«Sì. Prendiamo una carica più potente, cerchiamo delle fessure nel terzo superiore del blocco e le facciamo saltare. Con un po' di fortuna, la parte superiore si rovescerà e così potremo togliere la parte sottostante senza compromettere la stabilità del fondo.»
«Va bene.»
Frost lo raggiunse nella nube. Risalirono un poco. La visuale era migliore. Si misero a cercare in maniera sistematica nel cuneo i punti adatti. Infine Frost trovò una profonda tacca e c'infilò dentro qualcosa che sembrava un pezzo di plastilina grigia. Poi infilò nella massa un bastoncino sottile come una matita.
«Dovrebbe bastare», disse, soddisfatto. «Salterà proprio bene. Adesso dobbiamo allontanarci.»
Accesero i Trackhound e si lasciarono trascinare fino al margine della zona illuminata, dove la scarpata si perdeva nel buio totale. Il particolato sospeso si manteneva nei limiti, così le onde luminose erano appena riflesse dalle alghe e da altre sostanze in sospensione, tuttavia il passaggio tra luce e tenebre era improvviso. Sott'acqua, la luce scompariva seguendo la serie delle lunghezze d'onda: dopo un paio di metri il rosso, poi l'arancione, infine il giallo. Oltre i dieci metri s'intuivano solo il grigio e il blu, finché l'assorbimento e la dispersione non inghiottivano anche quei residui. Da lì in poi, il mondo cessava di esistere.
A Bohrmann non piaceva l'idea di abbandonare la relativa protezione della zona illuminata per avventurarsi nell'imprevedibilità del buio. Con sollievo, si accorse che Frost non riteneva necessaria una grande distanza di sicurezza. Scorse indistintamente una fessura nella parete nel punto in cui il blu si perdeva nel nero. Forse c'era una grotta. Immaginò la lava che ne era uscita un tempo, rossa, incandescente, una poltiglia compatta che lentamente si raffreddava e si solidificava in forme bizzarre. All'interno del suo equipaggiamento cominciava a sentire freddo. Erano i brividi che lo percorrevano all'idea di trascorrere la vita lì sotto.
Sollevò lo sguardo verso l'isola luminosa. Intorno ai proiettori bianchi, fissati alle sbarre, non si vedeva altro che un alone blu.
«Bene», disse Frost. «Facciamola finita.»
Accese il detonatore.
Dal cuneo esplose una grande ondata di bolle d'aria, mischiate con frammenti e polvere. Rimbombò nel casco. Un anello scuro si allargò, seguito da altre bolle d'aria che trasportavano macerie in tutte le direzioni.
Bohrmann trattenne il respiro.
Lentamente, molto lentamente, la parte superiore del cuneo cominciò a piegarsi.
«Yeah!» urlò Frost. «Il Signore mi sia testimone!»
Il cuneo si rovesciava sempre più velocemente, trascinato dal suo stesso peso. Si ruppe a metà e cadde vicino al tubo, sollevando una nuvola ancora più grande. Nonostante il pesante equipaggiamento, Frost riusciva a saltare e a gesticolare. Sembrava Armstrong che saltellava sulla luna.
«Alleluia! Ehi, van Maarten,
Nel profondo del cuore, Bohrmann sperava che la scossa non provocasse altri smottamenti. In mezzo al fango che vorticava sentì i motori accendersi. Poi, improvvisamente, l'aspiratore tornò in vita. S'inarcò, poi sollevò lentamente la bocca dalla nuvola, come la testa di un verme gigantesco. L'apertura si mosse prima nella loro direzione, poi in quella opposta, come se stesse esaminando l'ambiente circostante. Se Bohrmann non avesse saputo che cos'aveva di fronte, si sarebbe dato per spacciato.
«Ce l'ha fatta!» gridò Frost.
«Siete i migliori», affermò van Maarten.
«Niente di nuovo», lo rassicurò Frost. «Spegnetelo, prima che si divori Gerhard e me. Diamo un'occhiata al punto in cui era bloccato. Poi risaliamo.»
Il tubo salì ancora un pezzo, lasciò sprofondare la sua bocca rotonda e poi rimase a penzolare in mezzo alla luce. Frost cominciò a nuotare e Bohrmann lo seguì. Faceva scorrere lo sguardo sull'isola e poi lo spostava. Qualcosa lo innervosiva, benché non sapesse esattamente cosa.
«Faccenda torbida…» mormorò Frost, davanti alla nuvola. «Guarda un po' a destra, Gerhard, in quella brodaglia ci vedi meglio di me.»
Bohrmann accese il proiettore del suo Trackhound, rifletté per qualche istante e infine lo spense.
Che c'era laggiù? I suoi sensi gli stavano forse giocando un brutto tiro?
Rivolse di nuovo lo sguardo all'isola luminosa e la fissò a lungo. Gli sembrava che i proiettori diffondessero una luce più forte rispetto a prima, ma era impossibile. Avevano lavorato sempre alla massima potenza.
Non erano i proiettori. Era l'alone blu. Si era ingrandito.
«Vedi là?» Bohrmann indicò l'isola.
Frost seguì il movimento con lo sguardo. «Non posso…» Si bloccò. «Che cos'è?»
«La luce», disse Bohrmann. «La luminescenza blu.»
«Per Ariel e Uriel», sussurrò Frost. «Hai ragione. Si allarga.»