Читаем La missione di Sennar полностью

A parte quella tenebrosa minaccia, nell’accampamento si respirava un’atmosfera serena e i vettovagliamenti non mancavano. Il pranzo fu lauto e gustoso. Nihal mangiò nella mensa comune, dove i bambini scorrazzavano allegri e gli uomini scherzavano con le proprie donne. Sembrava quasi di essere in pace. Nihal sorrise tra sé, mentre tagliava un pezzo di carne. Quando alzò lo sguardo dal piatto, la forchetta le si fermò a mezz’aria.


Parsel era stato il suo primo maestro di spada all’Accademia e, in un certo senso, il suo unico amico per mesi. Il loro era stato un legame particolare, fatto di poche parole e lunghi combattimenti.

Nihal era contenta di rivederlo e lui la abbracciò come avrebbe fatto con un vecchio commilitone. Era un uomo alto e massiccio, dalla carnagione scura, con gli occhi di una strana sfumatura grigioverde. I capelli neri e cortissimi iniziavano a imbiancarsi sulle tempie.

«Che cosa ci fai qua?» chiese Nihal.

«Una licenza. Prima di diventare maestro dell’Accademia, quando ancora combattevo, vivevo qui. Faccio un salto da queste parti appena posso.» Parsel le strizzò l’occhio. «Tanto per non dimenticare l’odore del campo di battaglia. E tu? Ti vedo in forma.»

«Me la cavo» si schermì lei.

«Bisogna festeggiare questo incontro. Che ne dici di un duello, come ai vecchi tempi?»

La ragazza non se lo fece ripetere due volte.


Per Nihal, quel tuffo nel passato fu inaspettatamente piacevole. Non aveva dimenticato la tristezza e la solitudine dell’anno trascorso all’Accademia, ma anche lì le era capitato qualcosa di buono. Parsel glielo ricordava a ogni affondo. Fu tutto come un tempo, tranne l’abilità del mezzelfo. In pochi assalti, Nihal riuscì a imporsi senza fatica.

«Sei diventata brava» disse Parsel, mentre si tergeva la fronte.

«È anche merito tuo.»

Trascorsero insieme il resto della giornata. Parsel le raccontò dei suoi nuovi allievi e Nihal sentì una punta di nostalgia. Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.

«Indovina chi ho visto di recente?» disse all’improvviso Parsel. «Quel tuo compagno d’Accademia, il biondino... Laio, ecco come si chiama.»

Una ridda di ricordi assalì Nihal a sorpresa. Laio, il ragazzo gracilino con la faccia da bambino, l’allievo più debole dell’Accademia. Erano stati molto insieme, e lui, che l’adorava come si fa con gli eroi, era stato il suo unico vero amico in quei giorni di solitudine. Laio...

Nihal si fece più attenta. «Davvero?»

«Sì. Vive qui, nella foresta. Mi ha detto che ha abbandonato l’idea di diventare guerriero. Non mi è sembrato che stesse molto bene.»

Nihal cercò di farsi raccontare tutto il possibile. Parsel non sapeva granché, ma le spiegò dove l’aveva incontrato.

Quella sera, nella tenda che le avevano assegnato, Nihal non riuscì a prendere sonno. Non aveva notizie di Laio dalla notte della sua prima battaglia. Dalla morte di Fen. Da un’eternità. All’improvviso, ebbe una gran voglia di rivederlo.

L’indomani mattina le diedero la risposta che aspettavano alla base. Avrebbero partecipato all’attacco con un contributo di trecento uomini. Quando Nihal si apprestò a ripartire, il sovrintendente la mise in guardia. «Sappiamo di movimenti di truppe lungo il confine. Stai attenta.»

Nihal non diede peso a quelle parole. Fino a quel momento era stato un viaggio anche troppo tranquillo per i suoi gusti.


Lungo la via del ritorno seguì le indicazioni di Parsel e deviò verso nord. Il cambiamento di tragitto la portò a inoltrarsi per un buon tratto nella Foresta Interna. Nihal aveva sempre amato i boschi. Il ricordo della sua iniziazione alla magia era ancora vivo e da allora le piaceva stare a contatto con la natura.

Con il calare della sera, il tempo peggiorò. Nihal udì il brontolio cupo dei tuoni in avvicinamento e il cielo fu squarciato dalla luce improvvisa di un lampo. Fu allora che vide in lontananza la sagoma di una casupola. Corrispondeva perfettamente alla descrizione che le aveva fatto Parsel: una casa semidiroccata, con il tetto di paglia e i muri anneriti dal fumo. Nihal però non immaginava che il posto dove viveva Laio fosse così malmesso. Il tetto era sfondato in più punti e parte della paglia era caduta a terra, dove si imputridiva; le finestre erano orbite vuote, illuminate in modo sinistro da un vago chiarore. Dentro doveva esserci qualcuno.

Nihal scese da cavallo e si avvicinò alla costruzione con prudenza. Era pur sempre vicina al confine e non aveva la certezza che quella fosse davvero la casa di Laio.

Si accostò furtiva alla parete e sguainò piano la spada. In alcuni punti le pietre del muro erano sconnesse e Nihal gettò un rapido sguardo all’interno. Scorse il bagliore di un fuoco e qualcuno seduto di spalle. Riuscì a intravederne solo la testa, bionda e ricciuta. Ebbe un tuffo al cuore. Si avvicinò alla porta e bussò.

«Chi è là?» urlò una voce acuta dall’interno.

«Sono io, Nihal» rispose lei, mentre socchiudeva l’uscio.

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