Non fu possibile avvertire con esattezza l’attimo del contatto: solo l’improvviso silenzio quando i propulsori ausiliari vennero spenti segnalò a Gibson che il viaggio era terminato e che l’
Lasciò il ponte d’osservazione e si affrettò verso la cabina di comando, che in quelle ultime ore di lavoro intenso aveva evitato di proposito. Non era più tanto facile muoversi nell’interno dell’
«Sei arrivato giusto in tempo, Martin» gli gridò Norden in tono d’allegria. «Ci stiamo preparando a un piccolo festeggiamento. Vai a prendere la tua macchina fotografica e divertiti pure a far fotografie mentre noi berremo un goccio alla salute della nostra vecchia caravella!»
«Ehi, mi raccomando, non vi scolate tutto mentre non ci sono io!» ammonì Gibson e filò via in cerca della sua Leica. Quando rientrò il dottor Scott stava tentando un esperimento interessante.
«Sono stufo di sorbire la mia birra da un recipiente a forma di bulbo» spiegò. «Voglio cercare di versarla come si conviene in un bicchiere vero, adesso che ne abbiamo di nuovo la possibilità.»
«Si appiattirà prima di arrivare al fondo» lo avvertì Mackay. «Un momento, lasciami pensare. G equivale a circa mezzo centimetro secondo per secondo… Tu versi da un’altezza di…» Si concentrò in un silenzio denso di meditazione.
Ma l’esperimento era già in atto. Scott stava reggendo la latta di birra forata a un’altezza di circa trenta centimetri dal bicchiere, e per la prima volta in tre mesi la parola
Gibson si diresse al suo posto preferito, sul ponte di osservazione.
Marte era di fronte a lui. Certo laggiù fervevano i preparativi per riceverli, e i minuscoli razzi dovevano essere già partiti. In quel momento stavano probabilmente arrancando invisibili verso Deimos per poi
«Signor Gibson!»
Si girò di scatto, quasi con un sussulto.
«Oh, Jimmy! Ne hai avuto abbastanza anche tu?»
Il ragazzo era rosso in faccia e appariva accaldato: evidentemente era venuto anche lui in cerca di una boccata d’aria fresca. Un po’ malfermo sulle gambe, si sedette a fatica nella sua solita nicchia e per un attimo fissò Marte in silenzio, come se lo vedesse per la prima volta. Infine scosse la testa con aria di disapprovazione, e senza rivolgersi ad alcuno in particolare sentenziò: «È troppo grande!»
«Ma se è molto più piccolo della Terra!» protestò Gibson.
«Può darsi, ma è troppo grande. Tutto è troppo grande.»
La conversazione minacciava di girare in tondo senza alcun costrutto. Gibson prese una decisione: cambiare argomento.
«Che cosa hai intenzione di fare quando sarai su Marte? Dovrai trovare il modo d’impiegare un paio di mesi prima che l’
«Mah! Forse farò delle escursioni intorno a Porto Lowell e andrò ad ammirare un po’ i deserti. Mi piacerebbe fare qualche piccola esplorazione.»
Gibson trovò che il progetto era molto interessante, ma sapeva che esplorare Marte con una certa ampiezza di raggio non era un’impresa facile. E non era molto probabile che Jimmy potesse unirsi alle spedizioni scientifiche che di tanto in tanto si allontanavano dalle località abitate.