“Lena! Annalena!”
“Silenzio!”
“Lena!”
“Ah! padre, padre, padre!…”
E tutti uscirono dalla porta a gola spiegata gridando:
“Qua. Da questa parte. Venite oltre. Qui `e vostra figlia”. Cessa la voce, s’intendono passi precipitati; arriva un vecchio ansante, si slancia con giovanile leggierezza fra le braccia della vergine, ella di lui; e piangendo, mormorando parole slegate, alternando baci e carezze, godono piena la gioia umana, la cessazione del dolore!
Alcuno dei circostanti piegava altrove il volto, vergognando mostrarlo lacrimoso; Lupo rideva, non capiva in s`i dalla contentezza. Poich`i si furono alquanto rimesse quelle calde dimostranze di affetto, il vecchio con labbra ridenti e cuore devoto diceva grazie agli ospiti della figlia.
“Oh! – rispondeva Lupo – qui non ci capiscono grazie; noi non abbiamo fatto altro che dirle buone parole… e queste costano tanto poco, e tante ne sprechiamo invano e per male che davvero non meritano pregio le pochissime proferite per bene. Io ve l’ho conservata, come padre; e sebbene la presenza vostra mi tolga la dolcezza di questo nome, siate ben venuto, buon uomo. Se per`o non vi offendesse la proposta, e voi voleste accoglierla con quell’animo col quale ve la offeriamo noi, starebbe a voi renderci gli uomini pi`u lieti di questa terra (perdonate il rozzo dire alla sincerit`a delle intenzioni)… accettando parte dei nostri denari…”
“Lupo ci vince in valore, in magnanimit`a, in anni, in tutto”, – esclamarono i giovani.
“Per gli anni, sta pur troppo e, mio malgrado, bene; pel rimanente, e nasca quello che sa nascerne, voi mentite per la gola”.
“Gente da bene, la vostra cortesia supera la parola: io ve ne rendo con l’animo quelle grazie che so e posso maggiori. Dal naufragio della fortuna tanto ancora mi avanza da sostentare me e la mia figliuola finch`i il nemico duri nelle nostre contrade. Allora spero che Dio vorr`a concedermi tanto di vita da restituire in lieto stato le mie terre, rialzare la casa…”
“Amen!” risposero i circostanti.
“Per`o tra morire e vivere da schiavo”, – continuava il padre di Annalena, – “la differenza `e questa: i morti non sentono nulla, i vivi si consumano sotto il peso delle catene. Lena mia, ti faccio manifesto il mio testamento alla presenza di questi valenti uomini; dove il leone coronato rimanga insegna della Repubblica, tu vivi, prova gli affetti di sposa, le santissime cure di madre; se le palle trionfano… eccoti… prendi questo coltello… comunque corto sia, pu`o sciogliere un’anima dai legami del corpo”.
Capitolo Ottavo
Giovanni Bandino
Poco oltre a mano destra del principe di Orange[12], immobile come pietra, sta Giovanni Bandino; tiene il volto e gli sguardi tesi verso Firenze. Dalla fronte pallida gli piovono grosse gocce di sudore; paiono lacrime piante sopra di lui da occhi invisibili: trema forte e non dice parola. In campo lo spregiavano e temevano; ma lui fuggendo ogni umano consorzio non dava luogo alle offese: quando negli scontri di guerra vedeva i soldati bestialmente inferocire e farsi ciechi per ira, lui, scoperto di ogni arme difensiva, si cacciava l`a dove i colpi e gli uomini cadevano pi`u spesso. All’assalto di Spelle seguit`o impassibile fin sotto il muro gli assalitori; fischiavano le palle intorno al suo capo, rovinarono corpi di uccisi o sconciamente mutilati, e pareva che lui non vedesse e non ascoltasse nulla; quando un colpo di sagro percotendo a mezzo il petto Giovanni da Urbino, tra quanti erano prodi nello esercito, valorosissimo, lo balestr`o sfracellato ai suoi piedi, lui allora proruppe in altissime risa e balz`o al posto dove rimase ucciso l’infelice guerriero; a tutti sembr`o il demonio della strage: non perdonava a cui implorasse quartiere, o a chi resistesse; dal capo alle piante spesso appariva sordidato di sangue del nemico senza che pure una scalfittura ne versasse del suo. Gli Spagnoli, secondo l’indole loro superstiziosi, sospettavano che fosse ciurmato, ma poi, sapendolo uomo del papa si ricredevano, in seguito nel sospetto si confermavano. Dovunque mostra la faccia cessano i colloqui, la gente si apre in due file per lasciarlo passare, assalita da misterioso ribrezzo. Immemore dei circostanti, lunga pezza il Bandino dimor`o nello stato di fissazione di che scriveva poc’anzi; all’improvviso, stendendo ambe le braccia, con voce angosciosa prorompe: “O patria mia!”
Quando monsignore di Orange aveva udito quell’esclamazione, pose la mano sopra la spalla sinistra lo interrogando cos`i: “E perch'e dunque tra i nemici di lei?…”
Si riscuote il Bandino, guata bieco l’Orange e brontolando fugge via a precipizio.
“Ditemi, principe”, – soggiunse poi il Bandino arrestandogli per le redini il cavallo, – “in conto di che mi avete voi?”
“Ma… nel conto che mi avreste me, se io fossi voi”.
“Principe, per favore parlatemi apertamente, in qual concetto mi tenete?”
“Fiorentino movete ai danni di Firenze… di uomo siffatto pu`o essere mai dubbiosa la fama?”