dentro, e furono ricevuti da Greywolf e Anawak.
Peak osservò Roscovitz mentre chiudeva la paratia di vetro. Il suo sguardo era fisso sui monitor. Rubin era andato sul bordo del bacino e scrutava la chiusa.
«Fuori ce ne sono ancora due», disse Roscovitz fra i denti.
Dagli altoparlanti uscivano i fischi e i suoni dei delfini ancora in mare. Diventavano sempre più nervosi. La testa di Greywolf comparve sulla superficie dell'acqua, poi emersero anche Leon e Alicia.
«Che dicono gli animali?» chiese Peak.
«Sempre la stessa cosa», rispose Greywolf. «Forma di vita sconosciuta e orche. Qualcosa di nuovo sui monitor?»
«No.»
«Non vuol dire niente. Prendiamo gli ultimi due.»
Peak sobbalzò. A partire dai bordi, avevano cominciato a risplendere di blu scuro. «Bisogna fare in fretta», disse. «Si sta avvicinando.»
Gli scienziati s'immersero e nuotarono verso la paratia. Peak chiamò il CIC. «Cosa vedete da lassù?»
«Il cerchio continua a stringersi», gracchio la voce di Judith Li dai box della console. «I piloti dicono che la struttura si sta immergendo, ma dalle immagini del satellite si vede ancora meglio. Sembra che voglia andare sotto la nave. Tra poco dovreste avere molta luce laggiù.»
«Ci sarà molta luce. Con cosa abbiamo a che fare? Con la nuvola?»
«Sal?» Era Johanson. «No, non credo che abbia una forma di nuvola. Le cellule si sono fuse. È un compatto tubo di gelatina e si contrae. Dovreste sbrigarvi.»
«Abbiamo quasi fatto. Roscovitz?»
«Apro la paratia», replicò subito l'altro.
Anawak era sospeso sopra la parete di vetro. Stavolta, quando le paratie d'acciaio si aprirono, fu completamente diverso. La prima volta, avevano guardato in un'oscurità grigio scuro. Ora gli abissi erano attraversati da una debole luce blu che aumentava lentamente d'intensità.