Alexander si allontanò in un attimo. Charlie e Constance salirono le scale e, arrivati’in cima, Constance disse: «Charlie, l’avvelenamento da anidride carbonica è diverso dall’anossia, e tu lo sai.»
Charlie sorrise. «Pensavo che avrei dovuto spiegarlo io a te.»
«Ma perché hai dato seguito alla cosa quando eravamo nella cella frigorifera?»
Charlie appoggiò un dito sulla bocca. «Voglio che parlino tutti il più liberamente possibile. Se al nostro assassino occorrevano informazioni interne, chi meglio di Alexander avrebbe potuto fornirgliele? Mio Dio, in quella testa deve avere dei chip al posto del cervello. Guarda, è arrivato qualcuno, anzi, più di uno.»
Charlie stava guardando l’atrio dall’alto della vetrata. Constance lo raggiunse e vide Milton con tre persone che non conoscevano, due uomini e una donna. La donna era molto bella.
«Diamo un’occhiata veloce alla camera di Gary e al tetto dell’edificio, poi andiamo a conoscere i nuovi arrivati.»
La camera di Gary fu una delusione. Senza i suoi oggetti personali sembrava un’altra lussuosa suite d’albergo composta da due stanze: un piccolo ufficio con due computer e la camera da letto. C’era poi un gabinetto separato e una sala da bagno grande il doppio di quella della stanza di Charlie e Constance. Charlie si guardò intorno con un’aria insoddisfatta. «Ci ritorneremo. Ora andiamo sul tetto.»
Anche quello fu una delusione. La nebbia era diventata così fitta da inghiottire interamente il mare, e anche la terra era poco visibile. La cupola era di vetro, la pavimentazione in plastica ma Charlie si accorse che era costituita da pannelli solari. Una piccola costruzione di legno di sequoia alloggiava l’ascensore e un gran numero di sedie pieghevoli e tavolini da giardino. L’aria era talmente fredda e umida, lassù, che non indugiarono a lungo.
Ripresero l’ascensore per il pianterreno ed entrarono nell’atrio dove un piccolo gruppo di persone si era radunato al bar per bere qualcosa. L’odore di cloro, delle gardenie e dei fiori d’arancio rendeva l’ambiente troppo soffocante per Constance. Mentre si avvicinavano al bar si accorse di odiare quella casa. Per quanto bella, moderna, confortevole e comoda, era anche inumana nelle proporzioni, nella scelta dell’arredamento e dei colori, nella presenza di occhi nascosti che potevano spiarti ovunque.
«Constance, Charlie» li salutò Milton Sweetwater. «Vi presento Laura e Harry Westerman e Jake Kluge. Ora avete conosciuto tutti.»
Accadeva spesso che gli uomini d’affari verso la cinquantina si assomigliassero in alcuni particolari, per la leggera pancetta che avevano messo su, per l’incipiente calvizie o cose simili. Su questo rifletteva mestamente Charlie mentre si davano la mano e si scambiavano reciprocamente brevi occhiate indagatrici. Davanti a sé però aveva due esemplari di uomini d’affari in perfetta forma. Jake Kluge era alto e possente, aveva capelli castani e lisci piuttosto lunghi e flosci. Dietro alle lenti a contatto trasparivano occhi azzurro chiaro. Milton aveva detto loro che Harry Westerman era uno scalatore, e in effetti ne aveva tutto l’aspetto. Possedeva un corpo sodo, nerboruto e una muscolatura tonica, sotto la pelle non aveva nemmeno un filo di grasso. Gli occhi scuri e penetranti in quel momento sembravano irrequieti e impazienti. Laura Westerman era uno schianto. Trattenne la mano di Charlie una frazione di secondo più del dovuto, e la cosa non sfuggì a nessuno dei due. Per anni a New York Charlie aveva visto quel genere di donna camminare in strada con scatole per cappelli, borsette per il trucco, correre per incontrare il tal fotografo o arrivare in tempo alla sfilata di moda negandosi qualunque caloria in eccesso rispetto alla quantità accuratamente stabilita dal proprio nutrizionista. Aveva visto anche i mariti di queste donne, accecati dalla gelosia o così presi dai loro interminabili impegni da non accorgersi che le mogli si concedevano a ogni uomo che incontravano.
«La casa non le fa paura, spero» disse Jake a Constance. «All’ultima riunione abbiamo deciso di non attivare nessuna funzione durante questo fine settimana, tranne quelle più semplici a noi più famigliari. Non c’è niente di cui preoccuparsi, il rischio ormai è pari a quello di qualunque ascensore di Manhattan.»
«In un certo senso è un vero peccato» intervenne Charlie prima che Constance rassicurasse Jake riguardo ai suoi timori. «Mi sarebbe piaciuto vedere tutta la baracca in funzione.»
Harry Westerman si voltò di scatto e andò dietro al bancone del bar. «Stavamo bevendo un Martini, voi cosa desiderate?»
«Ottima idea» disse Charlie dopo che Constance ebbe risposto al suo sguardo annuendo. «E per le luci?» domandò indicando con un ampio gesto l’atrio e il giardino. «È stato programmato un timer o bisogna fare il giro per accenderle e spegnerle una per una?»
«C’è un quadro di comando generale» rispose Milton lanciando sguardi imbarazzati a Harry, intento a preparare i cocktail. «Oppure si possono spegnere singolarmente.»