Beth scosse la testa. «Lei non capisce, Gary era già arrivato in vetta e lo spronava, lo incoraggiava. Era il modello da imitare, la meta da raggiungere. Probabilmente nessuno lo ammirava più di Harry.»
«Povero Gary» mormorò Constance quando Beth ripiombò nel silenzio. «A nessuno importava di lui come persona?»
Beth arrossì e abbassò la testa, osservando il mulinello che il movimento del cucchiaino formava nella tazza di caffè. «A Maddie sì, naturalmente, e molto tempo fa anche a me. A Jake importava di lui.»
Il vortice nella tazza si allargò sempre di più finché il caffè raggiunse il bordo e si versò fuori. Beth stava ripensando al funerale di Gary. Erano ritornati tutti a casa di Maddie e l’avevano trovata piena di gente, di curiosi, di amici, di estranei, alcuni puramente interessati, altri sinceri, alcuni stretti in capannelli, uniti dai bisbigli, altri che volevano toccare, dare pacche sulle spalle, consolare, partecipare al dolore. Beth era scappata di corsa al piano di sopra, nel piccolo ufficio di Maddie, e si era voltata con le spalle alla stanza, la testa china, le mani premute contro la porta come se i convenuti potessero seguirla e riuscire a entrare.
Si era sentita toccare sulla spalla e si era irrigidita, si era voltata di scatto ritrovandosi tra le braccia di Jake Kluge. Jake l’aveva abbracciata, le aveva accarezzato i capelli come una bambina, e Beth si era sentita oppressa dal senso di colpa, dalla consapevolezza di non sentirsi in lutto, di non provare sofferenza né alcun coinvolgimento. Si sentiva in colpa per essere viva mentre Gary era morto, e forse era persino felice che lo fosse. Si sentiva in colpa perché non sapeva cosa avrebbe dovuto provare e si sentiva svuotata di ogni sentimento, come gli ospiti al piano di sotto, fredda come il ghiaccio. Jake le aveva mormorato parole senza senso e lei aveva pianto, non per Gary ma per se stessa e quel disastro che era la sua vita. Il senso di colpa era aumentato, raddoppiato; tanto che dovette allontanare bruscamente Jake non riuscendo più a sopportarne la vicinanza. Jake indossava gli occhiali e le lenti erano così spesse da distorcere i suoi occhi chiari, ma non riuscivano a nasconderne il rossore. Il dolore assolutamente autentico di Jake l’aveva fatta sentire ancora più in colpa.
Beth era corsa fuori e aveva vagato in auto per ore. Quando poi Jake l’aveva chiamata e lasciato un messaggio nella segreteria telefonica, lei l’aveva spenta. Beth sapeva che Jake voleva condividere il suo dolore, alleviare la reciproca sofferenza, ma lei non ne provava, se non per la ragazza che era stata tanto tempo prima.
Smise di fissare il caffè versato nel piattino e sulla tovaglia, sollevò lo sguardo e posò il cucchiaino. «Si staranno chiedendo dove sono finita» disse pacatamente. «È meglio che rientriamo.»
Mentre tornavano a Smart House, Charlie chiese a Beth di mostrargli il punto in cui si era fermata ad aspettare davanti al massiccio cancello di bronzo che ora invece era aperto. Charlie continuò a guidare e aspettò che Beth ripercorresse mentalmente i gesti compiuti il giorno del suo arrivo. Charlie cercò le telecamere proprio come aveva fatto Beth la prima volta, e con lo stesso risultato. Erano nascoste troppo bene. Arrivati a Smart House suonò il campanello del portone e si udirono le quattro note della Bellringer Company. Qualche secondo dopo, la porta decorata dell’ingresso principale si aprì e una donna di mezz’età si scostò per lasciarli entrare.
«I signori sono Mr Meiklejohn e Mrs Leidl» disse Beth. «Lei è Mrs Ramos.»
Era una bella signora dalla stazza robusta, aveva capelli ingrigiti dal tempo che teneva raccolti in uno chignon, non era truccata, non indossava gioielli e nemmeno un orologio. Charlie si ricordò che, la sera in cui erano morti i due uomini, la donna e il marito avevano effettuato un’interurbana durata dalle undici e qualche minuto fino quasi alle undici e mezzo. Mrs Ramos, infatti, era da poco diventata nonna. La donna inclinò leggermente la testa. «Vi mostro la vostra camera. Avete dei bagagli? Se volete lasciarci le chiavi della macchina provvederemo a scaricare i bagagli e a parcheggiarla nell’autorimessa. Mr Sweetwater ha chiesto di avvisarlo del vostro arrivo.» Aveva un timbro di voce molto gradevole, persino musicale, e non c’era traccia di alcun accento.
«Se vedrò Milton lo avviserò io» disse Beth. «A dopo.» Li salutò con la mano, girò loro intorno e attraversò il grande ingresso.
«Desiderate prendere l’ascensore per salire?» domandò Mrs Ramos.
«Certo che sì» rispose Charlie, e la donna li condusse nell’ampio corridoio con la grande vetrata che si affacciava sull’atrio. Charlie emise un fischio.
«Possiamo passare da qui» disse Mrs Ramos. «Lo fanno quasi tutti, è la strada più corta per andare da un capo all’altro della casa.»