«Certo. Ho l'impressione che sia
Olsen rise. «Sciocchezze. Di certo si tratta di anomalie. Osservato in superficie, ha l'apparenza di un fenomeno ciclico, ma secondo me è qualcos'altro.»
«Te lo dice la tua pancia?» chiese Johanson.
«La mia pancia mi dice che stasera ho mangiato involtino di manzo. Non è in grado di dire altro. No, lo dice la mia testa.»
«Bene. Grazie. Volevo solo sentire la tua opinione.» Rifletté. Doveva raccontare a Olsen dei vermi? Forse la Statoil non sarebbe stata particolarmente felice di dare in pasto all'opinione pubblica quell'argomento, e Olsen parlava un po' troppo.
«Ci vediamo domani a pranzo?» chiese Olsen.
«Sì, volentieri.»
«Vedrò se riesco a raccogliere qualcos'altro sulla faccenda.»
«Va bene. A domani», disse Johanson e riagganciò. Solo in quel momento rammentò che avrebbe voluto chiedere a Olsen anche della navi scomparse. Ma non voleva ritelefonargli. Il giorno dopo ne avrebbe saputo abbastanza.
Si chiese se l'invasione delle meduse l'avrebbe elettrizzato allo stesso modo se non avesse saputo dei vermi.
No. Probabilmente no. Non erano le meduse.
Erano le connessioni. Ammesso che ce ne fossero davvero.
Il mattino seguente, durante il tragitto verso l'NTNU, Johanson aveva ascoltato il notiziario, non aveva scoperto niente di più di quanto già sapeva: c'erano barche e persone disperse in diverse parti del mondo. Si facevano speculazioni a non finire, ma nessuno forniva una vera spiegazione.
La sua prima lezione era alle dieci; aveva quindi tempo sufficiente per leggere le e-mail e la posta. Fuori pioveva a dirotto e un cielo plumbeo incombeva su Trondheim. Quando Olsen infilò la testa nel suo ufficio, Johanson aveva appena acceso la lampada da tavolo e si era messo alla scrivania con una tazza di caffè, necessaria per svegliarsi completamente.
«Folle, vero?» esclamò Olsen. «Non finisce.»
«Che cosa non finisce?»
«Una notizia funesta dopo l'altra. Non ascolti i notiziari?»
Johanson si dovette concentrare. «Parli delle navi scomparse? Volevo proprio chiedere la tua opinione. Ieri, a furia di parlare di meduse, me ne sono dimenticato.»
Olsen scosse la testa ed entrò. «Pensavo che mi volessi offrire un caffè», disse, guardandosi intorno con interesse. Tra le caratteristiche allo stesso tempo apprezzabili e snervanti di Olsen c'era anche la curiosità.
«Nella stanza a fianco», spiegò Johanson.
Olsen si appoggiò alla porta aperta che si apriva sull'ufficio contiguo e ordinò ad alta voce un caffè. Poi si sedette e lasciò vagare lo sguardo nella stanza. La segretaria entrò, posò sgarbatamente una tazza sulla scrivania e, prima di andarsene, indirizzò a Olsen uno dei suoi sguardi assassini.
«Ma che cos'ha?» si meravigliò Olsen.
«Il caffè io me lo faccio sempre da solo», disse Johanson. «La caffettiera è proprio lì di fianco con latte, zucchero e tazze.»
«Permalosa la signora, eh? Mi dispiace. La prossima settimana porterò dei biscotti fatti in casa. Mia moglie fa dei biscotti fantastici.» Olsen bevve rumorosamente. «Non hai sentito le ultime notizie?»
«Certo, in auto mentre venivo qui.»
«Dieci minuti fa c'è stata una breaking news della CNN. Sai che in ufficio ho un piccolo televisore… È acceso tutto il giorno.» Olsen si chinò in avanti. La luce della lampada da tavolo si rifletteva nella sua calvizie incipiente. «In Giappone è esplosa una nave che trasportava gas. Quasi contemporaneamente, nello stretto di Malacca, sono entrate in collisione due portacontainer e una fregata. Per essere precisi, una delle navi portacontainer è affondata e l'altra, ormai ingovernabile e in fiamme, è finita contro la fregata militare. C'è stata un'esplosione.»
«Mio Dio.»
«Ed è ancora mattina presto.»
Johanson si scaldò le mani con la tazza. «Per quanto riguarda lo stretto di Malacca non mi sorprende. È strano che non capiti più spesso…»
«Sì, ma questa è una strana coincidenza, non credi?»
C'erano tre stretti che concorrevano per il titolo di via d'acqua più trafficata del mondo: il canale della Manica, lo stretto di Gibilterra e lo stretto di Malacca, che si trovava sulla rotta dall'Europa verso l'Asia sudorientale e il Giappone. Il problema del commercio mondiale via mare gravitava intorno a quei tre stretti. Solo nello stretto di Malacca transitavano ogni giorno circa seicento tra superpetroliere e cargo e, talvolta, fino a duemila navi percorrevano le acque tra Malaysia e Sumatra, in un canale lungo quattrocento chilometri, ma largo solo ventisette nel punto più stretto. India e Malaysia insistevano affinché i capitani delle petroliere facessero rotta verso sud e attraversassero lo stretto di Lombok, ma era come parlare ai sordi. La deviazione riduceva il guadagno. Così circa il quindici per cento del commercio mondiale continuava a transitare per lo stretto di Malacca.
«Si sa com'è successo?» chiese Johanson.
«No. L'incidente è appena avvenuto.»
«Terribile.» Johanson bevve un sorso. «Ma che razza di storia è, quella delle navi scomparse?»
«Come? Non ne sai nulla neppure tu?»