Charlie le cinse le spalle. «Possiamo pure ritornare in casa con gli altri, volevo solo dare un’occhiata.»
Lo sceriffo arrivò non appena Charlie e Constance rientrarono in casa, scelse due agenti e scese alla spiaggia seguito da Charlie. Nessuno gli chiese nulla. I tre agenti studiarono il corpo, si consultarono, e due di loro risalirono il sentiero. Jake, Harry e Charlie li seguirono a ruota. Lo sceriffo era sulla cinquantina, aveva profonde rughe sul viso dovute alla lunga esposizione all’aria aperta, la pelle lucida e coriacea. Aveva l’aspetto di un agricoltore o di un pescatore, pensò Charlie osservandolo lavorare. Lo sceriffo puntò dritto al telefono senza rivolgere la parola a nessuno dei presenti, chiamò un elicottero e la squadra di salvataggio della Guardia Costiera. Riattaccò e guardò Charlie con uno sguardo sconfortato.
«Vicino al ciglio della scogliera ci sono delle macchie che sembrerebbero essere sangue» lo informò Charlie.
«Non sono io a occuparmi del caso» rispose lo sceriffo. «Sono gli investigatori statali. Se non fosse che la marea sta avanzando velocemente, mi sarei limitato a mettere qualcuno di guardia e avrei aspettato il loro arrivo.» Lo sceriffo guardò gli altri componenti del gruppo che in quel momento, pur restando nella stessa stanza, si tenevano il più possibile lontani gli uni dagli altri. Lo sceriffo li scrutò con disgusto. «Nessuno dovrà muoversi da qui fino all’arrivo di Dwight.» L’uomo lasciò la stanza a grandi passi.
Questo risolveva il suo dilemma, pensò Charlie. In questo modo non era tenuto a mettere al corrente lo sceriffo del piccolo ascensore. Fino ad allora si era domandato quale fosse il momento giusto per dirglielo, ma sapeva che non ci sarebbe mai stato un momento giusto. "Dwight" pensò. "Dwight Ericson. L’investigatore del Procuratore generale." Charlie si sedette ad aspettarlo.
13
Trascorsero l’ora seguente aspettando. Di tanto in tanto qualcuno si alzava per andare in bagno, per prendere da bere o del caffè, sempre in compagnia di un agente dello sceriffo che li accompagnava fino alla porta. Le rare occasioni in cui qualcuno parlava, lo faceva a monosillabi. Più volte Maddie aveva provato a prendere un libro, ma poi aveva finito sempre col riposarlo. Bruce camminava, si sedeva, si rialzava e ricominciava a camminare. Alexander si contorceva e si dimenava. Laura faceva degli schizzi, girava velocemente le pagine e riprendeva a fare schizzi. Sia Harry che Jake erano immobili e sembravano aver talmente compresso i loro sentimenti che nessuna molla avrebbe potuto sopportare tanta tensione.
Charlie faceva un solitario con le carte e li osservava tutti. Stavano ognuno per conto proprio, il più possibile lontani l’uno dall’altro, come se avessero la percezione che uno sguardo o un contatto fossero sufficienti a innescare un’esplosione. L’elicottero era arrivato e dalla grande vetrata lo avevano visto volteggiare, fermarsi in un punto fisso, poi abbassarsi e scomparire in un crescendo di rumore, e infine ripartire. Ora non restava che aspettare l’investigatore speciale. Uno dei poliziotti guardava fuori dalla vetrata. Nessuno aveva avuto modo di chiedere a Charlie se intendeva parlare del gioco all’investigatore. Charlie radunò le carte, le mescolò e ricominciò il solitario.
Nella stanza si udì un leggero fruscio, come se avessero tirato un sospiro di sollievo collettivo, e finalmente fecero il loro ingresso due agenti statali in uniforme, più una terza persona in borghese. L’uomo indossava dei jeans, e sopra a una maglietta un giubbotto color cachi. Harry e Jake si alzarono, ma furono zittiti dallo sguardo glaciale con cui passò in rassegna i presenti. Il suo sguardo si soffermò su Constance e in particola!" modo su Charlie che aveva osservato la scena comodamente appoggiato allo schienale della poltrona.
«Conosce già gli altri» disse Jake. «Le presento Charlie Meiklejohn e sua moglie Constance Leidl. Sono… consulenti. Il capitano Dwight Ericson.» E terminò le presentazioni.
Osservando il nuovo arrivato Constance si rese conto che Dwight Ericson avrebbe potuto essere un perfetto fratello minore per lei. Quanto sarebbe stato felice suo padre con un figlio così. Suo padre non aveva mai fatto intuire in alcun modo la sua delusione per non aver avuto un figlio maschio, ma aveva insegnato alle figlie maggiori a sciare e sparare, ad andare a cavallo e a mungere le vacche, e aveva insistito perché frequentassero l’università e intraprendessero una carriera professionale. Gli sarebbe piaciuto un figlio come Dwight Ericson. Non aveva ancora quarant’anni, era alto più di un metro e ottanta, aveva delle ampie spalle e una vita stretta. I capelli erano biondi come quelli di Constance e gli occhi dello stesso colore azzurro chiaro. Constance si sedette e osservò Charlie e il capitano annusarsi e girarsi intorno come due cani randagi, sebbene nessuno dei due si fosse mosso. Constance trattenne un sorriso.