A cinquanta metri dall’
Gli fece un effetto curioso vedere finalmente una faccia nuova. Il pilota del razzo entrò nel compartimento stagno per aiutarli a togliersi le tute che vennero poi deposte con cura sul suolo di Deimos per essere riutilizzate in un’altra occasione. Quindi li accompagnò nella minuscola cabina e li consigliò di sdraiarsi sui sedili imbottiti.
«Siccome siete vissuti per un paio di mesi in regime di non gravità» disse «cercherò di portarvi su il più piano possibile. Mi servirò soltanto della normale gravità terrestre, ma vi avverto che anche così sembrerà di pesare una tonnellata. Siete pronti?»
«Sì» rispose Gibson, cercando di non pensare all’esperienza precedente.
Si udì un rombo sommesso, lontano, e qualcosa lo premette in giù e lo tenne saldamente ancorato al suo sedile. Le rocce e le montagne di Deimos scomparvero rapidamente e Gibson ebbe appena il tempo di cogliere un’ultima visione fuggevole dell’
Era bastato uno scoppio d’energia della durata di un secondo per strapparli alla forza d’attrazione della piccola luna, e adesso galleggiavano intorno a Marte in caduta libera. Per vari minuti il pilota studiò gli strumenti mentre riceveva istruzioni via radio dal pianeta sottostante e azionava i giroscopi. Quindi inserì di nuovo il contatto dell’accensione e i razzi ripresero a tuonare per qualche secondo. La navicella era uscita dall’orbita di Deimos e adesso scendeva verso Marte. Tutta l’operazione era stata una replica esatta, in miniatura, di un vero e proprio viaggio interplanetario. Erano cambiati soltanto i tempi e le durate: avrebbero impiegato tre ore anziché tre mesi a raggiungere la loro meta, e invece di milioni di chilometri ne dovevano percorrere soltanto qualche migliaio.
«Dunque» disse il pilota chiudendo i comandi e girandosi sul sedile. «Com’è andato il viaggio?»
«Ottimamente, grazie» rispose Gibson. «Certo non abbiamo avuto molte distrazioni: tutto è andato liscio come l’olio.»
«Come ve la passate su Marte di questi tempi?» domandò Scott.
«Al solito. Molto lavoro e poco svago. La novità del giorno è la nuova cupola che stanno costruendo a Lowell. Trecento metri di diametro. Quasi quasi si riesce a immaginare di essere ancora sulla Terra. Stanno studiando per vedere se è possibile crearvi piogge e nubi artificiali.»
«Che cos’è tutto questo pasticcio di Phobos?» chiese Gibson, sempre in caccia di notizie. «Ci ha procurato un sacco di noie.»
«Niente di grave. Di preciso non sa niente nessuno, tranne che in questo momento lassù c’è un sacco di gente a costruire un laboratorio gigante. La mia impressione è che Phobos sia destinato a restare puramente una stazione di ricerche, e perciò non vogliono avere un continuo movimento di va e vieni che disturberebbe i loro strumenti a causa delle radiazioni connesse al traffico di astronavi e razzi.»
Marte si trovava ormai a meno di duemila chilometri di distanza, e Gibson dedicò tutta la sua attenzione al panorama sottostante che andava allargandosi sotto i suoi occhi. Ora stavano passando rapidamente sopra l’equatore, e si abbassavano entro gli strati esterni dell’atmosfera del pianeta. A un tratto, e non fu possibile cogliere il momento esatto, Marte cessò di essere un corpo celeste fluttuante nello spazio e diventò un mondo, anche se ancora lontano, con un suo paesaggio nettamente distinguibile. Sotto di loro fuggivano deserti e oasi: la Sirte Maggiore comparve e disparve prima che Gibson avesse il tempo di riconoscerla. A cinquanta chilometri d’altezza ebbero la prima avvisaglia che l’atmosfera intorno a loro si stava infittendo. Un sospiro lontano, debolissimo, che non aveva un preciso punto d’origine, riempì la cabina. L’aria rarefatta si aggrappava con esili dita al missile che filava a velocità incredibile, ma la sua forza stava aumentando rapidamente, e in caso di navigazione difettosa sarebbero stati guai. Gibson avvertì gli effetti della decelerazione a mano a mano che la navicella riduceva la propria velocità, e il sibilo dell’aria era divenuto ora così impetuoso, che lo si udiva anche attraverso le paratie insonorizzate, e nella cabina non sarebbe stato facile sentirsi parlando in tono normale.