Riempì di botte il martello, sforzandosi di non lasciare il «cane». Vedeva indistintamente la bocca che si apriva e si chiudeva. Gli squali non potevano nuotare all'indietro. La testa spigolosa andava su e giù, ma le fauci non riuscivano a raggiungerlo. Gli occhi nella parte superiore della testa ruotavano selvaggiamente. Bohrmann sollevò il braccio con la console e lo colpì.
Il martello balzò indietro.
Evidentemente sì, perché lo squalo uscì dalla grotta.
Era il più grande.
Bohrmann attese.
Qualcosa sbucò di nuovo dalla nuvola. Era un martello, e stava arrivando verso di lui. Apparteneva a uno degli animali più piccoli. La testa dello squalo sbatté contro la finestrella bombata del casco. Le mascelle si aprirono e chiusero, le file di denti graffiarono il plexiglas. Ormai l'intero campo visivo di Bohrmann era occupato da quell'animale. Cercò di spingersi ancora più all'interno e improvvisamente gli parve che le pareti sparissero. Cadde all'indietro, nel nulla.
Tenebre nere come la pece.
Mosse nervosamente la mano artificiale sinistra sulla console. L'interruttore per la luce del Trackhound era appena sopra i tasti per attivare i programmi. Poco prima l'aveva…
Dov'era quel maledetto pulsante?
Il proiettore si accese. Nella luce oscillante, vide che la fenditura si era aperta in una grotta spaziosa. Diresse il cono luminoso verso l'apertura e vide apparire la testa dello squalo. L'animale si agitava, ma non riusciva a entrare di più.
Poi capì.
Lo squalo era incastrato.
Sollevò il braccio e vibrò una serie di colpi sulla testa squadrata, mai poi si rese conto che non era una buona idea ferire lo squalo sino a farlo sanguinare e così lo spinse con tutto il peso del corpo. Ma sott'acqua non serviva a granché; allora Bohrmann si lanciò contro il muso che cercava di afferrarlo. Lo colpì col petto, con le spalle e le braccia, finché lo squalo non cominciò lentamente a ritirarsi. Il cono luminoso del Trackhound sussultava, illuminando la faringe rosa con le branchie pulsanti.
«Togliti dai coglioni!»
«Dottor Bohrmann?»
Lo squalo continuava a ritirarsi. Poi sparì.
Bohrmann arretrò. Le braccia gli tremavano. Era così teso che non riusciva a rimanere fermo. D'un tratto, si sentì esausto e cadde sulle ginocchia.
«Dottor Bohrmann?»
«Non rompa, van Maarten.» Tossì. «Faccia qualcosa per tirarmi fuori di qui.»
«Mandiamo giù immediatamente i robot con gli uomini.»
«Perché i robot?»
«Portiamo giù tutto quello che può spaventare e far fuggire gli animali.»
«Quelli non sono animali, sono soltanto involucri di animali. Sanno che cos'è un robot. Sanno perfettamente che cosa facciamo qui.»
«Gli squali?»
Eridentemente Frost non aveva raccontato tutto a van Maarten.
«Sì, gli squali. Non sono più squali, esattamente come le balene non sono più balene. Qualcosa li controlla. Gli uomini devono essere preparati.» Tossì un'altra volta, più violentemente. «In questa maledetta grotta non vedo niente. Che succede là fuori?»
Van Maarten rimase un attimo in silenzio. Poi sussurrò: «Mio Dio…»
«Ehi! Parli con me.»
«Sono comparsi altri animali. A decine… A centinaia! Stanno distruggendo i proiettori dell'isola luminosa. Frantumano tutto.»
«Come?»
«Si scordi il salvataggio, van Maarten.»
Nel suo casco c'era un tale fruscio che van Maarten dovette ripetere la risposta. «Ma gli uomini sono pronti.»
«Dica loro che qui sotto li aspettano delle forme di vita intelligente. Questi squali sono intelligenti. La sostanza nelle loro teste è intelligente. Due sommozzatori e un po' di lamiera non bastano. Pensi a qualcos'altro. Io ho ossigeno per quasi due giorni.»
Van Maarten esitò. «Va bene. Valutiamo la faccenda. Forse nelle prossime ore gli animali si ritireranno. Crede di essere al sicuro nella grotta?»
«E che ne so? Con squali normali sarei al sicuro, ma l'ingegno dei nostri amici non conosce limiti.»
«La tireremo fuori prima che finisca l'ossigeno, Gerhard!»
«La prego con tutto il cuore di farlo.»