«L'accumulatore del POD ha una carica di quattro ore.» Frost salì con colpi di pinna regolari, tenendo la console del Trackhound nella mano artificiale destra. Bohrmann lo seguì.
«Cari miei», esclamò Frost. «Purtroppo vi dobbiamo lasciare.»
Gli squali li seguirono. Se cercavano di avvicinarsi, cominciavano a tremare e le loro bocche si deformavano. Frost rideva e continuava a nuotare verso l'isola luminosa. La sua figura appariva piccola e bluastra davanti alla gigantesca superficie luminosa che rendeva ancora più netti i contorni. Bianco e blu, i colori degli abissi.
Bohrmann pensò alla nuvola blu che aveva visto in lontananza.
Ovvio!
Se ne ricordò di colpo. A causa dello spavento, aveva completamente dimenticato che si era formata poco prima dell'arrivo degli squali. Lo stesso fenomeno era stato responsabile dei cambiamenti nel comportamento delle balene e di tutta la serie di anomalie e catastrofi. Se era vero, allora non avevano a che fare con squali normali.
Perché quegli animali erano lì? Gli squali avevano un udito finissimo. Forse li aveva attirati l'esplosione. Ma perché li attaccavano? Né lui né Frost emanavano odori. Lo schema di caccia di quelle bestie non era così. Inoltre gli attacchi degli squali agli uomini in acque profonde erano rarissimi.
Si avvicinarono al bordo superiore dell'isola.
«Stan, con quei due c'è qualcosa che non va.»
«Non possono farti niente.»
«Sì, però…»
Uno dei due squali girò la testa ampia e piatta e nuotò di fianco a loro.
«Tuttavia non hai torto», affermò Frost. «Quello che mi colpisce è la profondità. I grandi pesci martello non sono mai stati osservati oltre gli ottanta metri. Mi chiedo se questi…»
Lo squalo si girò. Per un momento rimase immobile, con la testa leggermente sollevata e la schiena inarcata, la classica posizione minacciosa. Poi mosse con violenza la coda e sfrecciò verso Frost. Il vulcanologo fu così sorpreso che non abbozzò neppure un tentativo di difesa. L'animale s'impennò per un istante, poi colpì Frost con la parte più ampia del corpo.
Frost girò su se stesso come una trottola, con le braccia e le gambe divaricate.
«Ehi!» La console gli sfuggi di mano. «Che diavolo…»
Come dal nulla, sopra le sbarre apparve un terzo corpo. Avanzava sulla fila superiore dei proiettori e procedeva veloce, con un'eleganza sinistra. Era scuro, con un'alta pinna dorsale e la testa a forma di martello.
«Stan!» gridò Bohrmann.
L'ultimo arrivato era gigantesco, molto più grande degli altri due. Il suo martello si rovesciò in alto quando spalancò le fauci, mostrando le file di denti. Afferrò l'avambraccio destro di Frost e cominciò a scuoterlo.
«Merda», strillò Frost. «Che razza di animale è questo? Figlio dell'inferno! Lasciami, tu…»
Il pesce martello scuoteva selvaggiamente la grande testa spigolosa e intanto compensava il movimento con la pinna caudale. Doveva essere lungo sei o sette metri. Frost veniva sbattuto di qua e di là, come una foglia. Il suo braccio corazzato era scomparso fino alla spalla nella bocca dello squalo.
«Piantala», gridò.
«Per l'amor del cielo, Stan», urlò van Maarten. «Colpiscilo sulle branchie. Cerca di colpirgli gli occhi.»
Talvolta si era chiesto come sarebbe stato incontrare un simile gigante, essere aggredito o vedere qualcun altro attaccato. L'immaginazione non era niente in confronto alla realtà. Bohrmann non era né particolarmente coraggioso né particolarmente vigliacco. Lui definiva «coraggioso» colui che non sfuggiva i rischi, ma neppure se li andava a cercare. Benché, in passato, fosse stato definito un amante dell'avventura, adesso quella definizione sembrava del tutto priva di fondamento.
Bohrmann non fuggì. Si limitò a nuotare.
Gli si avvicinò uno degli squali più piccoli. I suoi occhi luccicavano, le mascelle si deformavano come percorse da un crampo. Evidentemente si stava forzando a superare il campo elettrico. Con un ultimo scatto, urtò Bohrmann.
Era come essere colpiti da un auto a tutta velocità.
Bohrmann fu sbattuto di lato e galleggiò verso l'isola luminosa. Il suo unico pensiero era non lasciare la console, qualunque cosa succedesse. Il Trackhound era il suo biglietto di ritorno. Senza la programmazione della rotta avrebbe vagato nell'oscurità fino all'esaurimento delle riserve di ossigeno.
Sempre ammesso che rimanesse in vita fino ad allora.