Читаем Le sabbie di Marte полностью

Ecco che il momento della collisione era giunto: vent’anni si erano dileguati come un sogno, e lui si ritrovava all’improvviso a faccia a faccia con i fantasmi, che credeva dimenticati, del proprio passato.

«Martin ha qualcosa» disse Bradley, firmando con un gran ghirigoro il registro delle segnalazioni. «Non può essere colpa di qualche notizia che ha ricevuto dalla Terra perché le ho lette tutte. Credi che soffra di nostalgia?»

«Ha lasciato il vecchio pianeta forse un po’ troppo avanti in età, se questa può essere una spiegazione» disse Norden. «Comunque arriveremo su Marte tra una quindicina di giorni.»

Un’occhiata di Bradley lo avvertì in tempo a non proseguire. Martin Gibson era entrato in quel momento, con un blocco per appunti in mano e l’aria di un cronista novellino al suo primo servizio.

«Allora, Owem, che cosa volevi farmi vedere?» domandò ansioso.

Bradley si avvicinò al quadro principale delle comunicazioni.

«Veramente non è una cosa straordinaria» disse, «però significa che abbiamo superato un’altra pietra miliare, e a pensarci mi fa sempre un certo effetto. Ascolta un po’.»

Girò la manopola del volume. La stanza fu inondata di fischi e di sibili, pareva il rumore di mille padelle sfrigolanti al momento di entrare in ebollizione. Era un rumore che Gibson aveva inteso infinite volte in quella cabina, e malgrado la sua invariabile monotonia era qualcosa che lo riempiva sempre di stupore e di meraviglia. Sapeva benissimo di stare ascoltando le voci delle stelle e delle nebulose, radiazioni che avevano iniziato il loro viaggio nell’infinito prima della nascita dell’Uomo. E nascosti nelle profondità di quel caos di scoppiettii e di sussurri potevano esserci, dovevano esserci, i suoni di civiltà lontanissime e ignote che parlavano tra loro attraverso gli oceani spaziali. Ma purtroppo le loro voci si perdevano senza possibilità di richiamo nel tumultuante sobbollimento d’interferenze cosmiche che la natura stessa aveva creato. Ma non era certo per ascoltare quei suoni che Bradley l’aveva fatto andare là. Con estrema delicatezza, la fronte aggrottata per la concentrazione, lo specialista eseguì alcune rilevazioni di frequenza col nonio.

«L’avevo captato un minuto fa… speriamo che non sia scomparso… ah, eccolo!»

A tutta prima Gibson non riuscì a distinguere alcun mutamento in quel bailamme di rumori. Poi notò che Bradley stava silenziosamente battendo il tempo con la mano, e piuttosto in fretta, al ritmo di due colpi al secondo.

Grazie a questa indicazione, Gibson sentì infine il fischio ondulato, infinitamente debole, che si faceva strada a fatica in mezzo alla tempesta cosmica.

«Che cos’è?» chiese, benché avesse già indovinato a metà.

«Il radiofaro di Deimos. Ce n’è uno anche su Phobos, ma non è così potente e non siamo in grado di captarlo. Quando saremo più vicini a Marte, riusciremo a fissarci nel raggio di poche centinaia di chilometri servendoci dell’uno e dell’altro. Per il momento siamo dieci volte più lontani dalla portata massima, però è sempre interessante sentire questi segnali.»

Sì, certo, era sempre interessante, pensò Gibson. Naturalmente quei radiosegnali non erano indispensabili quando era possibile vedere costantemente la propria destinazione, ma semplificavano in parte i problemi della navigazione spaziale.

«Credo che basti» disse Bradley, girando la manopola e restituendo alla stanza un gradevole silenzio. «Comunque dovrebbe darti qualche buono spunto per i tuoi scarabocchi… Ho l’impressione che da un po’ di tempo ti stia annoiando, no?»

Mentre parlava tenne gli occhi fissi su Gibson, ma questi si guardò bene dal rispondere. Si limitò ad annotare poche parole nel suo taccuino, ringraziò Bradley con fare distratto e gentilezza insolita e lasciò la cabina.

«Hai proprio ragione» disse Norden quando Gibson se ne fu andato. «Dev’essergli successo qualcosa. Voglio parlarne col dottore.»

Gibson era in quello stato da circa una settimana. La prima emozione nello scoprire che Jimmy Spencer era il figlio di Kathleen Morgan si era un poco affievolita, ma adesso cominciavano a farsi sentire gli effetti secondari di questa emozione, tra cui un senso quasi di rabbia al pensiero che una simile esperienza fosse toccata proprio a lui. Era una grave violazione alle leggi della probabilità… un caso che non si sarebbe mai verificato in un suo romanzo. Ma la vita è così poco artistica, e alla sua mancanza di stile non c’è assolutamente alcun rimedio da opporre.

Non gli serviva fingere con se stesso, dirsi che in realtà non era cambiato niente, pensare lo sapevo che Kathleen e Gerald avevano avuto un figlio. Cosa me n’importa ormai? Invece gliene importava, eccome. Ogni volta che vedeva Jimmy gli tornava alla mente il passato e peggio ancora il futuro che avrebbe potuto essere e che non era stato. Comunque, il problema più urgente per lui adesso stava nell’affrontare i fatti con decisione, dominando con energia quella nuova situazione.

Перейти на страницу:

Похожие книги

Звёздный взвод. Книги 1-17
Звёздный взвод. Книги 1-17

Они должны были погибнуть — каждый в своем времени, каждый — в свой срок. Задира-дуэлянт — от шпаги обидчика... Новгородский дружинник — на поле бранном... Жестокий крестоносец — в войне за Гроб Господень... Гордец-самурай — в неравном последнем бою... Они должны были погибнуть — но в последний, предсмертный миг были спасены посланцами из далекого будущего. Спасены, чтобы стать лучшими из наемников в мире лазерных пушек, бластеров и звездолетов, в мире, где воинам, которым нечего терять, платят очень дорого. Операция ''Воскрешение'' началась!Содержание:1. Лучшие из мертвых 2. Яд для живых 3. Сектор мутантов 4. Стальная кожа 5. Глоток свободы 6. Конец империи 7. Воины Света 8. Наемники 9. Хищники будущего 10. Слепой охотник 11. Ковчег надежды 12. Атака тьмы 13. Переворот 14. Вторжение 15. Метрополия 16. Разведка боем 17. Последняя схватка

Николай Андреев

Фантастика / Космическая фантастика / Боевая фантастика