La luce blu splende ovunque. Il Deepflight è sospeso in mezzo alla nuvola in fusione. Karen sa che la gelatina si può contrarre in un tessuto estremamente resistente, ma non vuole soffermarsi a riflettere su quello che potrebbe succedere al batiscafo se quel muscolo composto da esseri unicellulari si dovesse chiudere intorno a lei. Le compare davanti agli occhi l'immagine di un pugno enorme che schiaccia un uovo.
È a poco più di dieci metri dal fondo.
Dovrebbe bastare.
Ora.
La pressione di un dito decide tutto. Basta non aver guardato bene, basta che il dito tremi per il nervosismo e la paura e potrebbe aprire l'abitacolo sbagliato. Morte istantanea. A tremilacinquecento metri di profondità, la pressione è di 385 atmosfere. Non si perde la forma corporea, ma la vita sì.
Karen apre l'abitacolo giusto.
Al suo fianco, la copertura della cabina tubolare del copilota si mette in verticale. L'aria viene espulsa come in un'esplosione e spinge in alto il corpo di Rubin, facendolo uscire in parte. Karen rallenta la velocità del velivolo sottomarino — quasi ingovernabile con un abitacolo aperto — e lo fa abbassare in modo che il corpo di Rubin venga catapultato fuori. Il cadavere nero si staglia sullo sfondo della tempesta blu in avvicinamento. L'ambiente estraneo gli squassa i tessuti e gli organi, gli frantuma il teschio; sotto la pressione della sua stessa muscolatura, gli rompe le ossa e spreme i liquidi corporei.
Tutto è illuminato.
Il corpo di Rubin che ruota su se stesso viene preso dalla gelatina e spinto contro il batiscafo in fuga. L'organismo arriva anche da altre direzioni, da tutte contemporaneamente, da sopra e da sotto. Si stringe intorno al batiscafo e a Rubin, si solidifica, Karen urla per il terrore…
Il batiscafo è libero.
Quasi con la stessa velocità con cui si sono avvicinati, gli yrr si ritirano. Di molto. Sembrano
Karen sente se stessa gemere.
Il mare intorno a lei è ancora blu. Luci sfumate attraversano l'imponente massa di gelatina che circonda il batiscafo come una muraglia chiusa e insuperabile. Karen gira la testa e vede il volto fracassato di Rubin illuminato debolmente dagli strumenti della console. È stato schiacciato dal tessuto in contrazione contro un lato iella cupola e fissa l'interno con le orbite vuote. Gli occhi sono stati sciolti dalla pressione idrostatica e al loro posto c'è solo un liquido che cola. Poi il cadavere si stacca lentamente e ricade nella notte. Di nuovo è solo un'ombra sullo sfondo illuminato, cade con un movimento stranamente avvitato, come se facesse una danza goffa e infinitamente lenta in onore di dei pagani.
Karen trae un profondo respiro e si costringe alla calma. In altre circostanze, sarebbe già stata male, ma non ha semplicemente tempo per farlo.
L'anello continua a ritirarsi e si avvolge su se stesso. Da sotto riemerge il nero. Onde attraversano i bordi dell'organismo, che si arrotola sempre di più, mentre il cadavere di Rubin si fonde con l'oscurità. Contemporaneamente, dall'alto giungono alcuni tentacoli sottili a punta, simili a liane della foresta vergine. Sono coordinati e hanno una meta precisa. Trovano Rubin e iniziano a toccarlo. Karen non riesce a vedere il corpo, ma il sonar lo rileva e i movimenti cauti dei tentacoli fanno concludere che essi stanno toccando una figura umana.
Sulle punte si formano fili ancora più sottili che toccano ogni singola parte del corpo. Di tanto in tanto scivolano l'uno sull'altro, come se stessero facendo un silenzioso consulto. A differenza di tutto ciò che Karen aveva visto degli yrr fino a quel momento, i tentacoli splendono di un bianco cangiante. Il tutto crea un effetto coreografico, un balletto silenzioso. D'un tratto Karen risente la musica della sua infanzia:
… bellezza.
In mezzo a quella bellezza, lei ha ritrovato i suoi genitori.
Karen solleva la testa.
Sopra di lei si avvolge una campana gigantesca splendente di blu, alta come il cielo.