Il ceffone lo centrò in pieno volto. «Allora inventa qualcosa!» gli gridò in faccia il pirata. Poi lo agguantò per i capelli e lo trascinò a prua. «È per questo che siamo venuti fin qua? Per riempire la pancia di questo mostro? Dove sono ora tutte le tue belle chiacchiere?»
«Io...»
Benares era fuori di sé. «Sta’ zitto! Dimostrami che sei pronto a tutto pur di portare a termine la tua missione.»
Sennar annuì.
«Allora?» urlò Benares. «Che cosa hai intenzione di fare?»
Sennar prese coscienza dell’unica soluzione possibile.
«D’accordo, ma vediamo di sbrigarci» rispose il pirata.
All’inizio fu impercettibile. La nave si alzò piano, come tirata da gomene invisibili. Poi la chiglia si staccò di poche braccia dalla pelle del mostro, insicura, finché con un strattone non si sollevò del tutto. Il pennone puntò verso il cielo e la nave salì sempre più rapida, le vele stranamente rigonfie verso il basso. Sotto di lei, il mostro si contraeva in maniera convulsa alla ricerca della preda.
«Stiamo volando» mormorò stupefatto Dodi, mentre i pirati si sporgevano dalle murate per guardare quel prodigio.
A prua, Sennar era affacciato oltre il parapetto, gli occhi serrati, e gridava parole incomprensibili. Al suo fianco, Benares lo guidava nella giusta direzione. Sotto di loro, il demone scolpito nel legno sembrava irridere le fauci della bestia, che si aprivano e si richiudevano spasmodicamente.
Sennar strinse i pugni e si sforzò di proseguire. Era l’incantesimo più faticoso che avesse mai fatto. Aveva il corpo contratto dallo sforzo e il dolore invadeva ogni singola fibra dei suoi muscoli.
La chiglia cozzò un paio di volte sulla superficie coriacea.
«Concentrati! Stiamo calando di quota» ringhiò Benares.
La nave accelerò di colpo e fece perdere l’equilibrio all’equipaggio. Lo scafo riprese a sollevarsi poco alla volta, finché non si alzò di nuovo.
«Issare le vele!» gridò allora Benares. «Issare le vele, subito!»
La nave continuava a volare a poche braccia dal mostro, cercando una via d’uscita tra la selva dei tentacoli.
Il mago era allo stremo delle forze, non avrebbe retto ancora a lungo; era come se le sue energie venissero risucchiate fuori a una velocità vertiginosa. Accennò a cadere, ma Benares lo sorresse. «Forza! Ti tengo io, tu pensa a farci volare.»
Sennar sentì solo le braccia del pirata strette intorno al petto e la sua voce che urlava: «Ciurma! Mano agli arpioni!». Guidato da Rool, l’equipaggio riprese coraggio e iniziò a infierire contro il mostro. Su entrambi i fianchi della nave, un gruppo di pirati agganciò i tentacoli con i rampini e un altro si lanciò all’attacco con spade e scuri.
Dalle ferite schizzò un liquido giallastro e maleodorante. Nell’aria rimbombarono gli ululati agghiaccianti della bestia.
La voce di Benares arrivò a Sennar distante e attutita. «Scendi! Scendi, maledizione!»
Sennar si sentì scuotere.
«Ti ho detto scendi. Ce l’abbiamo fatta!»
Quando riaprì gli occhi, il mago vide davanti a sé il mare aperto. Il disco rosso del sole che tramontava gli ferì le pupille, il vento fresco della sera gli frustò il viso.
La nave ammarò dolcemente, mentre a un centinaio di braccia dalla poppa l’ultima propaggine del mostro si inabissava. Sul ponte si levarono grida di trionfo. L’incubo era finito.
Sennar tremava da capo a piedi. Benares non disse una parola. Lo allontanò dalla prua e lo affidò in modo brusco a Dodi, poi si mise a correre lungo il ponte.
«Aires!» urlò il pirata. «Aires!»
«Figlia! Rispondi!» gli fece eco Rool.
Per qualche istante, sulla nave scese un silenzio di tomba.
Poi sul ponte risuonò una debole voce. «Sono... sono qui.»
Aires giaceva miracolosamente incolume tra quel che restava del castello di poppa.
Si trovavano in mezzo al mare, lontani dalle Vanerie e dal Mondo Sommerso. Ma erano vivi e fuori dalla portata del mostro.
«Bisogna proseguire» disse Rool all’equipaggio radunato sul ponte.
«E come?» fece un pirata. «Siamo rimasti in pochi. La maggior parte delle vele è inutilizzabile e un albero è distrutto.»
Aires prese la parola. «Le vele si possono riparare. Quanto all’albero, ce ne sono altri due. Cos’è, avete paura di non farcela?»
Tra i pirati si levò un brusio di protesta.
«Quel moccioso le ha fatto perdere la testa» bisbigliò una voce.
«Silenzio!» tuonò il capitano. «Vi ricordo che chi decide sono io. Ora rimbocchiamoci le maniche e togliamoci di qui. C’è puzza di morte.»
L’equipaggio fece del suo meglio per aggiustare le vele e ricucire la tela come possibile. Con scarsi risultati, però. Ciò che ottennero furono vele piccole e piene di rammendi, con una portata molto inferiore alle precedenti. Se il vento aumentava, bisognava ammainarle; se invece diminuiva, la nave procedeva lenta.