Nel corso della storia dell'evoluzione, la natura era arrivata a creare impressionanti miscele di veleni. E, nel caso delle vespe di mare, aveva fatto un vero capolavoro. Il veleno di un unico animale era sufficiente a uccidere duecentocinquanta uomini. L'efficientissimo inibitore nervoso provocava un'immediata perdita di coscienza. La maggior parte delle vittime moriva per collasso cardiaco e annegamento nel giro di alcuni minuti, spesso addirittura di qualche secondo.
Mentre fissava il televisore, Johanson ragionava su quei fatti.
Stavano cercando di prendere per scemi i telespettatori. Era mai successo che su un'unica costa ci fossero quattordici morti contemporaneamente? E che tutte le vittime fossero state uccise dalla stessa specie di meduse? E che cosa voleva dire quell'altra storia, quella della scomparsa delle navi?
Caravelle portoghesi nel Sudamerica, vespe di mare in Australia, invasione di policheti in Norvegia.
Ripose gli ultimi capi d'abbigliamento, spense il televisore e andò in sala per ascoltare un CD o per leggere qualcosa.
Ma Johanson non ascoltò un CD e non prese neppure un libro. Andò avanti e indietro, poi guardò dalla finestra la strada illuminata dai lampioni.
Era così tranquillo, al lago.
Era così tranquillo, lì.
Ma, se era tutto troppo tranquillo, allora qualcosa non andava.
Si versò una grappa, la sorseggiò e cercò di non pensare al telegiornale.
Gli venne in mente qualcuno che avrebbe potuto chiamare per avere informazioni.
Olsen rispose dopo il terzo squillo.
«Stavi già dormendo?» chiese Johanson.
«I bambini mi hanno tenuto sveglio», disse Olsen. «È il compleanno di Maria, ha cinque anni. Com'è andata al lago?»
Olsen era un padre di famiglia sempre di ottimo umore. Conduceva una vita borghese, cioè una vita che faceva inorridire Johanson. Non si frequentavano al di fuori del lavoro, se non per la pausa di mezzogiorno. Ma Olsen era una brava persona ed era dotato di senso dell'umorismo. Doveva avere
«Qualche volta dovresti venire con me», gli propose Johanson, senza pensarlo davvero. Con la medesima convinzione avrebbe potuto dirgli: «Dovresti far saltare per aria la tua macchina» oppure: «Dovresti vendere un paio dei tuoi bambini».
«Certo, volentieri», rispose Olsen.
«Hai visto il telegiornale?»
Ci fu una breve pausa. «Vuoi dire per le meduse?»
«Esatto! Pensavo che t'interessasse. Cos'è successo?»
«E cosa vuoi che sia successo? Le invasioni ci sono sempre state. Rane, cavallette, meduse…»
«Mi riferisco in particolare alle caravelle portoghesi e alle vespe di mare.»
«Questo è insolito», disse Olsen.
«Ne sei sicuro?»
«È insolito che le due specie più pericolose di meduse turbino il mondo. E quello che hanno detto al telegiornale suona quantomeno bizzarro.»
«Diciassette morti in cento anni», suggerì Johanson.
«Stupidate.» Olsen sbuffò, sprezzante.
«Meno?»
«Di più! Molte di più, circa novanta, se conti anche il golfo del Bengala e le Filippine, per non parlare dei dati nascosti. Naturalmente l'Australia ha problemi con quella robaccia gelatinosa, specialmente con le vespe di mare, da tempo immemorabile. Le vespe di mare depongono le uova a nord di Rockhampton, alle foci dei fiumi. Quasi tutti gli incidenti accadono nelle acque basse. Nel giro di tre minuti sei morto.»
«La stagione è giusta?» chiese Johanson.
«Per l'Australia, sì. Da ottobre a maggio. In Europa, rompono le scatole quando sulle spiagge si muore dal caldo. L'anno scorso eravamo a Minorca e quasi i bambini ci sono finiti in mezzo, perché c'erano tonnellate di
«Cosa c'era?»
«
«E cosa ci sarebbe di singolare?»