Questa volta fu Charlie a vedere il pannello tornare a posto silenziosamente, e altrettanto silenziosamente il marito condusse Constance fuori dall’ufficio e lungo il corridoio fino all’ascensore principale nel quale entrarono. Cercarono di sentire se dal piccolo ascensore accanto al loro provenisse qualche rumore, ma non udirono nulla. Arrivati al piano terra si portarono velocemente sul retro della casa, e quando giunsero dietro all’ascensore principale Ericson era già lì, con le porte dell’ascensore aperte alle sue spalle. Si trovavano nel corridoio stretto che terminava dietro al grande freezer della dispensa.
«La porta anteriore dell’ascensore non si apre a questo piano» spiegò Ericson. «Ritorno nell’ascensore per farvi vedere come funziona l’apertura della parete, poi verrò io a vederlo.»
«Potete stare fuori a guardare voi due» propose Constance. «Questa volta vado io a manovrare i comandi. Volete che salga fino alla camera da letto?»
«Sì, già che ci siamo» rispose Charlie con un’espressione cupa.
Appena ebbe chiuso la porta desiderò di non essersi offerta volontaria. Nell’ascensore faceva freddo e lei rabbrividì, ma provò anche un sentimento che non riuscì bene a identificare, un sentimento di inquietudine. Claustrofobia? Era possibile. La corsa fu molto dolce, la partenza e l’arrivo senza scossoni, la ventola funzionava silenziosamente. Ma quel sentimento si fece più intenso finché Constance riuscì a identificarlo: era terrore. Appena l’ascensore si fermò premette subito il pulsante per aprire la porta, ma quando questa non si aprì il terrore rischiò di diventare panico. Constance si ricordò che a quel piano si apriva l’altra porta, quindi si voltò di scatto e schiacciò il pulsante dall’altra parte. La porta si aprì silenziosamente come tutti gli altri meccanismi. Uscì dalla cabina come aveva fatto Dwight Ericson al piano terra, decisa a non passare là dentro un secondo più del necessario.
Charlie e Dwight ci misero almeno un minuto per raggiungere la camera da letto di Gary. Al loro arrivo Constance respirava ormai in modo regolare. Con grande fatica si obbligò a rientrare nell’ascensore, chiuse la porta per permettere a chi era fuori di verificarne il funzionamento a quel piano e salì sul tetto. Quando uscì dalla cabina e respirò l’aria fresca e pulita del mare si rese conto che non sarebbe più rientrata là dentro di sua spontanea volontà. Questa volta ci volle un po’ più di tempo prima che Charlie e Dwight la raggiungessero.
Charlie aveva la stessa aria tesa di quando era uscito dall’ascensore. "Tutto normale" pensò Constance. Se lei era in ansia anche lui lo era, funzionava così tra loro.
«Ti va di provare ancora una cosa?» le chiese cingendole le spalle.
«Quante ne vuoi» rispose sforzandosi di usare un tono allegro per alleggerire la tensione che attanagliava il volto di Charlie.
«Solo una» disse. «Promesso. Vorrei sapere se stando fuori si riescono a sentire due persone che parlano all’interno dell’ascensore. Dwight?»
Il capitano annuì e Charlie entrò con la moglie di nuovo nella cabina. Si stava piuttosto stretti in due. Charlie chiuse la porta, abbracciò Constance, la baciò, si scostò e disse con un tono di voce normale: «Sei una compagna perfetta, buona e leale. Usciamo da questo maledetto posto.»
Constance rise e aprì la porta, trovandosi di fronte Dwight che scuoteva la testa. «Niente, non si è sentito assolutamente niente.»
«Ora vediamo come si chiude quando dentro non c’è nessuno» disse Charlie, e osservò la porta aperta e il pannello di legno che si era spostato. «Proviamo.» Accostò la porta e sentì scattare il meccanismo di chiusura. Nello stesso istante il pannello di legno cominciò a muoversi. Era talmente ben costruito che una volta a posto nessuno avrebbe mai immaginato che potesse essere mobile.
Dwight sembrava nuovamente stizzito. «Gli alibi forniti dalla registrazione del computer in questo modo non valgono più nulla» disse. «Chiunque fosse stato a conoscenza di questo ascensore sarebbe potuto andare ovunque spostandosi più velocemente di chi prendeva l’ascensore principale o le scale, e senza lasciare alcuna traccia.» Guardò l’ora ed entrò nell’ascensore più grande. «Ci siamo divertiti abbastanza. Devo tornare alle perquisizioni, alla pistola scomparsa e ai rumori nel cuore della notte.»
14
Charlie e Constance passeggiavano per il terreno, nel giardino dietro a casa dove il muro di pietra si ergeva alto, simile a un’antica fortificazione. Charlie lo guardò con un’aria meditabonda. «Maddie pensa che un ladro abbia scalato questo muro e si sia introdotto in casa» disse. «Mi sembra altamente improbabile.»
«Non lo pensa davvero» gli rammentò Constance. «Probabilmente s’inventerà che Milton era andato a fare una passeggiata e che si è imbattuto nello stesso ladro, questa volta armato di pistola. Queste spiegazioni la rincuorano.»