Johanson rimase in silenzio. Vanderbilt e Anderson si avvicinavano sempre di più. Lui fece un passo di lato e i due nuovi arrivati si fermarono.
«Dobbiamo discutere di qualcosa?» chiese Johanson.
«Prima l'ho offesa», disse Vanderbilt. «Volevo scusarmi.»
Johanson aggrottò la fronte. «Molto nobile da parte sua, Jack. Le accetto. C'è altro?»
Vanderbilt sollevò il volto nel vento. I radi capelli biondi svolazzavano come erba sottile. «C'è un freddo maledetto, qui fuori», disse, rimettendosi lentamente in movimento. Anderson lo imitò. I due si erano disposti in modo tale da circondare Johanson. Lui non sarebbe riuscito a passarci in mezzo, e neppure a destra o a sinistra.
Quello che avevano intenzione di fare era così evidente che quasi non si sorprese. Ebbe solo una paura tremenda, contro cui non poté fare nulla. Paura unita a una rabbia disperata. Involontariamente fece un passo indietro e si rese subito conto che era stato un errore. Ormai era molto vicino al bordo. Non avrebbero dovuto sforzarsi troppo. Con un colpo violento, lui sarebbe finito in una delle reti sottostanti o addirittura oltre, in mare.
«Jack… Non è che ha intenzione di uccidermi?»
«Mio Dio, come le viene in mente?» Vanderbilt spalancò gli occhi, fingendo stupore. «Voglio parlare con lei.»
«E che ci fa qui Anderson?»
«Oh, era da queste parti. È stato un caso. Pensavamo…»
Johanson scattò verso Vanderbilt, poi si abbassò, scartando verso destra. Si era allontanato dal bordo. Anderson balzò verso di lui. Per un momento, quell'improvvisata manovra diversiva sembrò avere successo; poi Johanson si sentì afferrare e trascinare indietro. Il pugno di Anderson partì e lo colpì sul volto.
Incespicò, scivolando sulla piattaforma.
Con calma, Anderson gli si avvicinò. Le sue mani enormi sparirono sotto le ascelle di Johanson e lo sollevarono. Johanson cercò d'infilare le dita sotto quelle di Anderson, per liberarsi dalla presa, ma era come se fosse rinchiuso in una gabbia di cemento. I suoi piedi si staccarono dalla passerella. Agitava selvaggiamente le gambe mentre Anderson lo portava verso il bordo, dove Vanderbilt li aspettava, guardando in basso con aria sprezzante.
«Moto ondoso di merda», borbottò il dirigente della CIA. «Spero che non abbia niente in contrario se la buttiamo giù, dottor Johanson. Dovrà nuotare un po'.» Girò la testa e digrignò i denti. «Ma non tema, non sarà per molto. La temperatura dell'acqua è al massimo di due gradi. Troverà addirittura piacevole il modo in cui tutto diventerà tranquillo, come perderà la sensibilità, come rallenterà il battito cardiaco…»
Johanson iniziò a gridare. «Aiuto!» strillava con tutte le sue forze. «Aiuto!»
I suoi piedi ormai sporgevano oltre il bordo. Sotto di lui c'era la rete. Usciva per meno di due metri. Non abbastanza. Anderson l'avrebbe gettato oltre senza la minima fatica.
«
E, con sua enorme sorpresa, l'aiuto arrivò.
Prima sentì Anderson che ansimava. Poi avvertì di nuovo la piattaforma sotto di sé. Infine il cielo si rovesciò. Anderson era caduto sulla schiena, trascinandolo con sé. Per qualche istante le mani dell'uomo lo strinsero ancora, poi si sciolsero. Johanson rotolò di lato, strisciò via e poi balzò in piedi.
«Leon!» esclamò.
La scena davanti ai suoi occhi era grottesca. Anderson cercava di rialzarsi, imprecando. Anawak, da dietro, si era aggrappato alla sua giacca e i due erano finiti a terra. E adesso Anawak stava cercando di strisciare via da sotto l'uomo caduto, ma senza lasciarlo: un'impresa impossibile.
Johanson fece per muoversi.
«Fermo!» Vanderbilt gli sbarrò la strada. Nella sua mano era apparsa una pistola. Lentamente girò intorno ai due uomini a terra finché non arrivò con la schiena rivolta all'ingresso della piattaforma. «Bel tentativo», disse. «Ma ora basta. Dottor Anawak, sarebbe così gentile da permettere a Mister Anderson di rialzarsi? Sta solo facendo il suo dovere.»
Anawak staccò le dita dalla giacca a vento di Anderson e questi balzò in piedi. Non attese neppure che il suo avversario si rialzasse, ma lo sollevò come un sacco. Un attimo dopo, Anawak volava verso il bordo.
«No!» gridò Johanson.
L'altro cadde sulla piattaforma e prese a scivolare.
La testa di Anderson si voltò verso Johanson. Occhi privi di espressione lo guardarono. Poi l'uomo allungò un braccio, lo ritrasse e gli sferrò un pugno nello stomaco. Johanson annaspò, alla ricerca d'aria. Nelle sue viscere si allargarono ondate di dolore. Si ripiegò come un coltello a serramanico e cadde sulle ginocchia.
Il dolore era insopportabile. Non poteva rialzarsi.
Stava lì, accovacciato, cercando disperatamente di respirare, mentre il vento lo frustava. E attendeva che Anderson lo colpisse di nuovo.
PARTE QUARTA
Discesa