Bohrmann mosse le dita e cercò di premere i tasti con la mano artificiale. Stavolta fu meno disinvolto. Non riuscì al primo tentativo e volò oltre Frost che, nel frattempo, aveva rallentato.
«Ehi, Gerhard! Dove diavolo vuoi andare?»
Provò di nuovo. La mano artificiale scivolava, poi finalmente lui riuscì a fermare il «cane». Bohrmann sbatté le pinne e si mise in posizione orizzontale. In effetti era arrivato molto vicino all'isola luminosa, che si stendeva in tutte le direzioni, apparentemente infinita. Dopo qualche secondo, recuperò il senso dell'orientamento e l'isola fu sotto di lui.
Con movimenti regolari, nuotò verso il tubo incagliato e scese di fianco a esso. L'isola luminosa galleggiava una quindicina di metri sopra la sua testa. I vermi cominciarono a strisciargli sulle pinne. Fu costretto a farsi violenza per ignorarli. Non potevano fare nulla al materiale della tuta e, in fondo, erano solo disgustosi. Un vermiciattolo non sarebbe mai diventato pericoloso per un essere vivente delle sue dimensioni.
D'altra parte, che si sapeva di vermi che in realtà non dovevano neppure esistere?
Il Trackhound si era posato al suo fianco. Bohrmann lo parcheggiò su uno sperone di roccia e osservò il tubo. Le eliche del motore erano bloccate da frammenti di nera roccia vulcanica, alti come un uomo. Quello si poteva risolvere. A preoccuparlo era il grande cuneo — alto circa quattro metri — che spingeva il tubo contro la parete rocciosa. Bohrmann dubitava che in due sarebbero riusciti a smuoverlo, benché sott'acqua tutto fosse meno pesante e la pietra lavica fosse leggera e porosa.
Frost lo raggiunse. «Disgustoso», borbottò. «Figli di Lucifero ovunque.»
«Come?»
«Vermi che brulicano e strisciano! Sembra una piaga biblica! Va bene, nuotiamo più in basso. Propongo di togliere i blocchi più piccoli e vedere fin dove possiamo arrivare. Van Maarten?»
«Eccomi.» La voce di van Maarten risuonò, metallica, nel casco. Bohrmann si era completamente scordato che erano collegati anche con l'
«Ora proviamo a mettere un po' d'ordine. Come prima cosa, libereremo i motori. Forse basterà per consentire all'aspiratore di liberarsi da solo.»
«Va bene. Tutto a posto, Bohrmann?»
«Benissimo.»
«State attenti.»
Frost indicò un masso roccioso quasi rotondo che bloccava l'articolazione di una delle eliche. «Cominciamo con quello.»
Si misero all'opera per spostare la pietra. Dopo averla spinta e tirata per un po', essa scivolò via, liberò il motore e spiaccicò sotto di sé qualche centinaio di vermi.
«Yeah», esclamò Frost soddisfatto.
Riuscirono a spostare nello stesso modo altri due blocchi. La pietra successiva era più grande, ma con un po' più d'impegno riuscirono a rovesciarla da una parte.
«Come si è forti, sott'acqua», si rallegrò Frost. «Abbiamo liberato tutti i motori tranne uno. Non sembrano danneggiati. Riesci a muovere l'articolazione? Non accendere l'elica, girala solo!»
Passarono alcuni secondi, poi si sentì un ronzio: una delle turbine che ruotava sullo snodo. Subito dopo si mossero anche le altre.
«Molto bene», gridò Frost. «Ora provate a mettere in funzione quelle cose.»
Per sicurezza si spostarono di qualche metro dalla proboscide, poi rimasero a guardare le eliche che si accendevano.
Il tubo sussultò. Non accadde nient'altro.
«Niente», disse van Maarten.
«Sì, lo vedo anch'io.» Frost era imbronciato. «Provate ancora. Girate quelle cose in un'altra direzione.»
Anche quel tentativo non funzionò. In compenso, le eliche avevano cominciato a far vorticare il fango. L'acqua divenne torbida.
«Stop!» Frost gesticolava con le sue braccia segmentate. «Fermatevi lassù! Non serve a niente, c'impedite solo di vedere.»
Le eliche si fermarono. La nuvola di fango si divise in strisce chiare. La fine del tubo si vedeva appena.
«Va bene.» Frost aprì un box piatto sul fianco dell'Exosuit e prese due oggetti delle dimensioni di una matita. «Il nostro problema è quel blocco gigantesco. So che non ti piacerà, Gerhard, ma dobbiamo far saltare quella maledetta cosa.»
Bohrmann spostò lo sguardo sui vermi che stavano progressivamente riprendendo possesso della parte già ripulita. «È rischioso», disse.
«Usiamo una piccola carica esplosiva. Propongo di piazzarla alla base, dove il cuneo si è conficcato nel fondo. Gli strappiamo via le gambe, insomma.»
Bohrmann fece un balzo, alzandosi di qualche metro verso il cuneo. Intorno a lui, l'acqua era torbida. Accese l'illuminazione del casco e si lasciò sprofondare nella nube di sedimenti. Con cautela, si mise in ginocchio e portò il suo casco il più vicino possibile al punto in cui il blocco si era conficcato nel suolo. Con la mano artificiale spazzò via i vermi. Alcuni tirarono fuori le loro fauci e cercarono di mordere l'arto artificiale. Bohrmann li scrollò via e studiò la struttura dei sedimenti, scorgendo sottili venature di un bianco sporco. Quando le colpì con la mano artificiale, il pietrisco si disintegrò e verso di lui si mossero delle piccole bolle. «No», disse. «Non è una buona idea.»
«Ne hai una migliore?»