Читаем Il quinto giorno полностью

Attenzione! Questa è una cosa completamente diversa. Non c'è spazio per le varianti nei calcoli della tavola pitagorica. La velocità della luce rimane sempre la velocità della luce. Le formule matematiche sono immutabili finché descrivono lo stesso spazio fisico. La matematica non permette valutazioni. Le formule non vivono in una caverna o su un albero, non si possono accarezzare, non digrignano i denti se ci si avvicina troppo. Non c'è una legge della gravitazione che sia la media di molte altre, ne esiste una sola. Certo, attraverso la matematica abbiamo stabilito un contatto, ma per questo ci comprendiamo a vicenda? Il modo di etichettare il mondo segue le peculiarità della storia della cultura, e ogni cultura vede il mondo in maniera diversa. Gli inuit non hanno un'unica parola per la neve; identificano centinaia di tipi di neve. Il popolo dei dani in Nuova Guinea non possiede una definizione per i colori.

Cosa vedi?

Karen fissa nell'oscurità. Il batiscafo segue tranquillo la propria rotta, sempre inclinato di sessanta gradi, a dodici nodi di velocità. È già sceso di millecinquecento metri. Dal rivestimento del Deepflight non arrivano né gemiti né scricchiolii. Nella cabina tubolare a fianco c'è Mick Rubin. Cerca di non pensarci. È strano volare nella notte con un morto.

Un messaggero morto al quale sono affidate tutte le speranze.

Un lampo improvviso.

Gli yrr?

No, qualcos'altro. Cefalopodi. È finita in un banco. Improvvisamente si trova a scivolare in mezzo a una Las Vegas sottomarina. Nell'eterna notte, i possibili partner non possono essere impressionati né dagli abiti vivaci né dalle danze. Quando i giovani sono a caccia di una compagna, sfoggiano la luminescenza. Intere serie di organi scintillano con batteri luminosi posti nei fotofori, piccole tasche trasparenti che si aprono e si chiudono, una tempesta di luci, l'urlo codificato degli abissi. In questo caso, sembra che non si tratti di fare la corte al batiscafo di Karen. I lampi servono per spaventare. Sparisci, dicono, e, dato che Karen non se ne va, gli animali aprono completamente i loro fotofori e la mandano in visibilio coi loro abiti uniformemente luminosi. In mezzo ci sono organismi più piccoli, chiari, con un nucleo rosso o blu: meduse.

Poi si aggiunge qualcosa che Karen non può vedere, ma che il sonar rileva. Una massa grande e compatta. Per un momento lei pensa a un insieme di yrr. Ma quelli sono luminosi e invece la cosa è nera come il mare tutt'intorno. Ha una forma allungata, massiccia da una parte e affilata verso la parte opposta. Karen sta volando proprio verso di lei. Solleva un po' il Deepflight e scivola appena sopra l'essere e, nello stesso istante, capisce cos'ha appena evitato.

Le balene devono bere. Può sembrare assurdo per chi trascorre la vita sott'acqua, ma, per una balena, il pericolo di morire di sete nell'oceano è tanto elevato quanto per un naufrago. Le meduse sono fatte quasi esclusivamente di acqua, come pure i cefalopodi, e forniscono molti liquidi vitali; per questo il capodoglio cerca i cefalopodi e le meduse. S'immerge verticalmente fino a mille, duemila, a volte anche tremila metri, rimane laggiù poco più di un'ora, ritorna in superficie per una decina di minuti per respirare e poi s'immerge di nuovo.

Karen ha incontrato un capodoglio. Un predatore inquieto con una buona vista. Sto attraversando un regno di tenebre e di buona vista. Quaggiù tutti ci vedono bene.

Cosa vedi? E cosa non vedi?

Stai percorrendo una strada. A una certa distanza, scorgi un uomo che ti viene incontro. Un po' più in là c'è una donna che porta a spasso il cane. Clic, un'istantanea! Descrivi quanti esseri viventi ci sono in strada e a che distanza sono tra loro.

Siamo in quattro.

No, siamo di più. Fra gli alberi vedo tre uccelli… allora siamo in sette. L'uomo è a diciotto metri da me, la donna a quindici. Il cane a tredici e mezzo, la tira in avanti, ha il collare. Gli uccelli sono a dieci metri di altezza e a mezzo metro l'uno dall'altro. No! In realtà, su quella strada, ci sono miliardi di esseri viventi. Soltanto tre sono umani. Uno è un cane. Oltre i tre uccelli, ce ne sono altri cinquantasette che io non vedo. Pure gli alberi sono esseri viventi, sulle loro foglie e nella corteccia abita una miriade d'insetti. Nel piumaggio di ogni uccello ci sono gli acari, come pure nei pori della nostra pelle. Nel pelo del cane vive una pattuglia di cento pulci, quattordici zecche, due moscerini; nel suo intestino e nello stomaco migliaia di minuscoli vermi. La sua saliva è piena di batteri. Anche su di noi ci sono tutti quegli esseri e la distanza tra le forme di vita è praticamente zero. Spore, batteri e virus si spostano nell'aria, formano catene organiche di cui noi facciamo parte, ci trasformano tutti in un superorganismo. E il mare si comporta nello stesso modo.

Cosa sei tu, Karen Weaver?

L'unica forma di vita umana presente da queste parti, se si esclude Rubin, che non è più una forma di vita perché è morto.

Sei una particella.

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