Aggrappato alle assi della stiva, mentre la barca ondeggiava senza tregua, Sennar si sforzò di pensare. Fu il movimento della nave a dargli l’idea. Era un’impresa piuttosto complessa, ma era l’unica, nella situazione in cui si trovavano. Del resto lì avevano decisamente a che fare con una magia assai simile a quelle proibite. Si trattava dunque di riportare la natura nei suoi binari. Sennar pianificò con esattezza ciò che avrebbe fatto una volta fuori e si decise a uscire.
Le vele sembravano impazzite e Sennar si unì a un gruppo di pirati che cercava di domarle. Intravide tra gli scrosci la figura di Aires, dritta al timone, che si sforzava di mantenere la rotta. Ma non c’era più alcuna rotta da seguire. Il cielo e il mare si mescolavano, indistinguibili nelle tenebre che avvolgevano la nave. Nonostante l’aiuto di Rool, il timone le sfuggì di mano e prese a ruotare come una trottola.
Quando la vela maestra si squarciò, Sennar si attaccò alla murata e iniziò ad attraversare il ponte, mentre l’acqua lo inzuppava da capo a piedi. Dopo molti sforzi riuscì a raggiungere Aires, aggrappata al timone.
«Una corda» urlò Sennar, ma le sue parole furono risucchiate dall’ululato del mare.
«Cosa?» rispose Aires.
«Ho bisogno di una corda.»
Aires gli passò una cima e Sennar se la legò alla vita, quindi si avviò verso l’albero maestro. Alzò gli occhi e lo vide ondeggiare paurosamente.
Provò ad arrampicarsi, ma le mani scivolavano sul legno fradicio. Allora tirò fuori il pugnale di Nihal, quello che le aveva vinto in duello il giorno in cui si erano conosciuti. Lo conficcò in profondità nel palo, si strinse all’albero con la mano libera e iniziò a salire.
Gli sembrava di essere sempre sul punto di cadere e si aggrappava con più forza al legno. Le mani presero a sanguinargli.
Si ricordò che da piccolo i suoi amici si divertivano a salire sugli alberi. A lui non era mai piaciuto, era sempre stato un buono a nulla nei giochi che richiedevano agilità.
Si sforzò di non guardare in basso.
Si legò all’albero e si alzò in piedi. Lassù il movimento ondulatorio era insopportabile. Sentì lo stomaco rivoltarsi ed ebbe un conato.
Dalle sue dita partirono dieci raggi d’argento, che fendettero le nubi e si aprirono a cupola, per poi avvolgere la nave in una sfera argentata. Era una formula difensiva piuttosto banale, un semplicissimo scudo. Però era grande come una nave intera ed erano proprio le dimensioni a rendere quell’incantesimo sovrumano.
Sul ponte all’improvviso scese la calma. Gli uomini si alzarono increduli e a uno a uno volsero gli occhi prima alla barriera, poi alla coffa.
Partì una salva di urla entusiaste.
«Sei straordinario, mago!» esclamò Aires.
Incitati da Rool, tutti ripresero i propri posti. Aires si rimise al timone e Dodi, aiutato da altri pirati, ammainò la vela maestra, ormai inservibile. Il resto dell’equipaggio estrasse dai fianchi della nave lunghi remi d’emergenza e prese ad azionarli con foga.
La nave si mosse lenta, come una bestia che si svegli dal letargo.
Al di fuori della barriera, i fulmini solcavano ancora il cielo e illuminavano un mare livido e sciabordante di schiuma grigia. I cavalloni si infrangevano con violenza sulla protezione argentata.
Sennar percepì la potenza dell’oceano che tentava di penetrare le sue difese. Svuotò la mente da tutto ciò che non era l’incantesimo che stava recitando. Non ci volle molto perché le braccia si indolenzissero e le mani iniziassero a formicolare. Presto non le sentì più. Rimase solo la sensazione dell’energia magica che fuoriusciva dalle dita come un fiume in piena.
«Si vede qualche spiraglio?» chiese disperato, nonostante sapesse che, dalla coffa, sarebbe stato lui il primo ad avvistarlo.
«Non ancora!» urlò Aires dal ponte. «Resisti!»
Più il tempo passava, più Sennar sentiva crescere lo sconforto. I contraccolpi delle onde si susseguivano senza sosta e la barriera intorno alla nave iniziava a restringersi. Non sarebbe riuscito a mantenerla ancora a lungo.
Erano tutti sfiniti: Aires e Benares che lottavano con il timone, Rool che scrutava l’oscurità alla ricerca di un segno qualsiasi che gli indicasse dove dirigersi, l’equipaggio che affondava i remi nelle correnti sfrenate dell’oceano.
Sennar si era inginocchiato e aveva appoggiato le braccia sul parapetto della coffa, con le mani aperte.