Mentre se ne stava lì a rimuginare, il destino gli tese una mano. Gli mandò Karen Weaver. Johanson fu contento di vedere la figurina muscolosa che veniva verso di lui sul ponte. Nell'ultimo periodo non avevano potuto parlare molto. Si erano intesi fin dall'inizio, ma lui in breve tempo aveva preso atto che lei non rappresentava un sostituto di Tina. Quell'intesa non aveva portato a un legame profondo, né allo Château né sull'
Quindi non ci sarebbe stata confidenza.
Ma ci sarebbe stata fiducia. Una cosa completamente diversa. Dare fiducia a Karen poteva portare solo vantaggi. Era troppo obiettiva per cercare sottintesi romantici in un avvenimento misterioso. Lo avrebbe ascoltato, facendogli poi capire chiaramente se gli credeva o se lo considerava un pazzo.
Le raccontò in breve quello che ricordava, la confusione che aveva in testa, su quali punti lui stesso era diffidente e che cosa aveva provato durante il breve interrogatorio di Judith Li.
Dopo averci riflettuto per un po', Karen disse: «Sei tornato a controllare?»
Johanson scosse la testa. «Non ne ho ancora avuto l'occasione.»
«Volendo, ne avresti avute un sacco. Non vuoi andare a controllare perché temi di non trovare niente.»
«Probabilmente hai ragione.»
Lei annuì. «Bene. Allora andiamo insieme.»
Aveva colto nel segno. A ogni passo, Johanson sentiva crescere la paura e l'insicurezza. Che cosa sarebbe successo se non avessero trovato nulla? Ormai era praticamente certo che laggiù non avrebbero trovato nessuna porta e quindi avrebbe dovuto abituarsi all'idea di essere andato fuori di testa. Aveva cinquantasei anni, era un bell'uomo, cui si riconoscevano intelligenza, una certa carica erotica, un discreto fascino e un elevato numero di successi con le donne.
Evidentemente era diventato un vecchio decrepito.
Accadde quello che temeva. Percorsero diverse volte la parete senza trovare nulla che potesse far pensare a un passaggio.
Karen lo guardò.
«Va bene», mormorò Johanson.
«Non c'è problema», disse Karen. Ma, subito dopo, con sua grande sorpresa, aggiunse: «La parete è rivettata, lungo le saldature corrono ovunque delle tubature. Ci sono migliaia di possibilità per costruire una porta invisibile. Cerca di ricordare esattamente dove l'hai vista.»
«Mi credi?»
«Ti conosco a sufficienza, Sigur. Non sei un pazzo. Non bevi come una spugna e non prendi droghe. Sei un buongustaio, e i buongustai hanno occhio per dettagli invisibili agli altri. Io sono più un tipo da
Johanson sorrise. E, dopo aver stampato un bacio sulla guancia di Karen, scese la rampa verso il laboratorio, decisamente sollevato.
Laboratorio
Rubin era sempre molto pallido e, quando parlava, sembrava gracchiare come un pappagallo. In effetti, per poco non ci aveva rimesso la pelle. Greywolf era stato a un passo dallo spedirlo nell'aldilà. Ma il biologo si era mostrato comprensivo. Sorrideva in modo così tirato che a Johanson faceva venire in mente l'infermiera Ratched di
Sue faceva scorrere lo sguardo da lui a Johanson e teneva la bocca chiusa, cosa piuttosto insolita per lei.