Sennar era esausto per l’incantesimo. Non appena riuscì a lasciare la stiva, salì sottocoperta e raggiunse la cabina di Rool. Trovò il capitano e la figlia che consultavano la mappa.
«Bisogna cambiare rotta» disse Rool quando lo vide entrare.
Sennar corrugò la fronte e si avvicinò al tavolo. «Abbiamo sbagliato direzione?»
Il capitano gli indicò un piccolo arcipelago. «No. Ma la nostra unica speranza di uscire vivi da questa situazione è arrivare qui. Le isole non sono lontane, una, massimo due settimane di viaggio. Dovrebbero essere a distanza di sicurezza dal gorgo.»
Sennar tacque, pensieroso, poi annuì. «Va bene, capitano. Avete ragione. Ci fermeremo lì, mi darete una barca e i nostri destini si separeranno.»
Un istante di silenzio accolse le sue parole.
«Sennar, ripensaci...» iniziò Aires.
Il mago la interruppe. «Quando ho accettato questa missione, sapevo che mi aspettava una prova difficile.»
La donna si alzò, spazientita. «Non è difficile, è impossibile! Lo è stata fin dall’inizio. Non ne uscirai vivo. Che senso ha?»
Risuonò un pugno sul tavolo. «Smettila con questa lagna, Aires» tuonò Rool. «È una sua scelta. L’argomento è chiuso.»
All’inizio della seconda settimana di navigazione dopo lo scontro con il mostro, il mare diventò bianco come il latte. L’acqua si riempì di detriti che vorticavano e la corrente si fece sempre più violenta.
Era l’alba e Sennar si trovava sul ponte. Guardò la schiuma delle onde sfilare lungo i fianchi della nave. Si sentì sgravato da un peso.
A poco a poco, l’equipaggio si radunò sul ponte e iniziarono i preparativi per calare la barca di Sennar. Mentre i marinai caricavano la scialuppa con acqua e cibo, Sennar sentì il sangue defluirgli dal viso. Gli formicolavano le labbra, aveva la bocca asciutta e non riusciva a controllare il tremito delle mani.
Aires restò al suo fianco, in silenzio, finché la scialuppa non fu pronta.
I pirati si schierarono sul ponte, in attesa.
Sennar li guardò a uno a uno: i suoi compagni di viaggio. Quando parlò, aveva la voce incrinata dall’emozione. «Mi dispiace per tutto quello che vi ho fatto passare. Siete... sì, siete uomini straordinari. Vi ringrazio. Davvero.» Si rivolse a Rool. «Vorrei potervi aiutare a tornare indietro, capitano.»
Rool avanzò verso di lui e gli diede una pacca sulla spalla. «Non ti preoccupare. Siamo gente di mare, no? Pensa solo a portare a casa la pelle, ora.»
Poi fu la volta di Dodi. «Buon viaggio, mago. Ci rivedremo presto» disse con un sorriso fiducioso.
Qualcuno lo salutò con dispiacere e qualcuno con malcelata soddisfazione: finalmente quel portatore di disgrazie si levava dai piedi. Persino Benares gli strinse la mano con un sorriso gelido.
Aires si avvicinò per ultima e lo abbracciò a lungo. Poi lo staccò da sé e lo guardò negli occhi. «Non partire» disse sottovoce «unisciti a noi.»
Sennar le rivolse un mezzo sorriso. «Sono un bravo ragazzo, Aires, lo sai. La vita di mare non fa per me.»
Il rumore delle onde che si infrangevano sulla chiglia lo fece rabbrividire. Guardò in basso. La scialuppa oscillava su un mare in ebollizione. «Potete calare» disse con un filo di voce.
Rool, Aires, Dodi e tutti gli altri scomparvero dietro la murata e Sennar fu solo con l’oceano.
La barca venne catturata dalla corrente non appena toccò l’acqua. Era la fine di quel lungo viaggio. Sennar aveva le mani ghiacciate e il cuore gli batteva tanto forte che sembrava voler sfondare il petto. Qualche volta, in sogno, aveva provato la stessa sensazione: sentiva che stava per morire e non poteva fare nulla per salvarsi. Poi si svegliava, ritrovava la pace della sua stanza e capiva che non c’era nulla da temere. Ma ora non ci sarebbe stato alcun risveglio. Poteva solo restare lì, seduto sul fondo della scialuppa, ad attendere la propria fine. Era terrorizzato.
La barca correva inesorabile, veloce come il vento. Sennar dovette aggrapparsi ai bordi per non cadere. Poi alzò lo sguardo e lo vide: il gorgo.
Era inimmaginabile, maestoso, terribile. Si estendeva per leghe; le correnti che provocava sembravano lambire l’orizzonte e inghiottire anche quello. Era bello come solo le cose terribili possono essere: un cerchio perfetto circondato da un’infinita danza di onde. Il bianco della spuma si scuriva verso il centro del gorgo, fino a tingersi di un nero minaccioso nel punto esatto in cui le acque si tuffavano nell’abisso. Sui flutti il sole creava riverberi accecanti e il vortice era così precipitoso da sembrare immoto. Solo il frenetico girotondo dei detriti che trascinava con sé ne rivelava la potenza.