Читаем La missione di Sennar полностью

Rannicchiato contro una parete c’era un ragazzo dall’aria stanca e malata, con una spada mezzo arrugginita tra le mani tremanti. Nihal riconobbe gli innocenti occhi grigi e i riccioli biondi, ma le guance, che ricordava paffute e rosee, erano smagrite e sporche di fuliggine. Indossava una casacca marrone che doveva aver visto giorni migliori e brache stinte e coperte di polvere. Laio la guardò per un istante, incredulo, poi lasciò cadere la spada e le corse incontro.


Fuori si era scatenata la tempesta.

Si trovavano nell’unica stanza dove il tetto era ancora intero, ma goccioloni di pioggia cadevano qua e là sul pavimento. Il fuoco scoppiettava gagliardo. Nihal tirò fuori un po’ di provviste e, tra le sue e quelle di Laio, prepararono una cena abbondante.

Nihal raccontò al ragazzo tutto ciò che le era accaduto in quei mesi. Parlò senza troppe remore del comportamento avventato che aveva tenuto fin da quando era arrivata da Ido per essere addestrata, di come aveva messo a repentaglio la sua vita pur di fare di testa sua. Si dilungò con una certa nostalgia a rievocare i giorni passati con la contadina Eleusi e con suo figlio Jona, i giorni in cui si era illusa di poter fare una vita normale, lontana dai campi di battaglia.

«Accipicchia» commentò il ragazzo.

Nihal sorrise. «Già. La vita a volte ti stupisce.» Addentò un pezzo di carne arrostita. «E tu, che cosa ci fai qui?»

Laio abbassò gli occhi. Nella stanza scese un silenzio imbarazzato. Si sentivano solo il rombo dei tuoni e lo scoppiettio della legna.

«Che c’è? Hai perso la lingua?» insistette Nihal.

Il ragazzo tacque a lungo, poi prese un respiro profondo e si decise a parlare.

Subito dopo avere fallito la prova di iniziazione all’addestramento a Cavaliere di Drago, durante la battaglia di Therorn, aveva lasciato l’Accademia con l’intenzione di tornare da suo padre, determinato a dirgli che non ne voleva sapere di combattere e che aveva deciso di diventare uno scudiero. Era partito baldanzoso, pieno di coraggio, ma nel corso del viaggio tutta la sua sicurezza era venuta meno.

«Nella mia famiglia gli uomini sono sempre stati Cavalieri. Tutti, capisci? E tutti valorosi. Mio padre aveva progettato per me un futuro da eroe prima ancora che nascessi. Come potevo dirgli che avevo fallito la prova più semplice, quella della prima battaglia? Che la spada non faceva per me, che non volevo sentir parlare di soldati e di morte? Mi sembrava già di vederlo, di sentire le sue urla. Non avrebbe mai accettato la mia scelta.» Laio guardò Nihal di sottecchi. «Ho avuto paura di lui. Ho avuto paura che, con il potere che ha nell’Ordine, avrebbe costretto Raven a riprendermi all’Accademia.»

Raccontò che, a metà strada, aveva deciso di deviare il cammino. Non sapeva dove andare, né cosa fare per vivere. Quando i soldi per tornare a casa erano finiti, si era improvvisato menestrello.

«Canto bene, sai? Conosco un sacco di storie e di canzoni. E poi, non so, forse ispiro tenerezza alla gente. Comunque, guadagnavo abbastanza.»

Nihal lo squadrò. No, non era vero che guadagnava abbastanza. Era magro e lacero come un mendicante.

E, in effetti, Laio confessò che alla fine aveva scelto di rifugiarsi nei boschi. Aveva intenzione di fare la vita del ramingo e di vivere a contatto con la natura, lontano dalla guerra e dagli uomini. Se la cavava raccogliendo i frutti dagli alberi e scavando radici commestibili. Ogni tanto andava a pescare, con scarsi risultati.

«Qualche volta ce l’ho fatta, però. Erano pesci piccoli, ma gustosi» disse con un sorriso imbarazzato.

I primi tempi aveva dormito all’aperto, sotto gli alberi, ma presto si era reso conto di non poter continuare in quel modo. Si era messo alla ricerca di un capanno da caccia, di una grotta o una tana abbandonata. Invece aveva trovato quella bella casupola.

«Qui sono al sicuro, nessuno mi verrà a cercare. E poi ho con me la spada» aggiunse. «Quando mi sarò stufato di mangiare radici, metterò a frutto i due anni all’Accademia e mi darò alla caccia.»

«Non si caccia con la spada» osservò Nihal.

Laio arrossì. «Magari uno di questi giorni troverò un arco. La guerra non è lontana.»

Nihal scosse la testa. «E ora che farai?»

«Starò qui per un po’, credo.» Laio non aveva il coraggio di guardarla. «Sono cresciuto in questi mesi, sai? Ho visto tante cose. So che posso cavarmela» concluse poco convinto.

«E sarebbe questa la tua massima aspirazione?» chiese Nihal seria. «Startene rintanato nel bosco a vita?»

«Non lo so» sussurrò lui.

«Ma ti sei guardato?» sbottò Nihal. «Sei magro, stanco e sporco. È questa la vita che volevi?»

Gli occhi di Laio si riempirono di lacrime. «No che non è questa.»

«Scappare non serve a niente, Laio» mormorò Nihal. «I tuoi problemi ti seguiranno anche in capo al mondo.»

Nella stanza scese il silenzio. La tempesta sembrava essersi calmata. Non si sentivano più i tuoni, solo la pioggia battente che risuonava sui muri e sul tetto.

Nihal guardò il fuoco. «Perché non vieni con me?» disse.

Laio la fissò, incredulo. «Con te?»

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