Читаем Il quinto giorno полностью

Karen richiama i suoi pensieri ormai arrivati fino all'Africa e ridotti a particelle. Deve concentrarsi sul presente. Potrebbe essere in viaggio da cento anni. All'esterno, scorrono a una certa distanza luci spettrali, ma non sono gli yrr, bensì banchi di gamberetti luminosi. Non si riesce a riconoscerli con precisione. Forse sono piccole seppie o qualcosa di completamente diverso.

Duemilacinquecento metri.

Ancora circa mille metri al fondale. Intorno a lei non sembra esserci altro che acqua, ma d'un tratto il sonar comincia a suonare freneticamente. Le dice che si sta avvicinando qualcosa di massiccio. Deve essere di dimensioni enormi e si sta avvicinando proprio a lei. Una superficie impenetrabile che sprofonda sopra di lei. Karen sente la paura latente trasformarsi in panico. Mentre quella cosa gigantesca si avvicina, lei fa una virata di centottanta gradi. I microfoni esterni portano nel Deepflight un frastuono che non ha nulla di terrestre e diventa sempre più alto, qualcosa tra un ruggito e un gemito. Karen è tentata di scappare, ma poi la curiosità ha la meglio. È abbastanza distante da quel qualcosa sconosciuto e non sembra che l'essere la stia inseguendo.

Ammesso che sia un essere.

Con una seconda virata, scivola a velocità ridotta verso di lui. Ora è alla sua altezza, proprio davanti. Il Deepflight vibra nelle turbolenze.

Turbolenze?

Che può essere? È così grande! Una balena? Ma ha le dimensioni di dieci balene. O di cento. O più ancora.

Accende i proiettori.

Nello stesso istante, si rende conto di essersi avvicinata alla cosa più del previsto. La vede ai margini del cono di luce. Per un momento, Karen è troppo sbalordita per determinare genere e origine della piatta superficie che sta transitando davanti a lei finché nei proiettori non appare qualcosa di chiaro. Linee dritte e curve lunghe metri, che le risultano spaventosamente note, e formano un nome:

USS Inde…

Lo shock la fa gridare.

L'urlo risuona senza riverbero e la riporta alla consapevolezza di essere incapsulata nel suo tubo, sola. E ora che vede la nave affondare davanti ai suoi occhi è ancora più sola. I suoi pensieri corrono a Leon, a Sigur, a Samantha, a Murray, agli altri.

Leon!

Continua a fissare, sbalordita.

Per un attimo compare il bordo del ponte di volo, poi sparisce. Il resto rimane nascosto nel buio. Si vedono solo danzare le bolle dell'aria che esce.

Subito dopo, un vortice trascina con sé il Deepflight.

No!

Karen cerca febbrilmente di stabilizzare il batiscafo. Maledetta curiosità! Perché non ha saputo aspettare a distanza di sicurezza? I sistemi indicano che non c'è neppure una cosa in ordine. Karen cerca di risalire, spingendo il batiscafo alla massima velocità. Il Deepflight lotta e barcolla, seguendo l'Independence nella fossa, poi finalmente rivela la genialità del suo progetto, riesce a sfuggire al vortice e risale velocemente.

Da un secondo all'altro, tutto torna come se nulla fosse accaduto.

Il cuore le batte all'impazzata. Le rimbomba nelle orecchie. Come uno stantuffo, spinge il sangue al cervello. Karen spegne i proiettori, abbassa con calma il Deepflight e riprende il suo viaggio negli abissi del bacino di Groenlandia.

Dopo un po', qualche minuto o forse pochi secondi, piange. Tutti i pensieri sgorgano. Piange come una vite tagliata. Che significa? Sapeva che l'Independence sarebbe affondata, lo sapevano tutti, ma così in fretta…

Certo, sapevamo anche quello.

Ma ignora se Leon è ancora vivo. E cosa ne è di Sigur.

Si sente spaventosamente sola.

Voglio tornare indietro!

«Voglio tornare indietro!»

Col volto rigato dalle lacrime, le labbra che tremano, comincia a dubitare della sensatezza della sua missione. Non ha incontrato gli yrr, benché il fondale sia sempre più vicino. Controlla gli strumenti. Il computer la tranquillizza. Le dice che è in viaggio da circa mezz'ora e che si trova a duemilasettecento metri di profondità.

Mezz'ora. Per quanto deve ancora resistere lì sotto?

Vuoi vedere tutto?

Cosa?

Vuoi vedere tutto, piccola particella?

Karen tira su col naso. Un rumore forte e distinto, molto terrestre in quel nero Paese delle meraviglie.

«Papà?» piagnucola.

Calma. Calmati.

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