Qualcosa lo colpì sul viso. Un braccio. Lo afferrò e lo tenne stretto, sbatté i piedi, ma non ebbe la sensazione di andare avanti. Fu scagliato da una parte e immediatamente trascinato indietro, in tutte le direzioni contemporaneamente. I polmoni gli dolevano come se stesse respirando fuoco liquido. Doveva tossire. Quell'ottovolante subacqueo gli dava anche una profonda nausea.
Improvvisamente la testa sbucò in superficie.
Luce fioca.
Samantha emerse al suo fianco. Lui le teneva sempre stretto il braccio. La donna aveva gli occhi chiusi e sputacchiava. Finì ancora sott'acqua e lui la tirò su. Intorno, l'acqua schiumava e ribolliva. Anawak alzò la testa e comprese che erano sul fondo del tunnel della rampa. Dove una volta c'era il gomito che portava al laboratorio e al ponte a pozzo, adesso infuriavano le onde.
L'acqua saliva ed era freddissima.
Acqua gelida direttamente dall'oceano.
La sua tuta di neoprene lo avrebbe protetto per un po' contro l'ipotermia. Ma Samantha non la indossava.
Fu preso da una paura sconosciuta. Non voleva morire. Non voleva che finisse così. Amava la vita. L'amava tantissimo e aveva ancora tante cose da fare. Non poteva morire. Non era ancora arrivato il suo momento. Un'altra volta, bene, ma adesso no.
La paura era insopportabile.
Finì di nuovo sott'acqua. Qualcosa gli aveva toccato la testa. Era un'oggetto non particolarmente duro, ma che lo teneva sotto. Anawak sbatté le gambe e si liberò. Riemerse, boccheggiando, e vide ciò che l'aveva colpito. Il suo cuore fece un balzo.
Uno degli zodiac era stato sputato fuori dal ponte a pozzo, probabilmente liberato dall'onda d'urto dell'esplosione. Galleggiava, girando su se stesso nell'acqua schiumosa che continuava a crescere nel tunnel della rampa. Un gommone intatto, dotato di fuoribordo e cabina antipioggia. Pensato per otto persone, quindi più che sufficiente per due, e completo di attrezzature d'emergenza.
«Sam!» gridò.
Non la vedeva. Intorno a lui c'era soltanto nera acqua gorgogliante.
L'acqua continuava a salire. Oltre metà del tunnel era sommerso. Allungò le braccia, si sollevò sul bordo di gomma dello zodiac e si guardò intorno. Samantha era sparita. «No», urlò. «No, maledizione, no!»
Si sollevò nella barca, che oscillava violentemente. Muovendosi carponi, andò dalla parte opposta e guardò in acqua.
Samantha era là!
Galleggiava vicino allo zodiac. Le onde le coprivano il viso. Il gommone gli aveva impedito di vederla. La donna agitava debolmente le mani e aveva gli occhi semichiusi. Anawak si chinò verso l'esterno, riuscì ad afferrarle i polsi e la tirò.
«Sam!» strillò.
Le palpebre della donna vibrarono. Poi lei tossì e buttò fuori l'acqua. Anawak puntò i piedi contro il bordo e la tirò a sé. Le braccia gli dolevano talmente che temeva di non farcela, ma la volontà gli diceva che quella era l'unica strada percorribile per salvare Samantha.
Gemeva e si lamentava, gridava e imprecava, tirava e trascinava… Poi improvvisamente la donna fu a bordo.
Anawak cadde seduto.
Non aveva più forze.
Lo zodiac girava sempre più in fretta. Ballava sulla colonna d'acqua in salila verso il ponte dell'hangar. Ancora un breve tratto e sarebbero stati sputati proprio lì. Anawak si alzò, ma ricadde subito. Si trascinò fino alla cabina di guida e si rialzò, aggrappandosi ai sostegni della parete. Lo sguardo gli cadde sulla strumentazione. Era disposta intorno al timone ed era identica a quella del
Sollevò lo sguardo. Stavano risalendo la parte finale della rampa. Si aggrappò e attese il momento giusto.
D'un tratto furono fuori dal tunnel. Un'ondata li scagliò via e li spedì nell'hangar, che aveva già iniziato a riempirsi.
Anawak accese il fuoribordo.
Niente.
Ancora niente.