Entro qualche giorno i motori dell’
Ogni pasto era condito da discussioni sullo stesso argomento: quello che si poteva fare non appena giunti su Marte. Gibson, il signore in vacanza, se ne sarebbe potuto andare subito, ma i lavoratori, come gli facevano rilevare gli altri, si sarebbero dovuti fermare su Deimos diversi giorni per la revisione della nave e per badare che il carico venisse sbarcato senza incidenti.
I progetti di Gibson si potevano riassumere in una sola frase: vedere il più possibile. Era forse un po’ ottimistico sperare di conoscere un intero pianeta nello spazio di due soli mesi, malgrado le reiterate affermazioni di Bradley che due giorni dedicati a Marte fossero anche troppi.
Il trambusto e l’emozione di quegli ultimi giorni di viaggio avevano distratto Gibson dai suoi problemi personali, almeno sino a un certo punto. Aveva rivisto Jimmy circa una decina di volte ai pasti e durante alcuni incontri occasionali, ma nessuno dei due aveva ripreso il delicato argomento di quella sera. Per un certo tempo Gibson aveva avuto il sospetto che il ragazzo lo evitasse di proposito, ma si rese quasi subito conto che non era affatto così. Come il resto dell’equipaggio, anche Jimmy era indaffaratissimo per i preparativi che preludevano alla fine del viaggio. Norden era ben deciso ad atterrare con la nave in perfetta efficienza, e per ottenere questo scopo bisognava fare una quantità enorme di controlli e di revisioni continue. Tuttavia, nonostante le multiformi attività che gravavano su di lui, Jimmy aveva riflettuto, e molto, a quanto gli aveva detto Gibson. In un primo momento aveva provato un senso di amarezza e di risentimento per l’uomo che era stato responsabile, anche se non intenzionalmente, dell’infelicità di sua madre. Ma poi aveva cominciato a immedesimarsi anche nel punto di vista di Gibson, e aveva finito col capirlo almeno in parte.
Faceva un effetto curioso riprendere peso a poco a poco e risentire di nuovo il rombo lontano dei motori. Le manovre per le ultime delicate correzioni di rotta occuparono oltre ventiquattr’ore. Quando tutto fu sistemato, Marte era diventato grande dodici volte la Luna, mentre Phobos e Deimos apparivano visibili come minuscole stelle i cui movimenti erano facilmente individuabili dopo pochi minuti di osservazione.
Gibson non si era mai reso pienamente conto sino a che punto fossero rossi i grandi deserti. Ma il semplice aggettivo
Nell’emisfero meridionale era primavera inoltrata, e la calotta polare era ridotta a pochi luccicanti puntini candidi là dove la neve indugiava ancora, cioè sulle alture più elevate. La vasta fascia di vegetazione tra il polo e il deserto era per la maggior parte di un verde bluastro, sfuocato. Su quel disco variegato era possibile trovare le più impensabili sfumature di colore.
L’
Lentamente le rocce aguzze scivolarono di fianco a loro mentre l’
Poco dopo, a pochi chilometri sotto di sé, lungo una zona quasi livellata, Gibson vide i primi segni che rivelavano il passaggio dell’uomo su quel mondo desolato. Due file di pilastri verticali si alzavano dal suolo, e tra questi si intersecava tutta una fitta rete di cavi. Quasi impercettibilmente l’