I suoi due ospiti erano adagiati nelle comode poltrone reclinabili della biblioteca, mentre Rajasinghe sedeva dietro il terminale principale della villa. Tutti e tre fissavano la quarta figura, che era immobile.
Troppo immobile. Un visitatore giunto dal passato, ignaro dei miracoli quotidiani dell'elettronica, dopo qualche secondo avrebbe forse deciso di avere di fronte una statua di cera superbamente minuziosa. Però un esame più ravvicinato avrebbe svelato due fatti sconcertanti. La "statua" era trasparente al punto che attraverso il suo corpo si potevano vedere i lampadari; e, a pochi centimetri dal tappeto, i suoi piedi diventavano sfuocati.
— Riconoscete quest'uomo? — chiese Rajasinghe.
— Non l'ho mai visto in vita mia — rispose subito Sarath. — Sarà meglio che sia un uomo importante, perché mi hai fatto scappare via da Maharamba. Stavamo per aprire la sala delle reliquie.
— Io ho dovuto abbandonare il mio trimarano all'inizio delle gare sul lago Saladino — disse Maxine Duval. La sua famosa voce di contralto conteneva quel tanto d'irritazione sufficiente a gelare una persona meno coriacea del professor Sarath. — E lo conosco, è ovvio. Vuole costruire un ponte da Taprobane all'Indostan?
Rajasinghe rise. — No. Sono due secoli che abbiamo una strada rialzata perfettamente funzionale. E mi spiace di avervi trascinati qui tutti e due… Anche se tu, Maxine, prometti da vent'anni di venire.
— Vero — sospirò lei. — Ma devo passare così tanto tempo nel mio studio che a volte dimentico che fuori esiste un mondo vero, occupato da circa cinquemila cari amici e cinquanta milioni di conoscenti intimi.
— In quale categoria faresti rientrare il dottor Morgan?
— L'ho incontrato… Oh, tre o quattro volte. Gli abbiamo fatto un'intervista al termine della costruzione del Ponte. È un tipo straordinario.
Detto da Maxine Duval, pensò Rajasinghe, quello era un complimento eccezionale. Per oltre trent'anni lei era stata forse la professionista più rispettata nel suo difficile campo, e si era meritata tutti gli onori che potevano offrirle. Il primo Pulitzer, il trofeo Global Times, il premio David Frost erano appena la punta dell'iceberg. E solo di recente era tornata al professionismo attivo, dopo due anni trascorsi alla Columbia University come insegnante di nuove tecnologie applicate al giornalismo.
Tutto questo l'aveva un po' addolcita, senza compromettere il suo entusiasmo. Non era più la sciovinista, a volte crudele, che una volta aveva detto: — Visto che le donne sono così brave a fare figli, probabilmente la natura avrà dato agli uomini qualche talento per compensare il dislivello. Ma per ora non me ne viene in mente nessuno. — Ad ogni modo, di recente aveva messo nell'imbarazzo un povero moderatore affermando: — Sono una giornalista "donna", maledizione, non uno scribacchino.
Sulla sua femminilità non erano mai esistiti dubbi. Si era sposata quattro volte, e andava famosa per le scelte dei REM. A prescindere dal sesso, i Remoti erano sempre giovani e atletici, in modo da potersi muovere con la massima agilità nonostante l'ingombro delle apparecchiature, che potevano pesare fino a venti chili. Quelli di Maxine Duval, immancabilmente, erano molto maschi e molto belli. Nell'ambiente si diceva, scherzando, che tutti i suoi Remoti erano anche montoni. La battuta era assolutamente priva di rancore, perché anche i più accesi rivali amavano Maxine quasi quanto l'invidiavano.
— Mi spiace per le tue gare — disse Rajasinghe — ma vedo che "Marlin III" ha vinto con estrema facilità anche senza di te. Penso ammetterai che questa faccenda è molto più importante… Ma diamo la parola a Morgan.
Schiacciò il bottone di "pausa" del proiettore, e la statua immobile riacquistò immediatamente vita.
— Mi chiamo Morgan. Sono ingegnere capo della Divisione Terra della Terran Construction. I mio ultimo progetto è stato il ponte di Gibilterra. Adesso voglio parlarvi di qualcosa d'infinitamente più ambizioso.
Rajasinghe lanciò un'occhiata nella stanza. Morgan li aveva affascinati, come si aspettava.
Si appoggiò all'indietro sulla poltrona e attese di sentir esporre quel progetto ormai familiare, per quanto incredibile. Strano, si disse, come si faccia in fretta ad accettare le regole della proiezione, ignorando gli errori anche grossolani dei comandi Inclinazione e Livello. Persino il fatto che Morgan "si muovesse" pur restando nello stesso punto, e la prospettiva completamente falsa del paesaggio esteriore, non riuscivano a distruggere il senso di realtà.