Quindi, come ogni genio autodidatta, Stellaplano possedeva lacune colossali nel suo bagaglio culturale. Partendo dall'idea che il troppo è meglio del poco, non appena venne stabilito il contatto a Stellaplano venne trasmesso l'"Oxford English Dictionary", il "Grande Dizionario Cinese" (edizione Romandarin), e l'"Encyclopaedia Terrae". La loro trasmissione digitale richiede poco più di cinquanta minuti, e il fatto notevole fu che, immediatamente dopo, Stellaplano se ne stette zitto per quasi quattro ore, il suo periodo di silenzio più lungo. Quando ristabilì il contatto il suo vocabolario era enormemente cresciuto, e per circa il 99 per cento del tempo la nave avrebbe potuto superare senza difficoltà il test di Turing; il che significa che dai messaggi inviati da Stellaplano era impossibile capire che si trattava di una macchina e non di un essere umano estremamente intelligente.
Di tanto in tanto si riscontrava qualche indizio rivelatore, ad esempio l'uso errato di parole ambigue e l'assenza di contenuti emotivi nel dialogo. Il che era più che logico; i computer terrestri più complessi potevano, se necessario, riprodurre le emozioni dei loro costruttori; ma i sentimenti e i desideri di Stellaplano erano presumibilmente quelli di una razza del tutto aliena, e quindi ampiamente incomprensibili all'uomo.
E, ovviamente, viceversa. Stellaplano riusciva a capire con precisione e completezza assoluta cosa significasse: "La somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull'ipotenusa". Ma non riusciva ad avere la più pallida idea di cosa passasse per la mente di Keats quando aveva scritto:
"Incantate e magiche finestre, aperte sulla schiuma
di mari perigliosi, in terre fatate e abbandonate…".
E ancora meno:
"Debbo paragonarti a un giorno d'estate?
Tu sei più dolce e più mite…"
A ogni modo, nella speranza di correggere quell'imperfezione, a Stellaplano vennero trasmesse anche migliaia di ore di musica, letteratura e scene di vita terrestre, umana e no. Tutti furono d'accordo che in quel campo bisognava esercitare una certa censura. Nonostante fosse assai difficile negare la propensione dell'uomo per la violenza e la guerra (L'"Encyclopaedia" era già stata trasmessa), Stellaplano ne ricevette solo pochi esempi accuratamente selezionati. E, finché Stellaplano rimase all'interno del nostro sistema, il tono generale delle trasmissioni video fu insolitamente tranquillo.
Per secoli, forse fino al momento in cui la nave aliena avesse raggiunto l'obiettivo successivo, i filosofi avrebbero discusso "a quale profondità" Stellaplano aveva compreso le faccende e i problemi umani. Ma su un punto nessuno avanzò obiezioni serie. I cento giorni del suo passaggio nel sistema solare avevano definitivamente mutato i punti di vista dell'umanità circa l'universo, le sue origini, e il posto in esso occupato dalla nostra razza. La civiltà umana non poteva più essere la stessa, dopo la comparsa di Stellaplano.
15
Bodhidharma
Quando la porta massiccia, scolpita da complesse rappresentazioni del loto, si chiuse dolcemente alle sue spalle, a Morgan parve di essere entrato in un altro mondo. Non era la prima volta che si trovava su un terreno un tempo consacrato a una grande religione; aveva visto Nôtre Dame, Santa Sofia, Stonehenge, il Partenone, Karnak, la cattedrale di San Paolo, e almeno un'altra dozzina di importanti templi e cattedrali. Ma li aveva considerati tutti come reliquie mummificate del passato, splendidi esempi di arte e ingegneria, però privi di significato per il mondo contemporaneo. Le fedi che li aveva creati e fatti esistere erano scomparse nell'oblio, anche se qualcuna era sopravvissuta fino al ventiduesimo secolo.
Ma lì sembrava che il tempo si fosse fermato. Gli uragani della storia avevano solo sfiorato quella sperduta cittadella della fede, lasciandola intatta. Come facevano da tremila anni, i monaci pregavano ancora, e meditavano, e osservavano l'alba.
Mentre camminava sul selciato logoro del cortile, consumato dai piedi di innumerevoli pellegrini, Morgan provò un'indecisione improvvisa e assolutamente insolita. Nel nome del progresso stava tentando di distruggere qualcosa d'antico e di nobile, qualcosa che non avrebbe mai capito in pieno.
L'apparizione della grande campana di bronzo, chiusa in un campanile che partiva dalla parete del monastero, lo bloccò. La sua mente d'ingegnere ne aveva immediatamente stimato il peso a non meno di cinque tonnellate, ed era evidente che era molto antica. Come diavolo…?
Il monaco notò la sua curiosità e gli rivolse un sorriso comprensivo.
— Ha duemila anni — disse. — È un dono di Kalidas il Maledetto, che ci è sembrato opportuno non rifiutare. Secondo la leggenda sono occorsi dieci anni per farla salire lungo la montagna… e le vite di cento uomini.
— Quando viene usata? — chiese Morgan, dopo aver digerito l'informazione.