Quindi si voltò verso Charlie e Constance, mostrando la stessa considerazione per entrambi, e domandò a Constance: «È stata un’intuizione o glielo ha detto qualcuno?»
«Penso che la maggior parte di loro sarebbe sorpresa da questa scoperta» disse Constance con un’aria assorta.
Quando entrò il secondo agente si fecero da parte, e i due uomini si misero al lavoro nell’ascensore.
«Non lo sa ancora nessuno» disse Charlie. «Le ho detto che avevamo qualcosa per lei ed eccola qua. Forse vorrete rilevare le impronte anche su questo.» Tirò fuori dalla tasca il terzo computer avendo cura di reggerlo per l’estremità del sacchetto di plastica. Descrisse in che modo l’aveva ritrovato e spiegò cosa erano in grado di fare i computer portatili.
All’improvviso Ericson sorrise e parve ringiovanito di molti anni. «Va bene. Cos’altro avete scoperto?»
«Tocca a lei» disse Charlie con un’aria seria. «Per caso uno dei due uomini è stato spostato, trascinato, buttato a terra violentemente… Insomma, capisce perfettamente a cosa mi riferisco, no?»
Constance sapeva che stavano giocando a un gioco che entrambi conoscevano. Per il momento nessuno dei due aveva intenzione di cedere di un millimetro, e continuavano a sondarsi a vicenda cercando di valutare fin dove potevano spingersi.
«No» rispose Ericson.
«Ne è sicuro?» gli domandò Constance.
«Oh, sì. Si cercano graffi, indumenti in disordine, segni sul pavimento o sulla moquette, lucido da scarpe, frammenti di tessuto e cose di questo genere.» Guardò Charlie ma non proseguì. «Naturalmente ci abbiamo pensato anche noi.»
Charlie annuì. «Naturalmente.»
«E lei sa anche come funziona quell’aggeggio?» domandò Ericson indicando il computer nel sacchetto di plastica.
«Ne hanno parlato ieri sera» disse Charlie. «Bruce Elringer era convinto che gli altri ne fossero a conoscenza, e in effetti hanno quasi ammesso che era così, o che quantomeno avrebbero dovuto saperlo, ma poi gli era sfuggito di mente.»
Ericson emise un suono aspro e gutturale, simile al ringhio di un animale. «Cos’è accaduto ieri sera?»
«Ho fatto delle domande, e per alcune ho anche ricevuto delle risposte, poi siamo andati tutti a letto. Io e Constance potremmo essere stati gli ultimi a vedere Milton Sweetwater. Stava facendo il giro della casa per spegnere le luci. Dubito che riuscirà a saperne di più dagli altri. È inutile metterli troppo sotto pressione finché non avremo stabilito l’ora del decesso. Sa già qual è?»
Era una domanda ma anche un suggerimento, e assomigliava terribilmente a un ordine. Dwight Ericson lo studiò ancora per qualche istante, poi si strinse nelle spalle. «Faremo il possibile.» Si avviò verso la porta, poi si fermò. «Vuole assistere agli interrogatori?»
Charlie scosse la testa. «Grazie. Mi riservo di accettare l’invito per un’altra occasione. Scommetto che chi ieri sera è rimasto in camera dirà semplicemente di essere andato a dormire, e tutti affermeranno di non aver visto o sentito nulla.»
«Già. Invece Bruce Elringer e Jake Kluge erano svegli e gironzolavano per casa» disse Constance. «E Bruce ha sostenuto di avere una pistola.»
Ericson inspirò e riprese a camminare. «Scommetto che ora è scomparsa.»
Charlie sorrise. «Le spiace se do un’occhiata in giro per conto mio?»
«Faccia pure. Dopo che avrò finito al piano di sopra potremo sederci da qualche parte a bere una tazza di caffè, d’accordo? Ci vediamo più tardi.»
Charlie rise piano. Non era esattamente una proposta ma piuttosto un suggerimento, se non addirittura un ordine. Charlie decise che Dwight Ericson gli andava a genio. Prese il braccio di Constance e le disse: «Andiamo sul tetto a prendere una boccata d’aria.»
Uscirono dall’ufficio e si diressero in fondo al corridoio, verso l’ascensore principale che si trovava a cinque, sei metri da quello segreto. Al primo piano la disposizione era uguale a quella del seminterrato: la porta dell’ascensore nella cabina armadio dell’appartamentino di Gary era collocata alla stessa distanza dall’ascensore principale, rispetto a dove si trovavano in quel momento. Charlie sapeva che sul tetto i due ascensori erano l’uno accanto all’altro. Voleva dare un’occhiata alle due porte anche lì, voleva vedere come erano state camuffate dal momento che non aveva ancora avuto modo di esaminarle. La piccola costruzione sul tetto era una struttura di legno di sequoia. Charlie vi girò intorno lentamente, entrò nella parte destinata a magazzino e vide dei mobili da giardino accatastati, parecchi tavolini, delle sedie a sdraio. Dall’interno non era affatto evidente che ci fosse anche un secondo ascensore. Dall’esterno il piccolo ascensore era altrettanto invisibile, la porta perfettamente mimetizzata nel rivestimento di legno delle pareti.
«Stai cercando qualcosa in particolare?» gli domandò Constance dopo un istante. Charlie era inginocchiato e stava esaminando il legno.
«Se solo lo sapessi!» borbottò. «Credo che dovremo aspettare che gli uomini di Ericson finiscano i rilevamenti. Ti è venuta fame?»
«Sì, sono le due passate.»